The Iron Throne Il Forum per gli appassionati della mitica saga, "Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco", di George R. R. Martin

PdV Terza Partita

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    AXL BARATHEON
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    Dio della Guerra
    Lord Primo Cavaliere del Re
    00 27/02/2010 00:48
    PROLOGO

    Il vento soffiava forte dalla Baia e le onde si scagliavano con violenza sulle banchine e gli ormeggi del porto.
    Da lontano nella notte erano visibili i fuochi che gli arcieri e i picchieri con fatica tenevano accesi dalle feritoie e i camminamenti del Titano.
    Il Signore del Mare sapeva bene che in questo momento gli occhi della gigantesca statua che da secoli vegliava su Braavos, due palle di fuoco rosso incandescente come quelle che spesso accendevano i Preti Rossi per pregare il loro R’hllor, erano rivolte nonostante la tempesta verso Occidente. Verso i Sette Regni.
    Sorseggiando vino bianco proveniente dalla città libera di Volantis il Signore del Mare si chiedeva se non fosse strano aver pensato ai Sette Regni un attimo prima che la missiva recante il simbolo di una delle più famose casate del Continente Occidentale gli fosse consegnata dal suo siniscalco.
    “Riponila sul mio scrittoio” ordinò al suo fedele servitore “e manda a chiamare…LUI”. Esitò un attimo prima di completare la frase. E non volle pronunciare il suo nome anche se alla corte del Palazzo del Mare era ben noto.
    “Sarà fatto immediatamente mio Principe” disse l’uomo allontanandosi e chiudendo dietro di sé la porta dell’ampio studio .
    La pioggia picchiava incessante sulle finestre e i muri del Palazzo del Mare mentre i lampi rischiaravano a giorno le cento isole di Braavos.
    Sembrava proprio un curioso volere del Dio dalle Mille Facce essere nominato Principe della Confederazione delle Nove Città Libere poche settimane prima dello scatenarsi dei problemi.
    Non c’erano solo i Sette Regni a preoccupare il Signore del Mare. Anzi, quelli erano forse gli ultimi dei suoi pensieri nonostante ancora non conoscesse il contenuto della lettera appena recapitatagli.
    Dal profondo Oriente provenivano strane voci.
    Voci di una forte scissione a Vaes Dotherak della tribù dotrhaki dopo il matrimonio di uno dei Khal con una fanciulla bellissima, dai capelli argentei, proveniente da Pentos. Il Khalashar più grande mai conosciuto nell’ultimo secolo dopo la disfatta contro gli Immacolati di Qohor si era spezzato a metà e Khal Drogo, la sua sposa, i suoi dotrhaki e pochi soldati, acerbi cavalieri e infidi mercenari si erano diretti a Qarth.
    Alcuni sostenevano che la donna dai capelli argentei e il suo astuto fratello portassero in dote al signore dei cavalli ben tre uova di drago istoriate antichissime. Con una sola di quelle il signore dotrhaki avrebbe potuto comprare mille navi e migliaia di mercenari per conquistare l’intero Continente Orientale.
    Ma il Signore del Mare non si preoccupava troppo. Conosceva il timore che i dotrhaki avevano del mare e delle navi. Molto probabilmente a Qarth gli Eterni avrebbero imbrogliato i malcapitati e rubato loro le tre preziosissime uova in cambio di vuote parole e pazzesche, futili visioni di promesse che mai si sarebbero avverate. E anche se invece che navi avessero acquistato solo truppe appiedate o a cavallo lunghissimo era il tragitto via terra da Qarth alle Città Libere e conduceva gioco forza a Vaes Dotherak, dove l’altro Khalashar di Khal Pono non sarebbe certo rimasto a guardare il suo rivale sfoggiare la propria potenza e la propria ricchezza senza almeno provare a strappargliela o quantomeno a distruggerla.
    Il Signore del Mare era convinto che molto presto la Desolazione Rossa intorno a Vaes sarebbe stata chiamata in quel modo non più per il rosso delle sue sabbie ma per il rosso del sangue che sarebbe sgorgato in un’inevitabile guerra dothraki.
    Nell’attesa del suo ospite si versò un’altra coppa di vino e si dedicò alla lettura de “La Storia di Braavos. Cento Isole per Cento Volumi”, in particolare soffermandosi sul secondo tomo, quello che narrava della ribellione e della fuga degli schiavi da Valyria fino all’arcipelago da cui sarebbe poi sorta la più temibile e potente città del mondo.
    Era passato poco più di una campana quando bussarono alla porta.
    Ad entrare fu un uomo anziano, minuto, dalla barba e dai capelli bianchi ma con lo sguardo e gli occhi più gentili di quelli di un fanciullo con la sua prima donna.
    “Mio Principe” disse porgendo un leggero inchino “in cosa posso esserti utile?”
    “Risparmiami il Principe” lo rimbeccò il Signore del Mare “Mai titolo fu tanto altisonante quanto le insidie che nasconde”.
    “E’ il titolo che ti spetta mio Principe” proseguì incurante l’Uomo Gentile “Da quando sei a capo della Confederazione delle Nove Città Libere. Un’alleanza mai avvenuta in millenni di storia del Continente Orientale. Dovresti andare fiero di essere stato scelto per un ruolo sì arduo, ma di certo molto prestigioso”.
    “Il prestigio è il pane degli stolti. So io perché sono stato scelto. Le Città Libere non sono mai state così divise come adesso. Myr e Lys si guardano in cagnesco anche quando si stringono in alleanze. E Volantis guarda ad entrambe aspettando di capire quale sia la più debole da azzannare, stando ovviamente sempre pronta a passare dall’altra parte della barricata nel caso la prima scelta si dimostrasse errata.
    Tyrosh e Qohor sono un ricettacolo di assassini e stupratori, mentre Norvos usa le su mercanzie come fossero spade. A Pentos è il consiglio dei Magistri a prendere le decisioni e i loro affari con i dotrhaki vengono prima di tutto. Infine Lorath vive solo per una cosa. Lorath!
    Era ovvio che questa farsa di Confederazione nominasse me come loro capo, ma sarebbero tutti pronti a pugnalarmi alle spalle alla prima occasione se non fosse per il potere che emana dal mio ruolo di Signore di Braavos”.
    “Un grande uomo per un grande fardello” concluse l’Uomo Gentile.
    “Ma non ti ho chiamato qui per questo” tagliò corto il Signore del Mare “Serviti da bere e siediti” disse indicando la sedia di fronte a sé.
    “Ti ringrazio mio Principe, ma i miei voti non mi consentono di bere”.
    “Non mi sembrava fossi astemio quando l’altro giorno ti ho visto in quella locanda giù al porto degli stracci, poche ore prima che portassi il dono del Dio dai Mille Volti a quel comandante-pirata di Ibben”.
    “Ahimè gli impegni del nostro ordine comportano anche duri sacrifici a volte” la voce del vecchietto era la più triste possibile.
    “Che novità mi porti?” chiese il Signore del Mare.
    “Conosco finalmente il nome della fanciulla vergine dai capelli argentei che Khal Drogo ha sposato, per la quale ha rinunciato a tre quarti del suo enorme khalashar.”
    “E quale sarebbe?”
    “Daenerys. Daenerys Targaryen. E suo fratello Viserys rivendica il Trono di Spade. Nell’accordo matrimoniale ha la parola del Khal. I suo Dotrhaki lo aiuteranno in quest’impresa difficile”.
    “Daenerys Targaryen? E…il Trono di Spade” il Signore del Mare era incredulo per quanto cercasse di mantenersi calmo “Quindi non era una fanciulla di Pentos come si diceva in giro?”
    “L’unica persona di Pentos al seguito del Khal, della sua sposa e di suo fratello è un Magistro, tanto ricco quanto grasso.”
    “Un Magistro? Illyrio Mopatis per caso?”
    “Esattamente mio Principe. Lo conosci?” chiese incuriosito l’Uomo Gentile.
    “Forse” .
    Il Signore del Mare ora era davvero preoccupato. Questa storia di dotrhaki e Targaryen a questo punto assumeva tutt’altro aspetto. E magistro Illyrio non era uomo da abbracciare cause che non fossero sicure e che non portassero innumerevoli guadagni.
    “E cosa vanno a fare a Qarth?” chiese di nuovo il Signore del Mare.
    “Chiedono aiuto militare ed economico presumo. Al seguito Daenerys e Viserys hanno anche due vecchi cavalieri in esilio dai Sette Regni e una compagnia Mercenaria. I Corvi della Tempesta, guidati da un eccentrico Tyroshi che giura eterna fedeltà alla causa Targaryen. Ma nessun mercenario ha un prezzo già pattuito. Quale che sia quello che ha stipulato è pronto a vendersi per il doppio dell’offerta. Ahimè le mie notizie si fermano però qui. Sono vecchie di più di un mese. Il mio informatore comunica comunque che Drogo, la sua sposa e il suo esercito non erano ancora giunti in città”.
    “Altre notizie?” il Signore del Mare provò a cambiare argomento ma la questione era spinosa e andava affrontata con calma e decisione.
    “Ce ne sono purtroppo. Tre compagnie mercenarie hanno lasciato il Continente Orientale. Destinazione? Ignota”
    “Tre compagnie?”
    “Mi rincresce dirlo. Ma una è figlia di Braavos.”
    “E da quando i figli di Braavos fanno i mercenari?”
    “Più che un Braavosiano l’uomo che li guida è di Lorath. Ma fin da piccolo è stato cresciuto e istruito alle arti del Dio dai Mille Volti, qui a Braavos. Con le sue capacità ha accumulato importanti bottini tanto da permettersi armi e truppe da gestire personalmente. Diceva di voler rompere definitivamente il legame con la città delle cento isole”.
    “E tu sei stato lì fermo a permetterlo? Ti conosco fin troppo bene”.
    “Certi legami sono impossibili da recidere mio Principe. E nonostante Jaqen pensi il contrario il suo con questa città è molto forte”.
    “Le altre due compagnie?” il Signore del Mare aveva capito cosa intendeva dire l’Uomo Gentile e nonostante la necessità di essere messo al corrente di queste notizie desiderava fortemente i suoi appartamenti per un meritato riposo.
    “I Bravi Camerati di Vargo Hoat. Pare che nei Sette Regni ci sia aria pesante e il nostro caprone è attratto da facili bottini.”
    “Non so chi mi fa più pietà. Se lui o i Sette Regni. La terza?”
    “I Pirati di Lys di Salladhor Saan hanno lasciato l’isola almeno una luna fa.”
    “Salla?!?!? Questo mi preoccupa” la stanchezza invase ogni muscolo e ogni nervo del Signore del Mare ma il letto nei suoi appartamenti sembrava un miraggio, anche se dubitava fosse riuscito a dormire quella notte.
    “Date troppo peso a dei pirati mio Principe” tentò di rassicurarlo l’Uomo Gentile.
    “Ti sbagli mio fedele amico. Va bene un Uomo senza Volto infiltrato, consapevole o meno, nelle beghe dei Sette Regni. Passi anche per quell’assassino di Hoat, anche se come ho detto dovrà stare attento più a chi lo ingaggia che alle sue vittime. Ma un uomo come Salladhor Saan…
    No, lui non combatte guerre solo per danaro e facili onori. No. Certo, non le disdegna, ha bisogno anche di quelle per sfamare sé stesso e i suoi uomini e accrescere la sua fama. Ma Salla combatte soprattutto per la libertà. E ciò è un’altra prova di quello che dicevo poco fa. Il Continente Orientale è sull’orlo di un tracollo”.
    “Insieme lo salveremo mio Principe”.
    “Concludi il tuo rapporto” il Signore del Mare non era facile allo sconforto ma quella sera c’era molto vicino.
    “Alla corte di Approdo del Re è sbarcata una Strega Rossa di R’hllor da Asshai delle Ombre, e con la sua bellezza e la sua aura di potere ha affascinato Re Robert Baratheon”.
    “Il Re del Cervo ha subito dato fuoco al Tempio di Baelor e ha abbracciato la fede del Signore della Luce?”
    “No, non ancora almeno. Ma ha indetto un torneo per le nuove Sette Spade Bianche”.
    Il Signore del Mare non represse una risata.
    “Ottima occasione per sbronzarsi e abbuffarsi”.
    “Non sottovalutare Re Robert, mio Principe. Sembra uno sciocco crapulone ma è circondato da uomini validi. I suoi fratelli per esempio. E ha anche emanato editti a favore della Barriera e per vendicare l’assassinio di Elia Martell e dei suoi figli”.
    “Tempismo perfetto. Ora capisco anche queste migrazioni di mercenari verso Ovest. Vedo che sei molto informato sui fatti di Approdo del Re, amico mio”.
    “Le mie fonti provengono proprio dalla Fortezza Rossa, mio Principe”.
    “E come mai questo improvviso interesse per le sorti dei Guardiani della Notte da parte del nostro munifico sovrano?”
    “Non lo so sinceramente. Forse solo per scrollarsi di dosso le pressioni di Lord Mormont. Pare che il Vecchio Orso sbraiti notte e giorno chiedendo uomini e mezzi ma si sta dando anche da fare per difendere la Barriera anche solo con le misere forze che ha”.
    “Difenderla da cosa?”.
    “Ho infiltrato alcuni uomini al Forte Orientale con l’ultima nave di schiavi partita l’anno scorso. Ci sono forte migrazioni di Bruti verso Sud. Si teme un loro attacco alla Barriera. Anche se dai rapporti che ricevo più che un attacco sembrerebbe…come dire…una fuga!”.
    “Una fuga?”
    “Sì, ma da cosa solo il Dio dalle Mille Facce lo sa. E’ dato solo sapere che i Bruti sono spaventati e disposti a tutto pur di trovare riparo a sud della Barriera”.
    “Da oggi più che Uomo Gentile dovrò chiamarti Gufo Triste” disse il Signore del Mare alzandosi dal suo scranno e dirigendosi verso la finestra che dava sul mare. In mano una lettera ancora sigillata.
    “Se questo compiace al mio Principe…”rispose contrito l’Uomo Gentile.
    Nello scrutare il mare ancora in tempesta e le luci del Titano il Signore del Mare vedeva in essi oscuri presagi. Continente Orientale, Occidentale, Terre oltre la Barriera, mare Stretto, Asshai…in ogni angolo del mondo conosciuto risuonava una sola minaccia. La Guerra! Una guerra terribile ed imminente che avrebbe sconvolto la quiete di due continenti e non solo. E la tempesta che infuriava su Braavos era nulla in confronto a quella in corso nel corpo e nella mente del Signore del Mare.
    E poi c’era quella lettera…
    Dopo averla guardata ancora per qualche attimo, girandosi lentamente il Signore del Mare la porse all’Uomo Gentile.
    “Tieni. E’ arrivata poche ore fa. Guarda il sigillo sulla ceralacca”.
    L’Uomo Gentile la prese e nel rendersi conto dello stemma sulla busta sgranò gli occhi.
    “Incredibile. Per essersi arrischiato a mandare una lettera ufficiale avrà avuto seri motivi. I corvi messaggeri possono sempre sbagliare rotta o finire infilzati da qualche cacciatore dalla buona mira. Ma magari è una semplice lettera di congratulazioni per il nuovo ruolo assunto dal mio Principe in seno alla Confederazione”.
    Il Signore del Mare non riuscì a trattenere un sorriso, per quanto amaro. Un breve refrigerio sulle ferite della giornata.
    “Sei troppo intelligente per credere davvero a quello che hai detto” disse.
    “Beh mio Principe, non c’è che un modo per sapere cosa si nasconde dietro questo sigillo”.
    “Già”.
    La mente del Signore del Mare era un susseguirsi di pensieri, timori e preoccupazioni di ogni genere.
    “Che cosa si nasconde dietro la tempesta?” pensava scrutando nuovamente il mare “E come dovrà comportarsi il Titano per fronteggiare queste oscure minacce? Gli basterà il coraggio dei suoi arcieri e balestrieri e la forza delle sue mille navi? O dovrà servirsi delle arti magiche dei Preti Rossi, della terribile audacia degli Uomini senza Volto, delle fitte informazioni di centinaia di reti di spie sparse in ogni angolo dei continenti?
    Sarebbe stato necessario anche tutto l’oro della Banca di Ferro?
    E se niente di tutto questo dovesse bastare?
    Ah Dio dalle Mille Facce…scommetto che già ti stai sfregando le mani sorridendo come una vergine al suo banchetto di nozze, pregustando il sangue che scorrerà nelle prossime settimane. Sangue di sovrani, sangue di principi, di nobili, di mercanti. Sangue di condottieri, di soldati, mercenari, schiavi….vecchi, donne…bambini…
    Che tu sia maledetto!
    “Aprila!” ordinò alla fine all’Uomo Gentile.
    Il rumore del sigillo che si rompeva per poco non gli spezzò il cuore.

    [Modificato da AXL BARATHEON 27/02/2010 01:15]


    Walder Frey, Lord delle Twins

    "Se un uomo non ha sogni da inseguire, o i suoi sogni non valgono nulla o non vale nulla lui"

    "O al problema c'è soluzione e allora è inutile preoccuparsi, o al problema non c'è soluzione e allora è inutile preoccuparsi"

    "Meglio tenere la bocca chiusa e sembrare stupidi, che aprirla e togliere ogni dubbio"
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    Albus Lupin
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    00 27/02/2010 13:22
    Il Cavaliere delle Cipolle

    La campana del Grande Tempio suonava lentamente dietro di loro mentre uscivano dal porto versa la Baia. Il fastidioso cicaleccio della folla iniziò lentamente a spegnersi mentre la nave si allontavanava a forza di remi dalla capitale verso la sua meta.
    "Capitano!" l'arco visivo di Davos Seaworth, fedele a casa Baratheon e quasi universalmente noto con il nome di Cavaliere delle Cipolle, venne rapidamente occupato da un solerte e quantomeno fastidioso giovane che gli era stato affibbiato con l'ultimo equipaggio.
    "Quale meravigliosa storia hai da raccontarmi oggi, Vanni?"
    Il giovane arrossì rapidamente "Signore.."
    "Si questo l'ho capito. Si, sono al comando qui. Ma hai altro da dire?"
    Il giovane scosse la testa sconfortato, cercava di parlare ma evidentemente qualcosa non andava. "Ser, io.."
    "Preferisco Capitano o semplicemente Davos, mi pareva di avertelo detto"
    Vanni vomitò la colazione sul pontile e sugli stivali di pelle di Davos. Il Cavaliere delle Cipolle socchiuse gli occhi mentre il giovane era ancora scosso dai conati.
    "Era questo quello che volevi dirmi?"
    Vanni, il suo colorito terreo e il resto della sua colazione in fase di rapida espulsione corsero rapidamente sottocoperta.
    La mente di Davos andò rapidamente a quella stessa mattina e alle voci riguardanti una partita di cibo avariato che era finita, non si sa come ovviamente, in buona parte delle caserme della capitale.
    Un altro marinaio fuggi a vomitare fuori bordo davanti ai suoi occhi e nel giro di un'ora circa metà del suo equipaggio era fuori combattimento ad espellere una tonante e fangosa quantità di cibo guasto.

    La sera portò con sè un po' di sollievo ma mentre Davos si preparava all'ennesima notte di veglia in mare della sua vita, capitò qualcosa che proprio non avrebbe immaginato. Chiari movimenti e disturbi intestinali si fecero prepotentemente largo all'interno del suo essere. Tristemente e con il contegno che lo contraddistinguevano, il Cavaliere delle Cipolle mosse rapidamente sottocoperta demandando le responsabilità della navigazione ai suoi subordinati (cosa che non accadeva da anni probabilmente) e andò ad espellere la malvagità di quelle vettovaglie andate a male che nemmeno il duro stomaco di un vecchio contrabbandiere era riuscito a sconfiggere.

    Come spesso accadeva la sua mano corse verso il sacchetto che portava al collo. "E se questo è l'inizio, quella che vivremo sarà DAVVERO una grande avventura!"
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    Nella Settima Partita:


    Lord Alester Florent, Lord di Brightwater Keep.
    Florent
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    Nella sesta partita: Bryen Caron, decaduto lord di Nightsong, che perse una gamba per l'ospitalità di casa Greyjoy

    Nella quinta partita: Orell l'Aquila-sulla-Barriera. Maestro delle Spie di Re Rhaegar I Targaryen, Lord di Bosco del Re

    Nella quarta partita: Lord Vargo della casa Hoat, Lord Protettore del Sud dal suo incredibile seggio di High Garden. Distruttore di Estranei, Difensore della Barriera e Creatore della Strada delle Mani.
    Fedele e leale suddito di Re Stannis Baratheon I.

    Nella terza partita: Lord Davos Seaworth, Alfiere del Trono di Spade, Signore di Arbor.
    Spia e Boia di Re Hoster Tully I.
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    Ser Arthur Dayne
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    Campione del Regno
    00 27/02/2010 14:05
    GARLAN

    Il riflesso del sole sul fiume Mander sembrava illuminare tutto il prato intorno. Il cielo era di un azzurro intenso e la sensazione di pace era rotta soltanto dalle risate dei quattro fratelli Tyrell.
    “Appena finita la canzone Olenna ha commentato a voce alta: ‘Uno qualunque dei cani di mio figlio sa ululare meglio di questo sciagurato’, scatenando le risate di tutta la sala e lasciando il cantastorie porpora come un Lannister!”
    Il racconto di Margaery li fece ridere di nuovo, spensierati.
    Loras, fingendosi dispiaciuto, disse: “Garlan se non mi avessi costretto ad allenarmi alla spada nel cortile non ci saremmo persi la scena”.
    “Se tu fossi bravo con la spada metà di quanto sei abile ad usare la lingua non avresti avuto bisogno dell’allenamento…” lo punzecchiò Garlan.
    “State buoni!” si inserì Willas. Stavano camminando lentamente lungo il fiume e si stavano dirigendo verso una piccola collinetta. “Guardate” continuò Willas “Roy e Alenna hano finito di preparare la tavola, andiamo!”
    Quel giorno erano riusciti a convincere il lord loro padre a lasciarli pranzare da soli lungo il fiume, a qualche ora di cavallo da Alto Giardino. Lo avevano convinto, a fatica, a non imporre loro una scorta, così da poter essere completamente liberi, senza doversi sentire quasi prigionieri degli armati di suo padre.
    E in effetti così era stato…avevano trascorso la mattinata passeggiando e parlando allegramente, dimenticandosi per una volta tutte le formalità e le cortesie. Gli unici loro accompagnatori erano Roy e Alenna, che avevano portato il pranzo dalle cucine di Alto Giardino.

    Si sedettero alla tavola preparata dai due servitori con ancora il sorriso sui loro volti.
    Garlan non poté fare a meno di pensare che se esisteva qualcosa come la perfetta felicità quella giornata la rappresentava benissimo.
    Quando servirono la portata Ser Garlan li invitò a sedersi e mangiare con loro.
    Per quanto indietro andasse con i ricordi Roy e Alenna erano sempre stati con loro ad Alto Giardino. Si occupavano di loro fin da quando erano bambini.
    “Mio signore, grazie per l’offerta ma noi mangeremo una volta tornati ad Alto Giardino” provò a rifiutare Roy.
    “ ‘Mio signore’! Roy, sai che puoi chiamarmi semplicemente Ser Garlan”
    “Suvvia! Niente storie, sedetevi con noi” insistè Willas.
    Alla fine cedettero e si sedettero a mangiare insieme con loro.
    Loras e Willas sembrava facessero a gara a chi prendeva prima il pane, mentre Margaery, anche in quel giorno, sembrava non aver perso l’abitudine di comportarsi come una lady che si rispetti.
    La giornata era davvero splendida. L’estate durava da anni ormai. Ma c’erano giornate in cui il caldo non era così opprimente e dal mare una brezza fresca risaliva il fiume, lasciando l’aria luminosa e limpida.
    Sembra quasi primavera. E Garlan amava la primavera, ancora di più dell’estate. Amava quella sensazione di leggerezza e di buon umore diffuso, che sembrava poter cancellare ogni preoccupazione.
    “Il nostro Garlan ha ancora la testa fra le nuvole…” la voce di Loras lo riportò sulla collina vicino al fiume “Starà pensando a Lady Leonette”.
    “Almeno io sto pensando ad una donna. Tu pensi solamente alle nuove armature che potresti chiedere al fabbro!” rispose scherzoso Garlan.
    “E comunque non stavo pensando a lei. Ragionavo sul bel tempo” aggiunse.
    La risata fu generale. Perfino Garlan non riuscì a trattenersi. Era la verità, ma come eventuale scusa suonava abbastanza ridicola.
    Un falco passò gridando sopra le loro teste distogliendo l’attenzione dei presenti dall’argomento. Willas, Margaery e Loras si rituffarono in una discussione con Roy e Alanne, lasciando Garlan libero di tornare ai propri pensieri.
    Lady Leonette Fossoway. Il suo sorriso mi ha davvero stregato.
    Garlan aveva visto per la prima volta Lady Leonette soltanto qualche giorno addietro.
    Lei stava passeggiando in uno dei parchi del castello tenendo per mano Olene, una giovane cugina di ser Garlan.
    Quando si erano incontrati, Garlan, come spesso aveva fatto, prese in braccio la cugina facendola volteggiare in alto e scatenandone i ridolini di gioia.
    Non appena la posò a terra incrociò lo sguardo con lady Leonette, che aveva osservato tutta la scena con un grande sorriso sul volto. Garlan fece un cenno di saluto con il capo e proseguì verso la Prima Fortezza per incontrare il lord suo padre, ma il ricordo del sorriso e dello sguardo di lady Leonette non lo lasciarono. Per tutto il giorno continuò a pensare a lei e a come doveva essere sembrato stupido ad andarsene via così senza dire niente.
    Quella sera la rivide nella sala grande durante il banchetto in onore dei Fossoway, ospiti in quel momento ad Alto Giardino, ma non ebbe occasione di poterle parlare.
    Da quella sera non era ancora riuscito a rivederla ma si era ripromesso di fare il possibile per riuscire a trascorrere un po’ di tempo con lei per conoscerla meglio.
    Mio fratello Willas mi prenderebbe in giro senza sosta se sentisse i miei pensieri. Sembro un giovane alle prese con il suo primo amore. Ma era proprio quello l’effetto che lady Leonette faceva su di lui.
    Se anche lei ricambiasse i miei sentimenti potrei parlare con il lord mio padre e…
    Garlan cercò di frenare l’entusiasmo. Sapeva che il suo matrimonio sarebbe stato celebrato per motivi di convenienza e, il fatto che lui si fosse innamorato di una altra donna, non avrebbe fatto alcuna differenza per Mace Tyrell, se il suo obiettivo era ottenere l’appoggio e l’alleanza di una altra nobile casata.

    Mentre tornavano al castello notarono che dal mare risalivano lungo il fiume nubi nere, cariche di pioggia.
    Qualche vecchio del popolino avrebbe sicuramente detto che era un cattivo presagio mandato dagli dei. Ma Garlan non credeva molto nella superstizione, sapeva che era solo il tempo che stava cambiando e dopo una giornata come quella non avrebbe ceduto facilmente al malumore.

    Non appena superarono la cerchia principale un armigero Tyrell venne loro incontro: il lord loro padre li stava aspettando nel suo solarium.
    Lasciati i cavalli alle stalle andarono diretti da lui senza nemmeno andarsi a cambiare, a quanto sembrava lord Mace aveva urgenza di parlare con tutti i suoi figli: notizie da Approdo del Re e forse altro.
    Arrivati alla porta entrarono tutti, solo Garlan si fermò un istante dietro l’angolo. Non potè fare a meno di pensare se forse si era sbagliato riguardo quelle nuvole nere. Forse qualcosa stava davvero per incombere su di loro… ma c’era solo un modo per scoprirlo. Inspirò a fondo, varcò la soglia e raggiunse il resto della sua famiglia nel solarium di suo padre.


    Ser Arthur Dayne
    The Sword of the Morning


    «Tutti i cavalieri devono sanguinare.
    È il sangue il sigillo della nostra devozione.»
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    Giunk
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    00 01/03/2010 13:53
    Vargo Hoat pdv I "Una buona occasione in vista?!"


    “Più forte!!! non puoi pretendere che la freccia arrivi al bersaglio se non tendi l'arco!”
    “Lasciami stare so bene come si tende un arco”
    “Non è vero di sicuro non ne hai mai teso uno!”
    “e invece si! Mio padre me ne ha regalato uno proprio l'anno scorso, ma che vuoi saperne tu che sei solo il mio fabbro?” sbraitò con fare fanciullesco Martin Godstar, nipote di un piccolissimo proprietario terriero del sud.
    “Su, poche parole, tendi e tira non abbiamo tutto il giorno” rispose con veemenza Torren, fabbro e compagno d'infanzia del giovane Martin.
    Era circa un ora prima del tramonto e i due si erano allontanati parecchio per provare la loro abilità in una piccola foresta a sud del villaggio di Godstar.
    “AHHAHAAh come non detto!! hai mancato il bersaglio di una lega hahahah”
    L'aria ancora calda preannunciava un cambiamento durante la notte, l'estate andava verso la conclusione e sugli alberi si vedevano già i primi segnali nella colorazione rossa.
    “Ma chi è quel figlio un cane che ha lanciato questa freccia?”
    Le urla stopparono in gola le prese in giro per il bersaglio mancato.
    “E' mia, scusate sto cercando solo di migliorare”
    Dalla vegetazione spuntarono due loschi ceffi con baffi e barba lunga colorata alla maniera delle città libere e con un marcato accento dell'est.
    “E a me chi me lo ripaga il mantello? Ora è bucato! Forse mi prendo il tuo allora!”
    Uno dei due loschi Tyroshi con fare aggressivo avevano già la spada in mano, l'altro con il pugnale alla cintola si gustava la scena.
    “Non ti do proprio un bel niente, siamo vicini alla Rocca di mio zio circa mezza giornata a nord a piedi, lui saprà pagarti!”
    “Non ho tutto questo tempo, dammi il tuo mantello o me lo prendo e poi ti fotto!”
    Torren dallo sguardo vispo, e dal bicipide poderoso classico dei fabbri, aveva già raccolto un sasso e senza pensarci due volte e con una mira da far invidia lo scagliò in volto all'individuo, che preso alla sprovvista caracollò a terra.
    “Pisciasotto mi hai rotto il naso” ansimava l'uomo tenendosi il volto.
    L'altro Tyroshi continuava a sorridere della scena e non sembrava per nulla preoccupato della situazione.
    “Non ti permettere mai più di parlare così a me hai capito?” urlava il giovane lord con fare strafottente mentre estraeva la spada dal fodero si avvicinava all'uomo già a terra.
    Proprio quando lo torreggiava spada in mano, una grassa risata proveniente dalle sue spalle catturò la sua attenzione. Circa dieci uomini erano ora spuntati dalla vegetazione, al centro torreggiava quello che doveva essere il capo, un uomo disgustoso con con una catena di orecchi intagliati in decomposizione pendenti da una grossa collana. L'uomo si avvicinò impetuosamente: “Probabilmente non mi conosci mio lord, sono pfVargo Hoat, Mio Lordffff, nessuno senza un buon motivo e il mio consenso rompe il naso a questo guitto maiale. Adesso sarò io a ridere pff decidi mio Lord pfff la vita per un naso, è questo il pegno che pfffpagherai, uccidi tu stesso questo uri di fabbro e avrai salva la vita.”
    La cosa più sconcertante era che tutti gli uomini presenti erano già disposti a circolo intorno a loro e erano estremamente compiaciuti dalla giustizia impartita dal loro capo, sui loro volti si leggeva quella sadica voglia di divertimento macabro.
    “Allora pff mio lord ti decidi o no? Vuoi aver salva la vita pffpfpfp?? non hai che da guadagnartela con la morte!!” Vargo Hoat faceva uscire una quantità di saliva tale mentre parlava che rendeva impossibile essergli di fronte. Il giovane inorridito dalla scelta era come impietrito. Non aveva la minima intenzione di uccidere l'amico pur capendo che era l'unica soluzione allo stallo creato.
    Inoltre vedeva che da dietro gli alberi e dai cespugli una quantità sempre maggiore di uomini di varia provenienza, lingua e statura si avvicinavano a loro.
    “Lord Vargo!!!! lord Vargo!!!” il vociare intenso si spense così come l'interesse per la disputa all'arrivo di un messaggero evidentemente tanto attesa in corsa.
    Il giovane Lord rincuorato dalla mancanza d'interesse guardava l'amico con grande speranza.
    “Mi spiace ma ora non è più valido quello che avevo detto pfff un lord deve essere veloce a prendere una decisione, vorrà dire che il fabbro lo uccideremo noi” in più di dieci uomini si avventarono sul giovane accanendosi sul corpo in maniera vergognosa, sotto lo sguardo atterrito e piagnucolante del giovane Lord non appena l'ordine fu impartito.
    “Lasciamo andare questa feccia di capra di un Lord, Lord Vargo?” disse Chyswick braccio destro del capo mercenaio con uno strano lampo negli occhi e un ghigno in volto.
    “Vedi se vale qualcosa anche senza le mani, non se le merita, fpfpfp se no buttalo in un fosso dallo ai maiali o brucialo, poco mi interessa... Sembra che ci siano molte novità, magari anche buone opportunità per noi, infine abbiamo solo buona voglia di divertirci, siamo solo bravi camerati”




    Vargo Hoat

    "Il Caprone"





    ex Euron Greyjoy nella prima partita

    Massime:
    "A proposito di Politica, c'è qualcosa da mangiare oggi??"
    "Cuba a vita"
    "Se puede aver la cuenta por favor?"
    "Ano Mapasalay...!"
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    Lord Frederick
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    Lord Feudatario
    00 01/03/2010 15:30
    Ser Lyn Corbray

    “ Mio lord è giunta una lettera per lei”
    “Lasciala sul mio comodino Jon,grazie” rispose Lyn al suo attendente,intanto si avvicinò alla finestra e osservò alcuni cavalieri addestrarsi nell’arena sottostante. Il suo sguardo passò poi sulla città attorno al suo castello,Heart’s Home. Era il tramonto e gli ultimi bagliori di sole illuminavano il paesaggio, ancora molti abitanti si apprestavano a concludere i loro affari e finalmente a godersi una buona cena.A quel pensiero il suo stomaco fece qualche buffo rumore.
    Prima però doveva leggere quella dannata lettera, la prese, ne spezzò il sigillo recante il simbolo di casa Waynwood e lesse: “ Lord Corbray, ho subito un tentativo di assassinio. La notte scorsa qualcuno ha ucciso le mie guardie fuori dalla mia camera da letto e si è introdotto nella stanza spada in mano, per fortuna ero sveglia e con me vi era la mia guardia personale,alla vista della guardia l’assassino è fuggito, e non si sa come è riuscito a eludere ogni nostra ricerca. Inoltre credo fermamente che l’assassino in questione non sia nient’altro che un barbaro delle montagne,ma armato di ottimo acciaio. La prego ora che Lord Jon Arryn è in viaggio per approdo del re di intervenire e arrestare il criminale. Con affetto Lady Anya Waynwood”
    Ser Lyn rimase impietrito;un barbaro delle montagne armato d’acciaio? c’era sotto qualcosa.
    Velocemente si diresse nella stanza di maestro Clement,bussò e l’anziano dotto aprì la porta.
    “Milord è forse ammalato? Sta male?”
    “No, maestro leggi” e gli porse la lettera “manda dei corvi a tutti i Lord della valle , che incomincino subito le ricerche e manda anche un corvo a Lord Jon, ora sarà in viaggio ma appena arriva dovrà essere informato di questa situazione”
    Lyn dirigendosi verso i suoi alloggi non potè fare a meno di pensare all’accaduto, se davvero un barbaro era armato con acciaio di qualità voleva dire che qualcuno all’interno della Valle voleva Lady Anya morta, ma chi? Il vero pericolo era questo misterioso individuo, piu che il barbaro
    Arrivato nel solarium prese la sua lama, Signora Piangente, e convocò il suo attendente
    “Jon raduna cento soldati a cavallo, stasera si va a caccia” concluse con un mezzo sorriso
    [Modificato da Lord Frederick 01/03/2010 15:31]


    " No more half measures "

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    Lord Charles Tyrell
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    00 01/03/2010 23:46
    Willas Tyrell



    Era una bella giornata d’estate, il cielo turchino libero dalle nubi e il sole splendeva alto nel cielo, ma una leggera brezza soffiava dal mare, mitigando l’effetto del globo giallo. Solo una indistinta macchia bianca sembrava sporcare l’immacolata volta celeste. “Daeron” pensò Willas alzando lo sguardo verso l’azzurro infinito “come si fa a volare? Insegnamelo amico mio.” Ad un tratto una voce dolce e affettuosa lo riscosse dai suoi pensieri: Margaery. “Tutto bene Willas? Ti vedo pensieroso.” “Sì, tutto a posto.” rispose il giovane rivolgendosi alla sorella “ Mi sono perso nei miei pensieri osservando Daeron volteggiare libero nel cielo. Perdonami.” Cosa normale per Willas Tyrell, il pensatore. Nelle sue riflessioni però cercava sempre di evitare il pensiero della libertà di movimento. Ma in quei giorni gli capitava sempre più spesso di soffermarsi a osservare il suo falco albino e a desiderare di poter volare, di potersi muovere veloce e agile. Tutta colpa del torneo. Ogni volta che si parlava di tornei, gli veniva in mente il suo torneo, e con esso la fatale caduta che lo aveva storpiato per sempre. Ma non voleva soffermarsi su questi tristi pensieri, era una giornata meravigliosa ed era insieme ai suoi fratelli: Garlan, sempre cortese e sereno, Loras, giovane e ardito, e Margaery, sensibile e gioiosa. Era una delle rare occasioni in cui i giovani Tyrell stavano insieme e Willas amava molto questi incontri, perché si sentiva veramente in pace e la compagnia e l’affetto dei suoi cari gli facevano dimenticare la sua gamba. Erano solo loro quattro, senza il solito stuolo di armigeri di scorta, e Roy ed Alenna, i due loro carissimi servitori. Gli venne da sorridere pensando a come suo padre, pressato da tutti e quattro contemporaneamente, gli aveva infine concesso di pranzare da soli lungo il fiume.



    Dopo aver passeggiato lungo il fiume, ridendo e scherzando, raggiunsero una collinetta piena di fiori dove Roy e Alenna disposero le cose per il pranzo. Avevano portato dal castello una frittata di verdure, del formaggio, del prosciutto affumicato e un tortino di banane, frutto esotico delle Isole dell’Estate. Tutti mangiarono di gusto, anche Roy e Alenna, che dopo un po’ di insistenza avevano convinto a pranzare. Ad un tratto con un sonoro fruscio d’ali Daeron andò a posarsi sulla spalla di Willas, che gli diede prontamente un pezzo di prosciutto. Girando la testa vide ser Garlan come incantato e stava per chiamarlo, ma Loras lo precedette “Il nostro Garlan ha ancora la testa fra le nuvole…” la voce del Cavaliere di fiori ridestò Garlan “Starà pensando a Lady Leonette.” “Almeno io sto pensando ad una donna. Tu pensi solamente alle nuove armature che potresti chiedere al fabbro!” rispose scherzosamente l’altro. “E comunque non stavo pensando a lei. Ragionavo sul bel tempo” aggiunse. La risata fu generale. Tutti si misero a ridere e Willas scambiò un sorriso eloquente con il fratello. Mentre il riso stava scemando Daeron spiccò il volo, suscitando ancora l’allegria dei presenti. Willas dunque domandò al fratello Loras: “Chi pensi invieranno le altre Casate come Guardie Reali? Dovresti esserti fatto già un’idea dato che li sfiderai per il ruolo di Lord Comandante.” Prima che il giovane potesse rispondere lady Margaery intervenne: “Oh, Loras meriteresti sicuramente di diventare Lord Comandante delle Cappe Bianche!” Il fratello ringraziò con un cenno del capo e Willas notò che i suoi occhi erano pieni di bramosia di gloria. “Comunque” riprese la sorella “per me i Lannister invieranno Jaime o il Mastino.” Willas e Loras dissero in coro “Sarà sicuramente il Mastino, lord Tywin non rinuncerà così facilmente al suo amato erede!” “Se lo dite voi.” rispose Margaery con aria falsamente innocente. Tutti e tre scoppiarono a ridere e Margaery tirò addosso a Loras una manciata di fili d’erba, per poi cominciare a scappare allegra. L’impetuoso fratello urlò “Ti do 10 secondi di vantaggio! 10, 9, 8, 7,6,5,4,3,2,1... Arrivo!” e si mise a inseguire la sorella. “Correte, fratelli miei, correte voi che potete... ” pensò Willas con tristezza, ma subito si pentì di quel triste pensiero “Sei uno stupido, Willas! Smettila di piangerti addosso, guastando questa allegra giornata di sole.” Ma il tempo sembrava essersi collegato ai suoi pensieri, e in lontananza gli parve che sul mare si stessero ammassando nubi grigie.



    I giovani Tyrell varcarono la cerchia delle mura. Ormai la bella giornata era svanita, le nubi venute dal mare avevano oscurato il cielo e incombevano, cariche di piogge. Quel tempo non piaceva a Willas e nemmeno a Daeron, che infatti aveva deciso di passare il viaggio di ritorno sulla spalla del suo padrone. Erano appena smontati da cavallo quando un armigero arrivò trafelato da loro: “ Vossignorie, il Nobile Lord Vostro Padre vuole parlarvi urgentemente, notizie importanti da Approdo del Re!” Subito i volti dei figli di Lord Mace si fecero cupi e i loro sguardi si riempirono di preoccupazione. Questa urgenza a Willas non piaceva, come non piacevano le nubi grigie che sovrastavano AltoGiardino.
    [Modificato da Lord Charles Tyrell 01/03/2010 23:47]


    Lord Ormund Yronwood, Signore di Yronwood e Protettore della Strada della Pietra, il Sangue Reale


    Nella IV partita:
    lord Lyn Corbray, Signore di Gull Town e Lord Alfiere della Valle, portatore della Signora Sconsolata

    Nella III partita:
    Willas Tyrell, figlio ed erede di Lord Mace Tyrell



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    Emiliano Targaryen
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    00 02/03/2010 01:18
    Viserys Targaryen – Le lame dell’usurpatore

    La grande mano che stringeva la sua lo rassicurava. Nonostante i passi fossero sempre più frenetici, i respiri più affannati e il sudore scendesse copiosamente dalla sua fronte, egli si sentiva al sicuro, come sempre. Ma quella notte non era come le altre, era diversa. “ Principe sii più rapido” disse l’uomo che con la sua grande mano lo stava portando via. “Quanto dobbiamo correre ancora? Ho sonno e sono stanco” rispose il fanciullo. “Non molto ancora, sei stato bravissimo ma occorre un ultimo sforzo”. Non appena l’uomo cessò di parlare, dietro di loro si udirono nitidamente i nitriti di due cavalli lanciati al galoppo, probabilmente al loro inseguimento. L’uomo si fermò nei pressi del torrente e da dietro un grande albero trasse una piccola imbarcazione. “Principe Sali, svelto” disse concitatamente mentre si apprestava a togliere l’ormeggio di fortuna che ancorava alla riva il piccolo trasporto fluviale.
    “Abbi cura di tua sorella e ricorda, siete gli ultimi due rimasti. Il vostro destino è scritto su un’unica pergamena”.
    “Perché tu non vieni con noi?” disse il fanciullo con calore.
    “Mio Principe, se gli dei vorranno sarò ancora con voi; ma ora andate vi prego e non indugiare. Prendi con te tua sorella”. L’uomo collocò nella barca prima il ragazzo poi, accanto a lui, con molta delicatezza fece sedere una bambina impaurita e silente che subito strinse le sue braccine attorno al collo del fratello.
    La barca iniziò a muoversi verso il centro del torrente e ad allontanarsi. Gli sguardi dei ragazzini cercarono un’ultima volta gli occhi del loro protettore. Quando ormai l’uomo ebbe perso di vista la piccola imbarcazione udì uno scalpiccio dietro di sé e volse lo sguardo verso l’origine di quel rumore, distinguendo chiaramente le figure di due cavalieri che avanzavano verso di lui son fare lento, circospetto ma letale.
    “Dove sono ser?” disse il primo. “Consegnaceli e ce ne andremo senza arrecarti danno alcuno” continuò l’altro mentre avanzavano per poi arrestarsi quasi di fronte all’uomo che li fissava con occhi ardenti.
    “Stolti entrambi se pensate che io consegni gli ultimi eredi della dinastia del drago a due scarafaggi come voi” li insultò e continuò a provocarli “Il drago è il signore dei predatori, perciò andatevene prima che la sua furia vi incenerisca”.
    Uno sguardo dubbioso intercorse fra i cavalieri, poi entrambi risero in segno di scherno. “Ma quali draghi, noi siamo qui a mettere il guinzaglio a due lucertoline” dissero mostrando due cappi pronti per essere usati..
    “Se sono due lucertoline quelle che cercate, spiegatemi come mail il cervo, il leone, il lupo e tutte le altre bestie del vostro variegato serraglio se la fanno addosso ogni qualvolta sentono pronunciare il nome Targaryen?”. Le ultime parole le pronunciò sguainando Amica Fedele, la sua spada di acciaio di Valyria, dono di re Aerys Targaryen il Folle, l’ultimo re nato dal sangue di Aegon il Conquistatore.
    “Ser Willem Darry abbassa la lama, i tuoi giorni migliori da guerriero sono passati da diversi lustri, non costringerci ad ucciderci” dissero mentre anche loro mettevano mano alle spade. Ed iniziò sotto il cielo stellato una danza bellissima e mortale: la danza del cuoio, dell’acciaio e della carne. Ebbe inizio così la danza del sangue.

    La barca frattanto scivolava sul torrente la cui corrente irregolare ne rallentava o accelerava la corsa a seconda dell’intensità. Con le braccia della sorella sempre serrate intorno al collo, Viserys Targaryen continuava a guardare nella direzione da dove erano stati fatti salire sulla piccola imbarcazione da ser Willem Darry. “Era nostro amico, e ci era fedeli” disse riferendosi a lui il piccolo principe, per poi chiudersi in un tetro silenzio. Passarono alcune ore che parvero intere generazioni della vita degli uomini durante le quali nessuno dei due disse nulla, poi la barca iniziò placidamente ad avvicinarsi alla riva, essendo ormai scemata la forza della corrente.
    Pur non avendo mai compiuto alcuna manovra di quel tipo, a Viserys venne naturale scendere a riva e legare la cima al tronco di un albero li vicino, poi tirò la corda per permettere alla barca di avvicinarsi alla riva quel tanto da consentire alla sorella di scendere a riva senza bagnarsi.
    Due uomini apparvero dal sottobosco così all’improvviso che Viserys non ebbe nemmeno il tempo di essere spaventato. Cercò il suo pugnale, ma la voce di uno degli uomini lo rassicurò: “Non temere Principe, siamo tuoi amici e fedeli sudditi” disse inginocchiandosi a terra lo strano individuo che per primo si era avvicinato. Era un uomo ormai adulto, ben oltre i quarant’anni di età e decisamente tendente alla pinguetudine, ma vestito in modo elaborato ed estremamente lussuoso, segno tangibile della straordinaria opulenza di cui certamente disponeva. L’altro era invece decisamente più giovane, sebbene i suoi lineamenti mostrassero chiaramente i segni di una vita sempre esposta ai peggiori pericoli. I suoi abiti erano molto più semplici e meno sfarzosi dell’altro, per cui il principe Targaryen dedusse che fosse l’altro il più influente e rivolgendosi quindi al più anziano chiese: “Qual è il tuo nome e come sapevi che saremmo arrivati qui e in questo preciso momento?”. “Sono Magistro Illyrio Mopatis, Vostra Grazia, per servirti” disse l’uomo facendo un teatrale inchino con il capo, “ Ma ora andiamo via di qui, come siamo giunti noi potrebbero arrivare anche altri uomini e con ben altre intenzioni” concluse indicando ai due Targaryen una carrozza riccamente addobbata.

    Avevano vissuto diversi anni nella magione che Illyrio possedeva a Pentos. I due ultimi Targaryen erano ormai cresciuti da quando il Magistro li aveva trovati sulla sponda del torrente, soli e diffidenti dopo che ser Willem Darry li aveva portati via per sottrarli ai sicari di Robert Baratheon. Il nuovo re sul Trono di Spade non aveva comunque desistito dal volerli morti e vari tentativi si erano succeduti in quegli anni; tentati avvelenamenti, sicari dai metodi più fantasiosi e anche stregoni erano stati assoldati per porre fine alla vita degli ultimi eredi di Re Aerys, ma tutti avevano fallito. “Un amico comune veglia su di voi, miei principi” aveva affermato Illyrio Mopatis sorridendo. Ma chi fosse questo comune amico Viserys non riusciva a capirlo.
    Quella sera si sarebbe tenuta una solenne festa nella magione del ricco Pentoshi; vari notabili della città erano stati invitati oltre ad una innumerevole moltitudine proveniente da quasi tutte le Città Libere, compresa la misteriosa ed affascinante isola di Braavos. Viserys ricordava solo vagamente quella terra. Nel suo peregrinare con ser Willem Darry, cercando sempre di essere un passo avanti alle lame dell’Usurpatore, il giovane aveva soggiornato anche nella terra delle cento isole e dei cento canali. Illyrio aveva chiesto anche a lui e a sua sorella di presenziare alla festa. “e’ molto importante che tu sia presente Maestà” aveva sentenziato.
    Per l’occasione aveva scelto un abito semplice, fresco, una tunica nera come la notte, sulla quale risaltava un enorme drago a tre teste di colore rosso fuoco, simbolo della sua nobile Casata. Una cintura, sempre di colore rosso ornava la sua vita e faceva da sostegno alla spada che teneva alla sua cintola. Quella spada era un dono di Magistro Illyrio in persona. La lama splendeva anche se sguainata di notte ma il vero capolavoro era nell’impugnatura: una figura di drago ne costituiva il fulcro centrale mentre tre lunghi colli terminanti con altrettante teste di drago formavano una barriera a protezione della mano. Gli occhi degli animali erano costituiti da zaffiri di colore viola scuro e sembravano minacciare chiunque li guardasse. Un paio di stivali di elegante fattura completavano l’abito del principe.
    Sua sorella invece indossava un grazioso abito che Illyrio aveva fatto confezionare da uno dei migliori sarti della città. Le forme di Daenerys erano messe pienamente in risalto da quell’insieme di veli tutti sulla tonalità dell’argento, a riprenderle il colore dei capelli, mentre un diadema di forma circolare sul collo incorniciava la carnagione chiara e gli occhi di lei. Sarebbe stata ammirata, ed anche desiderata, senza alcun dubbio. Viserys aveva da subito intuito che un trono si può conquistare anche con armi diverse da quelle che i poemi cavallereschi avevano per centinaia di anni celebrato e la lussuria era una di quelle armi, eppure si era già rifiutato due volte di dare la sorella in sposa ad uomini ricchi e potenti, che avevano promesso immense ricchezze se avessero potuto prendere come moglie l’unica figlia di re Aerys. “Lei è mia sorella, sangue del drago, e il drago non si accoppia con animali inferiori” era stata la risposta che aveva dato all’ultimo pretendente, un ricco armatore di Lys che aveva promesso di mettere al suo servizio 50 vascelli da guerra se avesse acconsentito alle nozze. La risposta di Viserys aveva fatto infuriare l’uomo che, pur non proferendo alcuna parola, aveva assunto uno sguardo che, se gli occhi avessero potuto uccidere, Viserys sarebbe morto in quel preciso istante. Ma sua sorella era sua, sua e di nessun altro.
    Mentre Viserys rimuginava fra se mille e più pensieri, Magistro Illyrio si avvicinò a lui con il solito fare suadente e mellifluo. “Maestà, con la tua compiacenza vorrei presentarti due uomini”. Lo sguardo del principe si aggrottò “Chi sono costoro, Illyrio?”. Due uomini apparvero subito dietro l’opulento Magistro; il primo era torreggiante come una statua di basalto. Scuro di carnagione con ampi e folti baffi, aveva capelli lunghi fino a raggiungere il sedere, acconciati in una lunga treccia nella quale erano legati tanti campanelli che suonavano sinistramente ad ogni passo dell’uomo. “Costui è Khal Drogo, Vostra Grazia, comanda uno dei Khalasar più potenti dell’immensa nazione Dothraki ed è qui per offrire un patto di alleanza” Illyrio era visibilmente compiaciuto “Oltre diecimila guerrieri sono al suo comando”. L’altro uomo era invece più tozzo di corporatura e meno alto. Vestiva in armatura secondo l’usanza dei cavalieri del continente Occidentale ed indossava una sopratunica verde con rappresentato in nero un orso in posizione eretta, con le zampe anteriori protese in avanti in segno di minaccia. “Maestà, costui è Ser Jorah Mormont, un cavaliere investito. La sua nobile casata da centinaia di anni domina nell’estremo nord dei Regni del Tramonto l’isola dell’Orso, che è anche l’animale simbolo del suo stemma. Egli è qui per giurarti fedeltà e mettere la sua spada al tuo servizio” questa volta Illyrio Mopatis parve meno in soggezione.
    Viserys Targaryen osservò minuziosamente entrambi gli uomini. Aveva sentito spesso parlare dei cavalieri delle pianure, i valorosi Dothraki, guerrieri indomiti da sempre addestrati alla guerra. Nella vastissima biblioteca cittadina di Pentos aveva trovato interi tomi dove erano descritti gli usi e i costumi di quel popolo. “Oltre 10.000 guerrieri” pensò fra sé. Con un seguito del genere avrebbe potuto mettere a ferro e fuoco i Sette regni ma dentro di lui una voce gli diceva di non affrettare i tempi, inoltre ad oggi quelli erano uomini di Drogo, non suoi, ed i Dothraki ammiravano e si prostravano davanti alla forza di un capo guerriero. Per ottenere davvero un’alleanza con i Dothraki doveva cavalcare molto con loro, soprattutto l’ambizione del loro Khal. Ogni Comandante Dothraki sognava di essere colui che avrebbe riunificato tutti i Khalasar ricostituendo l’unità della nazione Dothraki, secondo la profezia che le anziane del Dosh Khaleen, il sacro conclave, tramandavano ormai da centinaia di anni.
    Due erano in quel momento i Khalasar più potenti; oltre a quello di Khal Drogo, un altro condottiero svettava fra tutti i Dothraki. Il suo nome era Pono ed il suo seguito era vasto quasi quanto quello di Drogo. Viserys capì subito che Illyrio aveva manovrato in maniera eccellente: schierandosi con uno dei due Khal i Targaryen sarebbero stati l’ago della bilancia nella guerra interna fra i condottieri Dothraki. Molto astuto, pensò, quindi sorrise al suo nuovo alleato e a Ser Jorah. La festa, dopo questi eventi, fu ancora più grandiosa.

    Erano trascorsi alcuni giorni dal ricevimento che il Magistro aveva organizzato nella sua magione. Febbrili erano state le attività del giovane drago. Colloqui interminabili con Khal Drogo e con Ser Jorah Mormont per pianificare gli avvenimenti successivi. A Viserys piacevano entrambi. Erano uomini concreti, seppur molto differenti nella visione della politica e della guerra. Anche sua sorella Daenerys aveva partecipato ai concili e in qualche occasione aveva anche esposto alcune interessanti osservazioni. Una soprattutto aveva colpito suo fratello: dovevano cercare di avere informazioni dall’Occidente. Non si poteva pianificare una campagna di conquista affidandosi esclusivamente alle confuse chiacchiere dei marinai che quotidianamente affollavano i porti ed i mercati di Pentos.
    Quel giorno uno strano individuo si presentò alla magione di Illyrio. Sembrava un mendicante qualsiasi ma gli occhi attenti di ser Jorah Mormont individuarono subito la spada lunga da combattimento che l’avventore teneva legata alla cintola. Il cappuccio della sua cappa gli nascondeva il viso pertanto, temendo l’ennesimo tentativo di uccidere gli ultimi eredi di Re Aerys, Mormont estrasse subito la sua lama e chiamò attorno a sé alcune guardie di palazzo che prontamente accorsero.
    “Non temere Lord Mormont, vengo da amico e non da nemico” la voce dell’uomo aveva un qualcosa di familiare. “Spero tu possa condurmi dal mio vero sovrano Lord Mormont” disse abbassandosi il cappuccio. Un’espressione meravigliata si dipinse sul volto dell’uomo che era stato per breve tempo lord dell’isola dell’Orso, salvo poi dover andare in esilio a causa dell’arrogante Lord Stark, che in nome del suo personalissimo concetto di onore voleva punirlo per aver venduto dei bracconieri a degli schiavisti anziché inviarli nella confraternita dei Guardiani della Notte.
    Quando Viserys aveva saputo di cosa era stato accusato, aveva riso a tal punto da farsi colare il vino anche dalle narici. La stessa Daenerys aveva a stento soffocato le risa. Più tardi era esplosa la furia dell’ultimo erede maschio della dinastia del drago. “Usurpatori e pomposi idioti, ecco chi governa oggi il regno che è mio di diritto. Non temere Mormont. Infileremo una picca su per il culo ghiacciato dell’onorevole Lord Stark e lo sventoleremo su quella Barriera che tanto ama” era stato il commento finale.
    Ser Jorah fece accomodare l’uomo in uno dei solarium della magione e tornò subito dopo conducendo entrambi i fratelli. Li fece accomodare su una pira di cuscini, cosi come era costume nelle nove Città Libere ed introdusse il nuovo ospite. “Maestà, principessa Daenerys, vi presento uno dei più grandi cavalieri dei Sette Regni, la cui abilità e l’alone leggendario di cui è circondato non è secondo a nessuno dei più grandi uomini d’arme del continente Occidentale”. L’uomo fece un passo avanti e si inginocchiò facendo al contempo un esplicito gesto a Ser Jorah. Voleva essere lui a parlare. Con gli occhi arrossati da un accenno di sincero pianto nostalgico guardò nella direzione di Viserys Targaryen. “Mio Re, io sono Ser Barristan Selmy ed ero una delle Sette spade bianche al servizio di tuo padre, Re Aerys. Ho servito per molti anni sotto il lord comandante Gerold Hightower, detto il Toro Bianco,. Ho cavalcato e combattuto assieme a Ser Arthur Dayne, la spada dell’Alba, e al principe Lewyn di Dorne. Salvai tuo padre durante la ribellione del Lord di Duskendale e combattei assieme a tuo fratello Rhaegar nella battaglia che segnò la sua fine. Mi offrirono di comandare le Cappe bianche di Robert Baratheon, ma il mio orgoglio, la mia coscienza e la mia fedeltà mi impediscono di servire assieme allo Sterminatore di Re, Jaime Lannister” concluse pronunciando quel nome con un odio che, forse, poteva essere pari solo a quello che lo stesso Viserys provava per l’assassino di suo padre.
    “Ser Barristan, da oggi sarai il Lord comandante della mia Guardia Reale e cavalcherai al mio fianco. Ser Jorah, conduci Ser Barristan alle sue stanze”. Si rivolse verso la sorella con uno sguardo compiaciuto e dagli occhi lei vide quei lampi che rendevano suo fratello cosi desiderabile agli occhi delle donne ma al tempo stesso cosi spaventoso per i suoi nemici.
    “Dolce sorella, penso che sia proprio ora di lasciare finalmente questa magione” disse Viserys.
    “Dove andremo diletto fratello?”. Era perplessa dalla decisione del fratello.
    “Ho trovato dei libri molto interessanti nella biblioteca cittadina. Queste terre orientali sanno offrire grandi occasioni a chi le sa sfruttare”
    “Dovremo viaggiare molto?”
    “Domattina, mia dolce sorellina, faremo vela per Qarth. Oltre a noi due verranno anche Ser Jorah e Ser Barristan”
    “ E Magistro Illyrio?” Daenerys era affezionata al grasso magistro.
    “Il nostro caro Magistro è incaricato di una missione importante. Khal Drogo ed il suo Khalasar lo accompagneranno. Ma ora vai a riposare, ci attendono giornate di faticoso viaggio”

    Quattordici giorni ed altrettante notti durò il loro peregrinare per mare. La mattina del quindicesimo giorno l’uomo sulla coffa gridò con tutta la voce che aveva in gola che il loro viaggio si era felicemente concluso. Non era stato facile. Per non impiegare troppo tempo Viserys aveva obbligato il capitano del vascello a passare quasi in vista dell’isola dove sorgeva la terra da cui i Targaryen avevano origine, quella Valyria che, seppur giovanissima, aveva soggiogato il potente impero di Ghys. Il mare ancora ribolliva per molte leghe intorno all’isola e più volte il capitano aveva imprecato e pregato, sperando di portare in salvo la vita. Finalmente gli dei avevano accolto le sue suppliche: il porto di Qarth si aprì alla loro vista cosi come i petali di una rosa in primavera.
    La città manifestava la sua immensità da diverse leghe di distanza. Il porto, enorme e trafficatissimo, arrivava a coprire quasi la stessa estensione dell’intera città di Pentos e non era che appena un quinto dell’intera superficie dell’intera area urbana. Case dai diversi colori e dalle svariate forme testimoniavano la multi etnicità di quell’agglomerato urbano che Magistro Illyrio aveva definito “la porta verso il vero Oriente”.
    Sbarcati dal vascello i quattro udirono diversi accenti e videro uomini vestiti ognuno secondo le usanze dei paesi dai quali provenivano. Ser Jorah era colui che aveva più peregrinato nelle terre orientali, toccò quindi a lui descrivere i vari popoli rappresentati da marinai, commercianti, mercanti e bottegai di quel vastissimo mondo.
    Viserys aveva passato gran parte del viaggio a leggere due tomi che aveva acquistato da un libraio di Pentos poco prima che salpassero. Aveva così appreso moltissime delle usanze in essere in quella città, la più potente del continente Orientale. Tre importantissimi ordini governavano quel piccolo impero. La Compagnia degli Speziali erano armatori e mercanti, ricchissimi al punto tale che anche l’opulenza di Illyrio Mopatis avrebbe sfigurato di fronte a quelle immense ricchezze. Le magioni degli appartenenti agli Speziali si trovavano quasi tutte nella parte Ovest della città e dominavano il porto., quasi ad indicare il luogo dal quale traevano la maggior parte dei loro profitti. “Tywin Lannister al loro confronto sembrerebbe un povero pezzente” aveva commentato con Ser Barristan durante la navigazione. Un suo incaricato era partito diverse settimane prima di loro per preparare l’incontro fra gli ultimi discendenti di Re Aerys e i principali esponenti di quella importantissima associazione. Ad attrarre tanto i mercanti di Qarth erano state le storie secondo le quali Daenerys Targaryen era in possesso di tre preziosissime uova di drago, una mercanzia praticamente introvabile. Una sola di quelle uova avrebbe permesso con il suo ricavato di allestire una flotta in grado di poter trasportare un esercito grande tre volte l’intero Khalasar di Drogo. Vendendole tutte e tre avrebbero potuto addirittura ingaggiare quasi tutti i mercenari presenti in quel momento nelle Nove città Libere.
    La Fratellanza della Tormalina invece non aveva attirato molto le attenzioni dei due giovani Targaryen, al contrario, il circolo degli Eterni rappresentava un’occasione da non perdere; si diceva che incontrare gli Eterni fosse un grande onore e che da quell’incontro si potessero apprendere notizie importantissime e vasti poteri sia nell’arte della guarigione che nelle arti oscure, cioè capaci di dare la morte.
    In realtà gli incontri furono più che deludenti. Era chiaro che loro volessero solamente mettere le mani sulle uova di drago. Il tutto si ridusse ad una mera trattativa commerciale dove gli Speziali stavano facendo sfoggio di tutte le loro ricchezze per averle.
    “ Milleduecento vascelli con tutto il loro equipaggio e conio sufficiente a pagarli due anni” era stata l’offerta del capo delegazione degli Speziali. Con quella flotta avrebbero potuto sbarcare un intero esercito sulle rive dei 7 Regni ma Viserys si era rifiutato. Sua sorella aveva un qualcosa da dirgli. “Diletto fratello non cedere queste uova, io sento un qualcosa in loro”
    “Cosa avverti?”
    “Avverto la vita dentro di esse. Qualcuno ha voluto farci credere che sono soltanto nuda pietra, ma sento nel mio animo il fuoco dentro di loro”.
    “E sia, teniamo queste uova e salpiamo da questo covo di adulatori e di imbecilli. E sperino che non voglia più mettere piede in questa loro caotica città, perché se dovessi tornare, sarà da conquistatore”.
    La sera uno spaventoso incendio bruciò la casa dove erano ospitati i due principi. Fiamme alte quanto il più imponente dei palazzi si levarono a rischiarare a giorno la notte di Qarth. Quale delle tre congreghe aveva attentato alla loro vita? Oppure ancora una volta le lame dell’usurpatore li avevano raggiunti?
    Ser Barristan riuscì immediatamente a mettere in salvo Viserys, mentre della Principessa non vi era traccia alcuna. Il fratello era furente, i suoi occhi lanciavano bagliori ancora più rossi e vividi delle fiamme dell’incendio. “Ser Barristan, se è accaduto qualcosa a mia sorella, porterò Khal Drogo ed il suo Khalasar a banchettare qui a Qarth” la furia era sempre più accesa.
    Uno schianto segnalò che l’edificio era ormai prossimo al collasso e né Daenerys né Ser Jorah facevano ritorno. “Andiamo a cercarli” propose Ser Barristan, trovando subito il consenso del suo Re.
    Le ricerche durarono ore che sembrarono giorni. Nessuno in città venne ad osservare, nemmeno per semplice curiosità. “Sanno cosa è successo e chi è stato. Che siano maledetti questi pezzenti nauseabondi”. La collera di Viserys era ormai sfrenata. Scavava con le mani e con le unghie al punto che si era ferito in diversi punti. Il silenzio cupo di quel momento venne interrotto da Ser Barristan. “Eccoli mio Re, ma…dei del cielo, cosa sono quegli esseri?”
    “Sono tre cuccioli di drago” rispose la principessa Daenerys apparendo da dietro uno stipite che era rimasto in piedi sfidando le fiamme.
    Tre creature le erano vicine, diverse ma simili. Una era color verde smeraldo, vivo ed intenso. Sembrava rispecchiare il mare che avevano visto vivendo con Ser Willem Darry a Braavos e le sue scaglie mandavano riflessi intensi ogni qual volta provava ad aprire le ali. L’altro drago era color oro e crema fusi insieme; sembrava il più mite dei tre ma anche uno sciocco avrebbe compreso che l’istinto del predatore era presente in lui e che la calma apparente serviva solo a dissimulare il momento in cui avrebbe attaccato mortalmente la sua preda.
    L’ultimo era invece di un nero cosi profondo e cupo da mandare in agitazione chiunque solo avesse posato lo sguardo su di lui. Aveva dimensioni ben maggiori degli altri due ed i suoi artigli sembravano già sufficientemente sviluppati per scarnificare il braccio o la gamba di un uomo.
    “C’era la vita dentro le uova. Il calore delle fiamme hanno fatto il resto” disse con glaciale freddezza Daenerys.
    Di rimando il fratello le sorrise “Mia dolce sorella, sei sempre cosi piena di deliziose sorprese. Ora più nulla ci trattiene qui. Andiamo via”.
    “Io direi anche di farlo con una certa celerità. Ormai la città ci è nemica e la popolazione ostile. Se la bramosia di possedere tre uova di drago li ha spinti a tentare di ucciderci, la ricchezza di possedere gli ultimi tre draghi vivi al mondo non può nemmeno essere stimata” suggerì Ser Jorah Mormont, sempre in armatura e con la spada sguainata.
    Corsero fino al porto dove il vascello che li aveva portati fino a Qarth li attendeva, completamente circondato da spade nemiche. Barristan, Jorah Mormont e Viserys sguainarono le loro, consci dell’impari lotta che si sarebbe scatenata.
    Daenerys disse solo una parola: DRACARYS. Il drago nero a malapena trotterellando si avvicinò non visto alle guardie, nascosto dal buio della notte, e silenzioso come un ombra investì due uomini con un getto di fuoco rovente. Le urla dei disgraziati non avevano nulla di umano. Gli altri due draghi lo imitarono e colpirono in pieno volto l’uomo che stava cercando di impossessarsi della gabbia dove erano stipati. Ser Barristan sfruttò la sorpresa e si lanciò in mezzo agli armati menando fendenti che lacerano cuoio, vesti e carne, subito seguito da Ser Jorah, mentre Viserys afferrò la sorella e la gabbia dopo aver fatto salire sulla sua spalla il drago nero, lanciandosi a perdifiato verso la nave che, resasi conto della situazione, aveva predisposto già tutto per salpare, liberando le funi dell’ancoraggio. Per salire Ser Barristan e Ser Jorah dovettero compiere un balzo non di poco conto.
    Dopo essersi rinfrescati e accertatisi conto che nessuno li seguiva via mare, Viserys disse “Adesso andiamo a completare l’esercito con il quale abbatterò l’usurpatore e mangerò il cuore dei cani che lo hanno aiutato. Ho la migliore cavalleria del mondo e mia sorella mi ha fatto dono dei draghi anche se ci vorranno molti mesi prima che essi siano pronti ad andare in battaglia. Adesso sta a me farvi un dono. Andiamo a reclutare la più potente fanteria del mondo, e la troveremo ad Astapor”.











    [Modificato da Emiliano Targaryen 02/03/2010 17:27]


    Ser Brynden Tully, il più forte cavaliere del Tridente

    Nella seconda partita: Jorah Mormont, da umile cavaliere a Lord Protettore di Alto Giardino.

    Nella terza partita: Principe Viserys Targaryen, assassinato da un concilio ristretto di vili e di infami

    Nella Quarta partita: Lord Balon Greyjoy, costruttore di bordelli...

    Nella Quinta partita: Lord Tywin Lannister, semper fidelis, abbattuto dagli dei.

    Nella sesta partita: Ser Denys Arryn, l'unico con le palle che le ha cantate ad un re invertebrato e ad un primo cavaliere doppiogiochista e col carisma di un germoglio di soia

    Emiliano Targaryen....l'ultimo dei draghi....

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    Faccia da cavallo
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    00 03/03/2010 07:06
    Di viaggi ed armature

    La ruvida figura di Neve si intravedeva lungo la linea dell’orizzonte sotto di loro.
    Jon iniziava ad accusare la discesa e cercava inutilmente di allontanare il pensiero della risalita, ma soprattutto il pensiero dell’età che avanzando pesava sulle sue spalle e sulle sue gambe.
    “Il Lord della Valle non prenderà mai il cestino” penso risoluto, poi la compagnia di Mya valeva la fatica fatta.
    Guardare Mya Stone era un po’ come tornare giovane, gli occhi della ragazza erano quelli di suo padre, dolci ma decisi, i suoi capelli neri lo stemma di appartenenza alla famiglia Baratheon.
    Si muoveva tra quei sentieri da capra con passo svelto, il tintinnare della maglie della cotta che indossava sopra la veste accompagnava ogni suo passo.
    “Credo che sarebbe più facile espugnare Porta Insanguinata piuttosto che convincerti a togliere quell’armatura, vero?” Disse Jon accostandosi alla ragazza lasciando qualche passo indietro Ser Vardis e la sua scorta.
    “Mio Lord, questi sentieri possono essere pericolosi e voi lo sapete bene” fece un cenno con il mento e un mezzo sorriso guardando gli armigeri che li seguivano oltre la spalla sinistra, “ questa maglia di ferro non mi salverà dalle zanne delle pantere ombra, ma gli sarà di certo più difficile masticarmi.”
    Robert.
    Mya era la degna figlia di suo padre.
    L’aria era pungente, Lord Arryn aveva deciso di muoversi poco dopo l’alba perché era atteso a Neve e dopo un pasto frugale nella fortezza di Pietra la sua marcia era subito ripresa.
    I segni dell’Estate morente erano ovunque, la valle ai loro piedi cominciava ad ammantarsi dei colori dell’Autunno, le chiome degli alberi iniziavano a tingersi di rosso e giallo. Jon amava quei colori, quel senso di silenzio e quiete, ma anche la neve e il ghiaccio del Nido avevano lentamente preso spazio nel suo cuore. Sua moglie Lysa invece non aveva ancora dimenticato le terre dei fiumi e spesso coperta da spesse pellicce trascorreva lunghe ore nel piccolo giardino interno accanto alla statua di Alyssa.
    “Arriveremo alla fortezza di Neve nel tardo pomeriggio mio Lord.”
    “Mya avrei una cortesia da chiederti,” rispose Lord Arryn “ora che mancano poche miglia e credimi neppure il più distratto cavaliere potrebbe perdersi, potresti anticiparci e annunciare il nostro arrivo? Ringrazia Lord Redfort per la cortesia e fa si che i miei ospiti, che dovrebbero essere arrivati questa mattina, si facciano trovare nel salone. Discuteremo prima di cenare e mi raccomando” aggiunse facendo l’occhiolino” acqua in bocca con Lord Nestor quando tornerai a Cielo” il volto di Jon si illumino di un sorriso che gli portò via quasi dieci anni di vita.
    “Ai suoi ordini mio Lord” Mya allungò il passo e in breve tempo la figura sua e del suo mulo scomparvero.
    Mentre continuavano la discesa, una volpe attraversò il sentiero qualche passo avanti a loro si soffermò un istante a fissare quegli starni e rumorosi animali che stavano attraversando il suo territorio prima di sparire nel sottobosco.
    “Un segno di buon auspicio Lord Jon, la volpe vi ha fissato” sussurro Vardis.
    “Peccato non aver avuto una balestra, mia moglie avrebbe avuto una bella sciarpa nuova” commento a voce alta uno degli armigeri della scorta, scatenando le risate generali.
    “Appunto” concluse Jon rivolto ad un Ser Vardis in evidente imbarazzo.
    Di lì a qualche giorno Lord Arryn, sarebbe dovuto partire per Approdo del Re.
    Robert aveva indetto un torneo per nominare le sue Cappe Bianche. Una spada giurata per ogni casata, una trovata degna del suo protetto, questo però gli dava dei pensieri.
    Nei Setti Regni la Pace de Re resisteva ancora, ma le tensioni tra alcune casate erano note, Robert si sarebbe circondato di guerrieri che sì, avrebbero abbandonato titoli e terre, ma che difficilmente avrebbero scordato il loro passato e il vile atto delle Sterminatore di Re lo dimostrava.
    Di certo Robert aveva pensato al vecchio adagio che consigliava di tenersi stretti i propri Amici ma ancor più stretti i propri nemici, ma ciò non lo rassicurava.
    Del viaggio lo turbava soprattutto l’attraversata in mare per suo figlio, che era assillato da una salute cagionevole. Lady Lysa era stata difficile da convincere, ma se lui aveva vinto il primo scontro la battaglia era ancora lunga.
    La speranza di Jon infatti era quella, una volta incontratolo ad Approdo, di riuscire a convincere Ned a lasciare venire i suoi figli Rickon e Bran a passare un periodo al Nido, o magari, cosa ben più ardua, convincere Lysa a lasciare che Robert passi magari un po’ di tempo a Roccia del Drago con la piccola Shirren.
    Secondo lui infatti un clima di mare, ma soprattutto la compagnia di altri bambini e perché no anche l’assenza della apprensiva madre avrebbero senza dubbio mitigato i malesseri di suo figlio.
    Questi pensieri furono interrotti dall’arrivo alle mura di Neve.
    Il corpulento Lord Redforf era lì in piedi ad aspettarlo stretto in una livrea rossa.
    “Benvenuto mio Lord, non sa che piacere averla qui, la sala grande è stata approntata come avete ordinato, i vostri ospiti la stanno attendendo. Per questa sera ho messo a stufare una zuppa di pesce e fatto rosolare un agnello da latte ripieno di rape ricoperto di miele…” si udiva un fremito di piacere quando Lord Redford parlava di cibo.
    “Grazie Ser, vi sarei grato se offriste ai miei ospiti del formaggio, noci e vino per il tempo in cui mi renderò presentabile.
    E’ mia intenzione avere un colloquio con loro prima di cena.”

    Varcò la porta della sala principale di Neve, accompagnato dal Fabbro del Nido, e da due soldati che trascinavano a fatica una pesante cassa.
    Lord Arryn indossava un farsetto azzurro con ricamato sul petto il falcone incorniciato dalla luna piena. Una daga era sul suo fianco sinistro e morbidi stivali di cervo ai suoi piedi.
    “Signori” disse abbracciando con uno sguardo tutti i presenti che erano a capo chino in segno di rispetto.
    Nella stanza c’erano dieci uomini, nove avevano torace ampio e bicipiti possenti che tradivano le loro professione, erano fabbri.
    I decimo uomo era facilmente identificabile come un tintore, le sue mani avevano un alone azzurro che non sarebbe mai più sparito.
    I soldati posarono la cassa e uscirono.
    “Accomodatevi pure,” Jon fece un cenno alle panche posizionate vicino al muro e poi si chinò sopra alla cassa “ innanzitutto grazie per essere accorsi così rapidamente alla mia chiamata”
    “Dovere mio Lord” lo interruppe un fabbro dalla carnagione abbronzata, “Se vi compiace il mio nome è Adam Stone, fabbro di Vecchia Ancora e sono qui per servivi.”
    Jon sollevo leggermente il mento e guardò di sottecchi l’uomo che aveva parlato, parve riconoscere in quel profilo i tratti della famiglia Royce ma non disse nulla, ed estrasse dalla cassa spargendoli sul tavolo alcune parti di un’armatura, uno scudo, nonché una pelliccia di una pantera d’ombra.
    “Confidando del fatto che la voce si sia sparsa rapidamente non credo ci sia bisogno di dirvi che presto ad Approdo ci sarà un torneo per l’assegnazione delle Cappe Bianche e che sarà Lord Nestor Royce a portare i colori della Valle.” Disse Lord Arryn guardando in volto tutti i presenti.
    Il silenzio di quegli uomini sottolineava che come aveva presupposto tutti sapevano.
    Lord Arryn indicò l’uomo segaligno dalle mani azzurre e gli fece cenno di avvicinarsi.
    “E’ mia volontà fare dei regali a Ser Nestor degni del suo valore e della carica che occuperà.
    E’ mio Desidero che questa pelliccia di pantera d’ombra sia sbiancata e diventi candida come neve, mi raccomando che non perda la sua qualità.”
    Il tintore fece un cenno con il capo e si allontanò dal tavolo.
    “Ora a voi,” disse rivolgendosi ai fabbri” questa è una armatura completa di Lord Royce, desidero che ne venga forgiata una identica, e che poi venga smaltata di bianco.
    Qui” disse picchiettando sul punto del pettorale in corrispondenza con il cuore “voglio che in rilievo ci sia una luna e che con del bronzo venga creato un cancello e inchiodato sopra l’armatura così da riprodurre il suo simbolo di casata. Lo stesso sullo scudo.”
    “Chi tra noi avrà l’onore di forgiare questa armatura, Mio Lord?” domandò Adam Stone.
    “Tutti voi.” L’espressione degli uomini era dubbiosa. “voglio che l’armatura sia pronta sette giorni da oggi e che venga portata ad Approdo prima della fine del torneo.”
    “Ma Lord…” ora anche dagli altri fabbri si alzò un brusio.
    “Così ho deciso. Ci saranno 50 dragoni d’oro per ognuno di voi, oltre il normale prezzo dell’armatura.”
    Così dicendo Jon uscì dalla stanza.



    [Modificato da Faccia da cavallo 03/03/2010 20:21]


    NEL GIOCO DEL TRONO:
    Lord ROBERT BARATHEON




    CRONOLOGIA PG:
    - Nella seconda partita: Styr un Uomo Libero!!!
    - Nella terza partita: Re Jon Arryn, Signore del Nido dell'Aquila,Protettore della Valle e dell'Est. Primo cavaliere, Protettore delle terre della tempesta e signore di Capo Tempesta,Sangue dei Re delle Montagne.
    - Nella quarta partita: Tywin Lannister, morto nelle sale del dio Abissale, ultimo Re sul Trono di Spade. Distruttore del mondo.
    - Nella quinta partita: Tormund "Orso Bianco" Re Oltre e sopra la Barriera, Gran Maestro Guaritore, uomo libero
    - Nella sesta partita: Quellon Greyjoy Sommo Sacerdote,Lord Mietitore delle isole di Ferro, Principe di Lancia del sole, signore di Castel Granito, protettore del Mare(ex protettorato di Dorne) e dell'Occidente


    CITAZIONI
    "Sono stata Arya di casa Stark, Arya Piededolce, Arya Faccia da cavallo.Sono stata Arry e la Donnola, Squab e Salty, Nan la coppiera, un topo grigio, una pecora, il fantasma di Harrenhal...cat, la gatta...nessuno!"
    "Quando cade la neve e soffiano venti ghiacciati, il lupo solitario muore, ma il branco sopravvive"
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    Asha regina di ferro
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    Affascinante Filibustiera
    00 06/03/2010 10:03
    SAM


    Sam si svegliò alla fioca e spettrale luce della luna, che penetrava incerta dal piccolissimo pertugio che fungeva da finestra. Da quando la Confraternita era in declino, il numero degli uomini in nero era precipitosamente e tristemente diminuito. Nei tre forti principali, la maggior parte delle stanze, dai magazzini agli alloggi, dalle stalle ai depositi per le armi, erano piene solo dell'eco dei passi delle poche reclute che vi si avventuravano nelle loro esplorazioni, durante i primi giorni di addestramento. Perfino il Castello Nero non era che uno spettrale guscio vuoto, freddo e inospitale, l'ombra di ciò che era stato in passato. L'unico vantaggio di tutto questo era che le stanze a disposizione erano talmente numerose, che a nessuno interessava dove i confratelli scegliessero di alloggiare. Ma a Sam questo vantaggio era stato negato: la stanza destinata all'attendente di Maestro Aemon era necessariamente la più vicina a quella del sapiente vegliardo.
    Il vecchio cieco non gli dava molto lavoro, perché fortunatamente la sua salute era stabile. Sam doveva cambiare la biancheria, servire il mestro a tavola, assisterlo nelle sue necessità quotidiane, seguirlo nella biblioteca per arrampicarsi a cercare gli antichi volumi di cui il maestro aveva bisogno e leggere a voce alta i passi da lui richiesti, occuparsi dei corvi e dei messaggi, praparare i medicinali e fornire aiuto allorquando un confratello necessitasse di cure. In quest'ultimo caso, molte volte il compito principale e più impegnativo di Sam era rimanere in piedi di fronte a copiose perdite di sangue, ossa affioranti, o ferite che richiedessero di intervenire chirurgicamente, senza svenire e, possibilmente, senza espellere la colazione, mentre teneva sul fuoco gli strumenti chirurgici fino a renderli quasi incandescenti .
    “Cala la notte e la mia guardia ha inizio” pensò Sam vestendosi.
    Aveva dormito durante il primo turno di guardia, e ora si svagliava per iniziare il secondo. I Guardiani della Notte erano talmente pochi, che tutti gli attendenti facevano turni di guardia. Il suo turno in genere era sempre il secondo, il momento in cui il vecchio Aemon riusciva a dormire qualche ora.
    Sperava che quella notte nessun fortino crollasse. La settimana precedente le pareti rivolte verso sud di Porta di Pietra, da tempo pericolanti, avevano ceduto. E visto lo stato di abbandono in cui si trovava la Barriera, non era improbabile che altri forti lungo il muro subissero presto la stessa sorte. La Confraternita non aveva molti uomini, perciò Sam ne conosceva buona parte. Aveva condiviso il pasto con bastardi, straccioni e vagabondi raccolti da Yoren, ladri, stupratori, uomini che avevano scelto la Barriera come alternativa alla forca o alle segrete, ma Sam sapeva che si trattava di uomini che in futuro avrebbero servito la Confraternita meglio di quanto poteva fare lui. Giovani dalle braccia vigorose che sevivano da manodopera o vecchi costruttori di molta esperienza, che compivano misurazioni e dirigevano l'opera di ricostruzione. Uomini che a Porta di Pietra sarebbero potuti morire o risvegliarsi storpi o spezzati.
    “Spezzati come Porta di Pietra e come la Confraternita stessa” pensava Sam.
    Coperto di lana, cuoio nero e pellicce, rabbrividì all'aria aperta. Superò la scala di legno che si arrampicava sull'immane Muro di ghiaccio dirigendosi verso il gabbiotto per raggiungere la sommità della Barriera. Anche se la gabbia, giunta ad una certa altezza, ondeggiava paurosamente al vento, l'argano era arrugginito e la catena scricchiolava, egli preferiva quella via alla pericolante scala utilizzata dagli altri Confratelli: gia a un terzo dei gradini non aveva più il fiato per continuare e le gambe gli dolevano. Entrò nel gabbiotto e diede il segnale. Prima che la gabbia iniziasse a salire dovette attandere come al solito molto tempo, poiché un uomo solo non era certo sufficiente per quel lavoro e gli uomini sulla sommità erano molto pochi, inoltre tra quei pochi nessuno premeva per essere tra coloro che avrebbero sollevato Samwell Tarly .
    Prima del calare del sole, in qualità di attendente di Maestro Aemon, Sam aveva seguito il vecchio nello studio del Lord Comandante Mormont, dove trovò il primo ranger Benjen Stark , Cotter Pyke, Denys Mallister e Qhorin “il monco”.
    La scrivania di Mormont era coperta dai messaggi giunti coi corvi arrivati da sud.
    Dopo che tutti ebbero salutato il maestro, il Vecchio Orso prese in mano i diversi rotoli che si trovavano sul tavolo sollevandoli verso gli altri uomini come a voler mostrare quello che stava dicendo.
    “La Confraternita sta morendo e i lord del Sud fanno un maledetto torneo”disse .
    “MORENDO! MORENDO!” aveva gracchiato il corvo dalla spalla del Lord Comandante. Lui lo aveva allontanato dalla spalla con una manata.
    “MALEDETTO!” gli aveva urlato il corvo di rimando, svolazzando via.
    “MALEDETTO TORNEO!”
    “I Lord del Sud vogliono divertirsi, non vogliono pensare alle cose tristi come Forti che crollano e demoni di ghiaccio. Non prestano ascolto. Non ci resta che tentare di giocare alle loro regole. Io dico mandiamo qualcuno alla maledetta giostra, la fortuna potrebbe aiutarci”
    Sam aveva preso un po' di grano dalla sua tasca, ne teneva sempre un po' per i corvi di Aemon. Subito il corvo del Vecchio Orso addocchiò i chicchi nella sua mano aperta e si fiondò su di essi. L'animale almeno avrebbe avuto qualcosa di cui essere contento durante quel concilio, pensava Sam, mentre lui invece, alle notizie riportate da Benjen Stark e dal Monco, che avevano da poco fatto ritorno da una ricognizione a Nord della Barriera, sentiva crescere dentro di sè la paura. Due uomini partiti in ricognizione con Benjen Stark non erano tornati. E c'era dell'altro.
    “Una pira, un enorme pira di cadaveri, ammucchiati in fretta, e segni di battaglia tutto intorno”. Stava dicendo il monco.
    “CADAVERI!” ripeteva il corvo.
    “Una pira di cadaveri così grande, senza nessun funerale?” aveva chiesto Pyke.
    Il volto di Benjen Stark esprimeva una tale gravità che guardandolo Sam si sentiva un nodo nello stomaco “Il villaggio dei Bruti è stato attaccato e loro si sono difesi come hanno potuto. Ma Mance Ryder ha da tempo unificato i vari clan ed essi non combattono più tra loro. Nessuno può aver attaccato quel villaggio da Nord.”
    “ Nessuno tranne gli Estranei.” concluse il Vecchio Orso.
    Sam sentì le ginocchia molli, mentre i volti degli uomini attorno a lui si incupivano quasi quanto le loro cappe.
    “Gia. E il motivo percui i bruti bruciano i cadaveri dei propri morti” aggiunse il monco “Soprattutto quando lo fanno con molta urgenza...è perchè sanno che i cadaveri possono...ritornare ”.
    “Sapevamo che sarebbe stata questione di tempo” disse Mormont dopo una pausa “eppure non si è mai abbastanza pronti per questo genere di notizie”
    “POSSONO RITORNARE! RITORNARE! RITORNARE!”
    il corvo urlò dritto in faccia a Sam, che fece un balzo indietro e inciampò su una cassapanca di legno. Sam tentò di aggrapparsi al tavolo di Mormont per reggersi in piedi, riuscendo però solo ad agguantare le pergamene dei messaggi. L'attenzione di tutte le più alte cariche dei Guardiani della Notte era su di lui, mentre cadeva rovinosamente al suolo portando con se i messaggi, il calamaio con una penna d'oca, un mozzicone di candela e vari chicchi di grano.

    La sommità della Barriera era spazzata da un vento gelido. Sam, ben attento a mettere i piedi sul ghiaino cosparso dai Guardiani della Notte, iniziò a camminare lungo il muro, perchè sapeva che se fosse rimasto fermo, avrebbe sofferto maggiormente il freddo. Il cielo era limpido e punteggiato di stelle luminose . Bastava però abbassare lo sguardo verso la Foresta Stregata per dimenticarsi della bellezza del cielo. La foresta era un groviglio buio e sembrava a Sam ogni notte più vicina. Guardando quegli alberi aveva spesso la sensazione che nascondessero qualcosa che stava osservando lui e le poche altre intirizzite sentinelle in nero sulla Barriera. Il cuore gli sobbalzò quando vide che qualcosa si stava muovendo in una radura ai margini della foresta. Due macchie nere nella neve bianca si stavano allontanado dal groviglio di alberi e si avvicinavano alla Barriera.
    Poi udì un corno il cui suono proveniva dal punto che stava osservando. Era un segnale dei Guardiani della Notte.
    “Confratelli ” diceva il corno.
    Sam si stropicciò e strizzò gli occhi sforzandosi di aguzzare la vista.
    Altri Confratelli tornati dalla ricognizione: erano i due uomini di Benjen Stark dati per dispersi. Sam non sapeva bene che dei pregare: se i Sette del Credo come aveva imparato a Collina del Corno, o gli Dei del Nord, al cospetto dei quali aveva formulato il giuramento. Nell'indecisione pregò entrambi. Pregò che questi uomini portassero notizie migliori.

    “Ossidiana, vetro di drago” la mattina dopo queste parole erano sulla bocca di ogni confratello che incontrava.
    I due ranger giunti nella notte, una volta arrivati al Castello Nero, avevano chiesto di conferire col Vecchio Orso.
    La mattina dopo, nella sala comune dove Sam, dopo aver portato la colazione a Maestro Aemon, consumava i pasti assieme agli altri Guardiani della Notte, si parlava solo di quello che i due Confratelli arrivati la notte prima avevano comunicato al Vecchio Orso. Correva voce che, cacciando, i due uomini in nero si fossero imbattuti in segnali sugli alberi o in strane lastre di pietra, indicanti il punto in cui si trovavano sepolte nel terreno numerose lame e punte di freccia in vetro di drago. Altre voci dicevano che i due uomini avevano seguito uno stormo di corvi parlanti che gli avevano indicato dove trovare le armi di ossidiana sepolte. No non erano corvi, erano alci giganti. No, erano stati rapiti dai figli della foresta, che gli avevano mostrato dove si nascondevano i portali per le miniere di ossidiana. Le voci erano discordanti, ma su una cosa erano tutti concordi: i due uomini si erano imbattuti in un giacimento di ossidiana in qualche punto della Foresta Stregata.
    Il morale quella mattina era più alto tra le fila degli uomini in nero.
    Sam mangiava seduto tra Grenn e Edd L'addolorato. Gli uomini accalcati al tavolo si stavano disperdendo mentre Pyp tornava a sedersi dopo aver fatto una pantomima del ritrovamento dell'ossidana da parte dei due ranger dispersi.
    “Pare che ce ne sia abbastanza da armare la metà degli uomini in nero” disse Grenn.
    “A te non serve l'ossidiana Grenn. Tu di fronte a un estraneo saresti talmente terrorizzato che non riusciresti nemmeno a scappare a gambe levate” gli disse Pyp.
    “Certo che ci riuscirei” il viso di Grenn si arrossò “mi metterei a scappare eccome!”
    Pyp sogghignò sotto i baffi.
    "E' una bella fortuna questo ritrovamento” esordì Edd “ Così invece che morire per mano degli Estranei, potrò restarmene qui alla Barriera a gelarmi di notte e mangiare la poltiglia puzzolente che Hobb tre dita chiama porridge ogni mattina e ogni sera per altri trenta o quarant'anni. Sempre che Mance Ryder sia daccordo.”
    Sam si alzò per dirigersi agli alloggi del Vecchio Orso. Alla fine del concilio del giorno prima Mormont si era rivolto a Maestro Aemon “Maestro, se questo tuo attendente non si ammazza da solo adesso” aveva detto “mandalo da me domani mattina, ho dei compiti per lui.”
    “Sono sopravvissuto per 100 anni senza di lui ”aveva risposto il maestro “penso di potermene privare per qualche ora”.
    Una volta uscito, Sam alzò gli occhi sull'immane muro di ghiaccio, la luce del sole mattutino si rifletteva su di esso rendendolo per alcuni tratti accecante, quasi brillasse di luce propria. La Barriera quel giorno aveva un aspetto solido e resistente.
    [Modificato da Asha regina di ferro 06/03/2010 10:51]






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    Albus Lupin
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    Cavaliere
    00 07/03/2010 12:42
    Vomito e Nausea, terribili e flautolenti nemici di chi viaggia per mare, erano scomparsi al comparire del nuovo giorno all'orizzonte. Per quanto debilitato dalla malattia l'equipaggio aveva superato ormai la metà del viaggio verso Dragonstone. Erano molti anni che Davos non soffriva malattie di alcun tipo, la vita da contrabbandiere aveva reso il suo corpo resistente al cattivo tempo, la sua pelle dura come cuoio vecchio e le sue mani piene di calli.
    "Signore!" Davos iniziava effettivamente a chiedersi che fine avesse fatto il suo fastidioso nostromo.
    "Si, Vanni?"
    "La trovo bene, capitano!" acuto osservatore dell'ovvio, niente da dire.
    "Si, sto bene oggi, come tutti gli altri pare"
    Vanni annuì raggiante come il giorno che venne affidato all'equipaggio di Davos.
    Davos fece la stessa smorfia di quando Vanni iniziò a chiedergli istruzioni lo stesso giorno che un qualche maledetto bastardo glielo aveva mandato, con tanti auguri per giunta.

    Meditando silenziosamente vendetta verso le autorità portuali, il cavaliere delle cipolle guardò in alto. Una sagoma conosciuta solcava il cielo verso di loro. Qualcuno aveva riattivato il suo personalissimo sistema di trasporto informazioni. C'era palesemente lo zampino di un roseo volto incipriato e delle sue soffici pantofole di velluto.
    Davos fischiò e il famigerato Zampamonca iniziò la picchiata verso la nave del Cavaliere delle Cipolle. Zampamonca atterrò incespicando come solo un gabbiano con una zampa poteva fare.
    La sua unica zampa intera portava un messaggio.

    Davos lo lesse e sbuffò. "Niente riposo a Dragonstone amici miei" l'equipaggio fischiò il suo falso disappunto ben sapendo che a Davos Seaworth non si poteva dire NO quando era al comando di una nave.
    "Devo partecipare a un maledetto torneo." disse "E scoprire chi mi ha fatto questo meraviglioso regalo" aggiunse mentalmente pensando a Vanni.
    [Modificato da Albus Lupin 07/03/2010 12:44]
    _____________________________________________________________________________________________________________________________
    Nella Settima Partita:


    Lord Alester Florent, Lord di Brightwater Keep.
    Florent
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    Nella sesta partita: Bryen Caron, decaduto lord di Nightsong, che perse una gamba per l'ospitalità di casa Greyjoy

    Nella quinta partita: Orell l'Aquila-sulla-Barriera. Maestro delle Spie di Re Rhaegar I Targaryen, Lord di Bosco del Re

    Nella quarta partita: Lord Vargo della casa Hoat, Lord Protettore del Sud dal suo incredibile seggio di High Garden. Distruttore di Estranei, Difensore della Barriera e Creatore della Strada delle Mani.
    Fedele e leale suddito di Re Stannis Baratheon I.

    Nella terza partita: Lord Davos Seaworth, Alfiere del Trono di Spade, Signore di Arbor.
    Spia e Boia di Re Hoster Tully I.
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    Garlan2
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    00 08/03/2010 09:33
    RENLY

    Finalmente giunsero nei pressi delle rovine. Il giovane che guidava la comitiva si volse verso i suoi compagni. «Rimanete qua. Lasciatemi proseguire da solo. Voglio visitare il palazzo in solitudine.».
    «Non è prudente, Renly. Potrebbero esserci banditi nei dintorni. Non dovresti aggirarti da solo.» Lo mise in guardia Beric Dondarrion, lord di Blackhaven.
    «I fantasmi inquieti di re Aegon, di suo figlio, e di ser Duncan vagano senza pace per questo luogo.» Aggiunse lord Bryce Caron, muovendo lo sguardo circospetto.
    Renly guardò nuovamente i ruderi che si stagliavano di fronte a loro. Sorrise impercettibilmente. «Allora non devo temere. Ci saranno loro a tenermi compagnia.»
    «Ma Renly, il sito è maledetto.» Insisté il lord delle Terre Basse.
    «Questo terrà lontano i banditi.»
    Caron stava per replicare, ma Dondarrion scosse la testa. Accennò un inchino con la testa al lord di Capotempesta e con uno schiocco di lingua fece voltare il cavallo. Caron sospirò, ma non poté far altro che seguire l’amico.
    «Vai anche tu, Edric.» Ordinò gentilmente Renly al ragazzo che gli cavalcava affianco.
    «Ma...» Tentò di opporsi il giovane.
    «Niente “ma”. Vai con Beric e Bryce.»
    «Va bene, zio.» Il ragazzo sbuffò e si piegò sulla sella.
    «Vi raggiungerò subito.» Concluse Renly. Gli faceva strano sentirsi chiamare “zio”. Edric aveva poco meno di dieci anni rispetto a lui, ma nonostante i pochi anni che li separavano, gli voleva bene come a un figlio. E l’avrebbero tranquillamente scambiato per suo figlio se non fosse stato per quelle due orecchie a sventola.
    Appena Edric ebbe raggiunto Dondarrion, Bryce e il resto del seguito, che stava arrivando solo in quel momento, Renly spronò il cavallo ad addentrarsi nelle rovine.

    Raggiunsero un vasto cortile ormai ricoperto di erba, Renly scese agilmente dal suo cavallo. Legò il fedele destriero a una colonna spezzata, che un tempo doveva far parte del colonnato che attorniava il cortile. «Qui avrai di che mangiare.». Salutò il cavallo con un carezza sul muso e continuò da solo.

    I suoi occhi curiosi si spostavano lentamente da un particolare all’altro. La natura aveva cautamente conquistato le abbandonate sale del palazzo. Pini marittimi e ginepri affiancano ormai le colonne e le mura. L’aria era impregnata di intensi profumi: ginestra, rosmarino, lentischio. Erano anni che desiderava visitare questo luogo. Gli spiaceva, però, che non ci fosse Loras con lui. Anche se molto probabilmente il giovane Tyrell non avrebbe provato la medesima attrazione per queste rovine.

    Renly si fermò e si sedette su un muretto. “Chi sa se era qui che il principe Rhaergar veniva a suonare.” Chiuse gli occhi e si mise ad ascoltare un immaginaria melodia. Una malinconica melodia.
    Ad un tratto, però, un rumore alle sue spalle lo fece sussultare, disperdendo la musica. Si voltò di scatto, abbastanza veloce per vedere una volpe fuggir via. Forse, alla fine, il pensiero dei fantasmi di Aegon e Duncan l’aveva impressionato più di quello che aveva creduto. Scoppiò a ridere. «Fantasmi. Che assurdità. Solo Bryce può credere a queste sciocchezze.» Ma se davvero non temeva gli spiriti, perché stava parlando da solo? Scosse la testa e si alzò per proseguire la sua passeggiata.

    Renly non si ricordava nulla di Rhaergar Targaryen. Aveva appena cinque anni, quando scoppiò la guerra. Tutti i contemporanei sembravano concordi nell’affermare che Rhaegar fosse diverso da suo padre, che si stesse dimostrando un saggio principe. Eppure solo con la pazzia si poté spiegare quel suo insensato gesto. Lui, uomo sposato con due figli che rapisce la ragazza amata e promessa sposa a un altro. Un’azione che sarebbe venuto spontaneo assegnare a suo padre. Le speranze che i Sette Regni avevano posto in Rhaegar si erano dissolte in una folle passione.
    A Vecchiacittà Renly era riuscito a procurarsi un ritratto di Rhaegar, uno dei pochi che si erano salvati dalla distruzione attuata da Robert per cancellare la presenza di quella fonte di sofferenza. Quel dipinto l’aveva pagato un cifra esorbitante, ma la curiosità era troppa. Il giovane dipinto era bellissimo, ma più dei fluidi capelli argentati, più degli occhi che splendevano di oscurità, era l’espressione del viso la bellezza di quel principe, un espressione di profonda malinconia. “Malinconia”. Questo sentimento aleggiava nell’aria tutta intorno e si posava su ogni pietra.
    Ormai aveva deciso: avrebbe fatto rivivere queste rovine, avrebbe ridato splendore all’antico palazzo e le feste e i balli avrebbero scacciato la malinconia. “E forse anche l’uomo del quadro sorriderà.”

    «Renly si sta trattenendo troppo.» Disse preoccupato Beric scrutando nella macchia.
    «Non avresti dovuto lasciarlo andare da solo.» Lo rimproverò Bryce.
    «La vostra devozione mi lusinga, ma non dovete angustiarvi inutilmente.»
    «Renly!» Esclamò Edric appena lo vide. «Bryce continuava a dire che eri stato catturato dal fantasma di Aegon.»
    Renly sorrise. «E invece purtroppo sono qui, avrei volentieri incontrato lo spirito di Aegon per chiedergli cosa è successo qui quella tragica notte.»
    «Certe cose è meglio non saperle.» Si intromise lord Caron.
    Renly sorrise. «Bryce, per favore, fai chiamare Oiram. Ho finalmente un nuovo lavoro per lui.» Poiché Bryce restava interdetto aggiunse. «Il mastro architetto.»
    «Vuoi costruire una nuova casa, zio?»
    «Sì, Edric. Presto avrai un nuovo palazzo in cui giocare. Ho deciso di ricostruire Sala dell’Estate.»
    «A tuo fratello questo non farà piacere.» Fece notare Beric.
    «A mio fratello non fa piacere niente che gli ricordi i draghi.» Disse Renly, poi si rivolse nuovamente a Edric. «Qui amava venire a suonare l’arpa Rhaegar Targaryen.»
    «Mio padre ha ucciso il principe Rhaegar nella Battaglia del Tridente.» Esclamò fiero il ragazzo.
    «Infatti.» Confermò Renly, sorridendo. «Non credi anche tu che ormai Rhaegar sia stato punito a sufficienza? Mio fratello, tuo padre, verrà volentieri a banchettare nel nuovo palazzo del Principe di Sala dell’Estate.»
    «Chi è il Principe di Sala dell’Estate?» Chiese Edric.

    Nella terza partita: LORD RENLY BARATHEON, principe di Sala dell'Estate.

    Nella seconda partita: WILLAS TYRELL, colui che fece il gran rifiuto.
  • Jon_Re
    00 09/03/2010 00:04
    L’inverno sta arrivando

    Dovetti uscire dall’acqua a malincuore, infatti da li ad un’ora mi attendeva una riunione con i comandanti militari e non che lavoravano per gli Stark a Grande Inverno, la mia famiglia e Lord Bolton. L’acqua gocciolava lungo tutto il mio corpo robusto ed asciutto e prima che riuscissi a trovare un telo per asciugarmi avevo inondato il pavimento col rischio di scivolare da un momento all’altro. Cambiai stanza e dopo essermi asciugato indossai i pesanti vestiti che avevo chiesto di prepararmi: brache pesanti, una maglia di lana, un farsetto anch’esso decisamente imbottito ed il mio miglior mantello legato da una spilla raffigurante un meta-lupo bianco. Tutto era rigorosamente grigio con alcuni tratti bianchi, tranne il mantello che era nero ed orlato di pelle di ermellino. Alla cintura fissai Ghiaccio e mi avviai verso la sala in cui si sarebbe svolta la discussione.
    Uscito dalla parte del forte dedito ai bagni caldi fui colpito da una folata di vento freddo che mi costrinse ad avvolgermi meglio nel mantello. La neve estiva continuava a cadere abbondante, tanto che attendevo da un momento all’altro l’arrivo del corvo bianco da Vecchia Città. Mentre attraversavo il cortile che mi separava dall’ala Sud del castello mi ritrovai a pensare al fatto che Grande Inverno aveva bisogno di alcune ristrutturazioni in vista della possibile invasione che si profilava da Nord. Per anni mi ero ripromesso di far riparare le varie torri cadute, ma poi altri impegni più pressanti avevano distolto la mia attenzione da quel progetto che se realizzato, probabilmente, avrebbe reso un po’ infelice Bran. La pace prosperava nei Sette Regni e non mi attendevo che al di là della Barriera potessero risvegliarsi certe creature e certi problemi. A Sud Robert sembrava avere tutto sotto controllo anche se giungevano strane voci su alcuni movimenti non definibili pacifici.
    Raggiunsi la parte centrale del forte e per prima cosa andai a dare un’occhiata a Cat che nei giorni precedenti era stata colpita da alta febbre e tremiti. Nella sua stanza personale vi trovai: Maestro Luwyn che preparava uno dei suoi intrugli per far abbassare il calore corporeo di mia moglie, il suo assistente, seduta su una sedia la vecchia Nan canticchiava e con due ferri e della lana stava preparando qualche indumento per il suo caro Hodor ed infine Sansa con accanto la sua amata Lady seduta da parte al letto stringeva la mano della madre. Chiesi a Sansa di spostarsi e mi inginocchiai vicino a Catelyn stringendole la mano come prima faceva la figlia sentendo l’immenso calore che la avvampava.
    <<Mia Lady, come vi sentite?>> chiesi stupidamente.
    Lei si voltò guardandomi, ma non rispose.
    <<Il peggio è passato mio Lord. La febbre si sta stabilizzando e continua a calare. Lady Catelyn è però molto debole ed ha bisogno di riposo>> fu Maestro Luwyn ad intervenire.
    <<Allora, mia Lady vi lascio riposare. Tornerò dopo il concilio>> le dissi mentre la meta-lupa di Sansa emise un breve ululato.
    <<Rassicurate i nostri figli e porgete i miei saluti a Lord Bolton>> disse lei con voce flebile.
    <<Come desiderate! >>
    Lei rispose al mio sorriso con un altro sorriso e dopo aver bevuto dalla ciotola che il vecchio maestro le porse si accucciò sul cuscino.
    <<Maestro Luwyn potete partecipare alla riunione o c’è bisogno di voi qui?>>
    <<No Lord Eddard, il mio assistente e la vecchia Nan sono sufficienti>>.
    <<Bene allora andiamo. Tu Sansa stai vicino a tua madre ed aiutala con la tua sensibilità>>.
    A quelle parole la mia secondogenita arrossì e si rimise dove si trovava prima che la disturbassi.
    Io ed il Maestro di Grande Inverno uscimmo dalla stanza e ci dirigemmo alle scale discutendo della malattia improvvisa che aveva colpito mia moglie. Mi rassicurò ancora dicendomi che si trattava della fase conclusiva di una forte influenza forse dovuta alla stanchezza accumulata nel viaggio che lei aveva fatto per andare trovare il padre a Delta delle Acque.
    Arrivati in fondo alla scalinata trovai una guardia a cui dissi: <<Toren, trova Ser Jory Cassel e ricordagli che voglio sia presente al concilio>>
    <<Si signore!>> rispose e si allontanò subito.
    <<E’ diventato uguale a suo fratello>> disse Maestro Luwyn.
    Lo guardai accigliato.
    <<Fratello?>>
    <<Si, quello non è Torn, ma suo fratello Grem>>.
    Osservai la sua espressione divertita e capì l’errore che avevo fatto. A dire il vero era da un po’ che non mi occupavo della milizia cittadina, infatti, Ser Jory ne era divenuto il responsabile e con tutte le cose di cui mi occupavo non avevo dato più peso a quel campo. Inoltre, mi fidavo ciecamente di Cassel e forse ciò aveva accelerato le cose, ma in quel momento mi ero reso conto di qualcosa a cui dovevo porre rimedio.
    Ero preoccupato delle voci giungevano dalla Barriera e le mie ore si dissipavano cercando di trovare il modo per preparare il Nord ad una possibile invasione. I guardiani della notte negli ultimi decenni si erano fortemente indeboliti ed i vari Lord del Sud mandavano alla confraternita solo reietti senza coraggio ed onore. Nei Sette Regni probabilmente gli unici ad apprezzare l’operato dei confratelli in nero erano le genti del Nord che contribuivano alla loro causa in modo frequente e con dedizione, mentre i boriosi Lord del Sud consideravano tutto ciò che circondava la Barriera come una superstizione e la vedevano come un problema degli Stark che erano i soli e diretti interessati secondo loro. Si limitavano a mandare, oltre ai reietti, qualche catapulta solo su richiesta di Robert e probabilmente anche a malincuore. Io avrei fatto di tutto per proteggere il mio popolo e ciò che per secoli era stato sotto il controllo della mia famiglia e che avevo giurato di custodire in nome degli Stark e più recentemente a Robert, ma se tali forse oscure avessero superato il Nord al Sud avrebbero constatato cosa fosse ciò che consideravano Leggenda.
    Mentre esponevo a Maestro Luwyn i miei pensieri arrivammo alle porte della grande sala preparata per la riunione che era sorvegliata da quattro soldati tra cui riconobbi Toren.
    <<Toren ho incontrato tuo fratello e devo dire che è uguale a te tanto che l’ho chiamato col tuo nome. Riferiscigli che può correggermi se sbaglio>> gli dissi.
    <<Si mio signore, non vi conosce ancora. Scommetto che al solo vedervi se la sia fatta addosso>> rispose ghignando.
    <<No non credo, non ho sentito nessun fetore>> risposi entrando nella sala ed udendo le risate dietro di me
    Al tavolo vi erano già alcuni capitani, Bran ed Arya che giocavano coi loro meta-lupi. Il primo ero stato io ad invitarlo dato che oramai aveva sette anni e presto avrebbe iniziato l’addestramento per divenire uomo, mentre Arya aveva insistito per esserci. Inizialmente le avevo vietato la partecipazione, ma come sempre il suo carattere forte le aveva fatto guadagnare un posto a quel tavolo. Era una ragazzina non comune e completamente opposta rispetto a Sansa tanto che dubitavo fosse capace di diventare una Lady anche se apprezzavo molto tutto ciò che faceva ed otteneva.
    Jory Cassel arrivò poco dopo e si sedette coi presenti per attendere i comandanti amncanti, Robb e Lord Bolton. Tra tutti i Lord avevo invitato solo quest’ultimo perché conoscevo le sue grandi doti di stratega ed in un concilio preliminare rispetto ad un probabile futuro concilio di guerra era inutile invitare tutti i Lord a cui comunque avevo mandato comunicazione di cominciare ad effettuare preparativi in truppe, riparazioni e rinforzi di forti. Ai porti avevo fatto intensificare le attività di pesca e la conservazione del pesce in vista del possibile movimento di truppe. Nelle località di montagna e foresta la caccia era ripresa e nei luoghi di coltura i raccolti delle piantagioni già pronte dovevano essere immagazzinati.
    Alla riunione sarebbe mancato Jon, oltre alla Lady mia moglie, in quanto era in viaggio per Capo della Vedova, dove si sarebbe imbarcato per raggiungere Approdo del Re e combattere per guadagnarsi il titolo di Lord comandante delle Cappe Bianche.
    Un soldato entrò nella sala annunciando che mio figlio Robb non avrebbe potuto partecipare per degli imprevisti avuti nel rientro dalla battuta di caccia e contemporaneamente l’arrivo di Lord Roose Bolton che contribuì a far distogliere i miei pensieri dal rammarico di non avere in quella sala il mio primogenito.
    Il Lord dagli occhi di ghiaccio entrò nella sala abbigliato di nero e rosa con sul petto il simbolo dell’uomo scuoiato che tanto timore creava a coloro che lo incontravano. I suoi lunghi capelli corvini erano come sempre lisci ed incorniciavano il viso pallido e privo di qualsiasi espressione. Pensandoci non l’avevo mai visto ridere, ma era un guerriero valido ed anche il miglior stratega del Nord per cui scacciai quel pensiero e lo accolsi con una stretta di mano.
    Con il suo arrivo il tavolo della riunione era pieno. Alla mia destra vi era Lord Roose, alla sinistra il Maestro di Grande Inverno e poi via via tutti i vari comandanti delle principali attività che avrebbero dovuto attivarsi in caso di attacco, fino a giungere in fondo al tavolo dove erano seduti i miei figli in quanto avevano il grado minore rispetto a tutti i presenti.
    <<Signori, l’inverno sta arrivando>> dissi alzandomi <<Voci dal Nord danno notizie di barbari ed Estranei in movimento. E’ tempo di preparativi>>.
    E la discussione ebbe inizio.
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    LadyVeritas
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    Lord Feudatario
    00 12/03/2010 21:21
    C’era odore di corteccia bagnata nell’aria. E di foglie marce.
    Il cielo plumbeo e nero si stagliava sulla pietra, le rocce-uomo correvano verso il cielo. Aveva piovuto molto negli ultimi giorni, eppure nessuno dei suoi fratelli si era rotolato nel fango con lei, nessuno dei suoi fratelli era andato nella foresta, a caccia di scoiattoli e cerbiatti, con lei. Solo sua sorella era rimasta, ma lei sapeva che quella adorava la comodità delle roccia-uomo. Adorava le comodità della vasta e calda caverna ove gli uomini si radunavano e consumavano i loro pasti, davanti al pigro scoppiettare del fuoco.
    Davvero il suo branco si stava disgregando?
    Sapeva che il fratello dal manto candido non sarebbe tornato. Era sceso giù, al sud, insieme al suo umano. I ricordi di bambina le dissero che presto anche quell’umano avrebbe avuto un manto candido. Era sceso al sud per… per cosa? Non ricordava. Anche il lupo grigio e il lupo col nome dell’estate erano lontani, uno ad est e l’altro al nord, verso il freddo.
    Un vago senso di solitudine l’avvolse. Alzò gli occhi gialli e brillanti verso la luna piena. Era così pallida e luminosa ed enorme e bella…
    Il suo naso captò l’aria frizzante e pungente della notte, mentre sotto la pelliccia avvertiva un brivido. Poi, come se provenisse dal profondo ventre, sentì un’ondata rimbombare e il suo ululato proruppe nella notte. La piacque quel suono lungo e regolare, le piacque così tanto che lo ripetè. La nota risuonò potente verso la luna.
    Ululò ancora e la tristezza scivolò via come acqua…

    Arya aprì gli occhi, mentre la chiara luce del mattino l’accecava. Ammiccò, occhieggiando il cielo coperto da un fitto strato di nubi di un bianco accecante. Aveva piovuto molto in quei giorni. E la sua pelliccia si era bagnata spesso… No, quei pensieri non appartenevano a lei.
    Sua sorella Sansa si era già svegliata nel letto accanto al suo. Arya osservò mentre nascondeva cortesemente lo stirarsi delle labbra rosee in uno sbadiglio. Sansa non aveva dormito molto in quel periodo: era stata spesso al capezzale della lady loro madre e solo la notte scorsa aveva potuto recuperare un po’ di sonno. Ai piedi del suo letto, come ad imitarla, anche il suo metalupo fulvo Lady spalancò le fauci in uno sbadiglio silenzioso e la sua lunga lingua ruvida scivolò fuori dalla bocca.
    Arya gettò le pesanti coperte di lato e si sedette a gambe incrociate sul letto. Sansa scrutò il pavimento di pietra della stanza.
    «Dov’è finita Nymeria?»
    «Non lo so, deve essere uscita.» Rispose Arya distrattamente. «Ho fatto di nuovo i sogni da lupo.»
    L’immagine della luna piena si fece improvvisamente vivida nella sua mente, e si sentì stranamente abbattuta.
    Sansa ebbe un brivido, probabilmente ricordando le storie di metamorfi della vecchia Nan. «Non mi sembra una bella cosa. E’ la terza volta questa settimana. Forse ti stai ammalando come nostra madre.»
    «Io sono sanissima!» Gridò Arya rizzandosi sul letto. Si mise a saltare sul materasso ridendo.
    Sansa la fissò contrariata, fino a quando la bambina non saltò anche sul suo letto strillando.
    «Arya! Arya… Per gli dei, vuoi scendere?! Mi… Mi stai tirando i capelli!»
    Arya scivolò sul pavimento ridacchiando, poi si rizzò in piedi con un'unica mossa e fece una goffa reverenza. «Non volevo sgualcire i capelli di milady. Chiedo umilmente scusa.»
    Sansa corrugò la fronte. «Smettila! Lo dirò a septa Mordane se…»
    Arya scimmiottò la sua voce acuta. «Lo dirò a septa Mordane se… gne gne gne gne…»
    La sorella maggiore sbuffò, arresa. Scese dal letto e iniziò a lisciarsi i lunghi capelli ramati. Arya fissò la loro lucentezza con invidia. I suoi capelli erano di uno spento e sciatto color castano.
    “Che schifo… Non è giusto.” Voltò le spalle alla sorella e si sentì improvvisamente piena d’amarezza. Lei era rimasta lì a Grande Inverno, sola con sua sorella e la lady loro madre ancora convalescente.
    “Bran e mio padre sono andati al nord… Oltre la Barriera…” Sentì un brivido lungo la schiena, pensando agli estranei, e a ciò che la vecchia Nan raccontava davanti al camino la sera. No, in effetti, forse non era così desiderosa di seguirli. Ma Jon… Jon li aveva lasciati per sempre.
    Per un attimo sentì le lacrime salirle sugli occhi, ma le respinse in dietro con forza. Jon strava andando ad Approdo del Re, per indossare la cappa bianca. Ricordava ancora il giorno in cui si erano salutati, lui le aveva scompigliato i capelli e l’aveva chiamata “sorellina” e poi… Poi era andato al sud per partecipare a quello stupido torneo e per indossare una stupida cappa bianca. Si chiese se l’avrebbe rivisto.
    “Non importa…” Si disse, cercando di non pensarci. Il lord suo padre aveva detto che era stato un onore per Jon servire un re come Robert. Fissò la finestra ancora una volta, il cielo bianco la guardava, infinito. Si sentiva in gabbia, in prigione.
    Davvero il suo branco si stava disgregando?
    Eppure… Eppure aldilà di quelle mura Nymeria era da qualche parte nella Foresta del Lupo, correndo e cacciando. Era senza i suoi fratelli, certo, però… Però non erano sole. Arya aveva Nymeria e Nymeria aveva Arya. Fino a quando sarebbero state legate dai sogni di lupo, sarebbero state inseparabili, come una sola persona. Il pensiero le piacque talmente che le strappò una risata.
    Sansa, intenta a farsi vestire dalla serva, la guardò incuriosita. Arya per tutta risposta le mostrò la lingua.
    «Perché poi sei così felice in una giornata nuvolosa come questa…» Commentò Sansa altezzosa.
    «Io sono felice quanto mi pare. Ho i sogni di lupo.»
    La voce della sorella era sprezzante. «Sogni del genere li hanno solo i metamorfi.»
    «Allora io sono un metamorfo e ti lancio una maledizione di lupo!» Esclamò Arya, assumendo aria mistica. «Perderai cento capelli per ogni giorno, fino a quando non ti ritroverai un unico capello in mezzo ad una testa pelata come un uovo!» “E poi magari ti rubo tutti i capelli, e la gente riderà di te, mentre io avrò capelli ramati e sarò bella…”
    Sansa arrossì dalla rabbia, mentre Arya si buttò sul pavimento ridendo. «Ah, ah! Ce la vedo una Sansa calva!»
    «Vedremo chi riderà quando questa mattina quando dovrai allineare i punti.»
    E fu come se sul volto di Arya fosse piombata una cupa nuvola nera.
    Si era dimenticata: l’avrebbe aspettata un’intera mattinata di ricamo.

    Arya della Casa Stark
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    "il mio cinema o si ama o si odia" Quentin Tarantino
    "Adoro l'odore del Napalm di mattina... ha il profumo della vittoria." Apocalypse Now.
    "E strisciando sulla superficie del pianeta degli insetti chiamati razza umana persi nel tempo, e persi nello spazio e nel significato." The Rocky Horror Picture Show.
    "Tyrion Lannister aveva voglia di ridere. E aveva voglia di piangere. Ma, più di ogni altra cosa, aveva voglia di Shae." aSoIaF
    "Ci sono poche cose per cui vivere a questo mondo: i seinen, le Cronache e i film di Quentin Tarantino." la sottoscritta.

    [Modificato da LadyVeritas 13/03/2010 16:38]
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    Ser Andrew
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    00 14/03/2010 15:53
    Lord Randyll (1): Matrimonio in Casa Tarly
    Quella notte la sala grande del castello di Collina del Corno risuonava di musica e canti. Quella notte la luce delle torce rischiarava ogni parte della sala, dando l'illusione che il giorno non fosse ancora finito. Quella notte i lunghi tavoli a cavalletto reggevano enormi piatti di maiale al forno, sformato di cervo, patate dolci e, soprattutto, un immenso esercito di caraffe piene di vino di Arbor.
    Poche ore prima la figlia di Lord Randyll Tarly, signore di Collina del Corno, si era sposata con Perros Blackmont.
    E quella notte bisognava bere.

    Ser Hyle Hunt aveva appena ricevuto un sonoro ceffone da Jynessa, sorella maggiore dello sposo ed erede di Blackmont.
    QUESTE DORNIANE NON SONO CERTO PREDE FACILI pensò tra sé e sé Lord Randyll.
    Ser Hyle era il capitano della guardia di Collina del Corno e, trovato il coraggio nel vino, aveva avanzato proposte oscene alla fanciulla, nonostante essa fosse di lignaggio decisamente più alto di lui.
    "Suvvia milady" Ser Hyle non si dette per vinto "vi chiedo solo di baciare la mia spada!".
    L'occhiata di Lady Blackmont fu glaciale. Le mani degli ospiti dorniani si mossero verso le spade...
    "Hyleeeee!"
    La voce di Lord Randyll era imperiosa. Una voce abituata a dare ordini sul campo di battaglia. Una voce che non ammetteva replica.
    La musica cessò, le voci dei festeggiati si spensero d'un botto.
    "Pezzo di somaro! Un'altra battuta del genere e non avrai più una spada!"
    Nonostante il vino, Ser Hyle capì di avere esagerato e si scusò con i Blackmont e con tutti gli altri ospiti.
    La musica e il brusio ritornarono e la festa continuò come prima.

    "Grazie milord!"
    Lady Larra Blackmont, madre dello sposo, sorrise al Lord di Collina del Corno. Un sorriso caldo ed enigmatico...
    UN SORRISO DA DORNIANO
    "A volte basta un nonnulla per tramutare una festa in una tragedia. Ma il vostro intervento ha placato gli animi. Ve ne sono grata!"
    "Milady, sono io che sono grato a voi per aver saputo soprassedere a questo incidente. Vi assicuro comunque che Ser Hyle domani sarà costretto a fare un bel bagno freddo di prima mattina!".

    Da secoli tra Blackmont e Tarly non correva buon sangue. I primi, alfieri dei Martell, non riuscivano ancora a perdonare ai secondi, alfieri dei Tyrell, l'occupazione del Dorne da parte delle genti dell'Altopiano. Moltissimi anni erano passati ma solo negli ultimi tempi dorniani e abitanti dell'Altopiano si erano riavvicinati, quando, durante l'ultima guerra, avevano combattuto entrambi sotto le insegne di Aerys II.
    ED ORA CON CHE OCCHI CI VEDRA' IL NUOVO RE?
    Sia i Tyrell che i Martell avevano perso quella guerra ed ora sul trono di spade ad Approdo del Re sedeva quel Robert Baratheon che entrambi avevano combattutto e che, anche se li aveva perdonati, di certo non aveva dimenticato nè la battaglia di Ashford, nè le milizie dorniane sul Tridente.

    "Signori"
    La voce stentorea di Lord Randyll fece tornare nuovamente il silenzio nella sala grande.
    "In quanto padre della sposa e padrone di casa tocca a me alzare il bicchiere e proporre l'ultimo brindisi!"
    E un urlo festose percorse tutto il salone.
    " Brindiamo dunque ad un nuovo tempo di pace e buon vicinato! Brindiamo all'unione tra Perros e Talla!
    Oggi ho tolto dalle spalle di mia figlia il mantello col cacciatore e Perros le ha cinto la schiena con l'avvoltoio. Da ora innanzi, ne siano testimoni gli Dei, le famiglie dei Tarly..."
    "Urrraaaahhh!!!!" gridarono gli uomini di Collina del Corno, capeggiati dal sempre più brillo Ser Hyle.
    "... e dei Blackmont..."
    "Urrraaaaahhh!!!" gridarono gli ospiti dorniani.
    "... sono unite da sacro ed inviolabile vincolo!"
    "Urrrrraaaahhh!!!" gridarono in coro tutti gli astanti.

    La cacofonia delle voci e della musica assordava l'ambiente. Il vino di Arbor, dono di nozze di Lord Redwyne, scorreva a fiumi. Danzatori volteggiavano al centro della sala mentre i commensali assaltavano all'arma bianca le pietanze. Le torce rischiaravano e scaldavano il castello. Quella notte era una festa e nessuno, nemmeno quel crapulone di Ser Hyle, avrebbe potuto rovinarla...

    MA COSA ACCADRA' DOMANI?
    [Modificato da Ser Andrew 14/03/2010 15:56]


    Io sono Balon Greyjoy, il Coraggioso, il Benedetto, il Creatore di Vedove, il Figlio del Vento Marino e l'Erede di Pyke.

    E pago il prezzo di ogni cosa con il ferro.







    *** TIME LINE ***
    nella seconda partita (entrato in corso): Arianne Martell
    nella terza partita: Lord Randyll Tarly
    nella quarta partita: Gran Maestro Pycelle
    nella quinta partita (fino al turno 18): Re Aerys il Folle
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    Mance
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    00 15/03/2010 02:38
    La pace del Re
    “Ahahahahah”, quella risata gioviale correva tra gli alberi. “Sei lento! Ahahahahah!”
    “Se ti prendo non garantisco un comportamento signorile!”, minacciò un sorridente Robert.
    Una sagoma sghignazzante passò repentina alla sua sinistra. Robert si voltò in tempo per vederla aggirare, nel suo vestito color grigio perla, quell’immenso e rugoso albero che, ad uno sguardo più attento, si dimostrò essere un albero cuore. Il volto scolpito era felice, particolarmente sorridente.
    “Ahahahah… non mi prendi se resti li impalato!”, lo ridestò quella voce femminile.
    “Adesso sei mia!”, Robert schizzò al di là dell’albero e alla ricerca di quella donna.
    “Non mi troooovi!” avvertì ironica.
    “Ancora per poco!” rispose divertita la voce dell’uomo… E i due si rincorsero ancora nel fitto di quel parco.
    Improvvisamente però, ormai a decine di metri di distanza, quel viso scolpito mutò espressione, non nel sorriso, ma nello sguardo. La giovialità che prima traspariva da quelle pupille incavate adesso lasciava spazio all’angoscia e due rivoli di resina rossa presero a sgorgare copiosi giù dagli occhi, fino a terra.
    “Sei in trappola!” esclamò allegramente Robert , quando la donna si trovò dietro ad un gigantesco albero-diga, attorniata da una sorta di muro di rovi che rendeva la via da dove era arrivata, l’unica di accesso a quel piccolo anfratto nascosto.
    Improvvisamente lei rise divertita, “Ne sei sicuro?”
    “Certo!” concluse soddisfatto Robert. Ma la donna aveva ragione a ridere di lui, poiché da dietro l’albero l’uomo non vide uscire quella splendida fanciulla, ma un metalupo color del ghiaccio, tanto selvaggio e letale, quanto sinuoso e bellissimo e con lo sguardo profondo e gentile della donna inseguita.
    “Beh, che fa il potente Robert Baratheon, si spaventa forse?” disse l’animale aggirandolo.
    Robert non capiva… “Io… io… ma cosa…”
    Improvvisamente dal fianco sinistro del lupo provenne un fragore e subito dopo, quella sorta di paradiso verde e contorto lasciò spazio a un vortice di fuoco e fumo. Robert cominciò a sudare preoccupato mentre il metalupo era nervoso, ma non per quell’evento, piuttosto pareva preoccupato per la sua reazione.
    Robert capì. “Esci bastardo!”, urlò con disprezzo alle fiamme, e subito un drago argenteo ne uscì, fiero e nel contempo possente, ma con lo sguardo colmo di una malinconia che persino la determinazione di Robert stava lasciando spazio alla compassione. Tuttavia il Signore di Capotempesta si ritrovò improvvisamente nella sua armatura con la sua mazza in pugno e questo gli diede coraggio, a tal punto che presero largo dentro di se il disprezzo e la rabbia per quella creatura, sentì montare la furia… la furia della tempesta… la furia dei Baratheon.
    Nel momento in cui ogni suo muscolo si preparava a scattare udì l’urlo di quella donna, o di quel lupo, ormai non era più sicuro che cosa fosse di preciso.
    “Smettetela! Ora basta!” la sagoma del lupo prese nuovamente la forma della donna nel suo splendido vestito color grigio perla.
    “Guardati Robert! Smettila! Sei solo rabbia e rancore!”
    “Parli a me? A meee?” urlò, “Nulla per lui? Lui che ti ha…”
    “So bene cosa ha fatto e cosa non ha fatto! …e ha pagato!”
    “No donna! Mille e mille vite non basteranno a ripagare quello che ha commesso! Mille mazze scagliate contro il suo petto morente, non sazieranno la mia sete vendetta!”
    “…e nulla di tutto ciò potrà cancellare il passato!”, concluse la donna.
    “Lyanna io…”.
    “No Robert, non puoi inseguire il suo fantasma per tutta la vita. Tu che puoi vivi al meglio quello che ti sei conquistato e non abbandonarti a tristi ricordi e ad altrettanto tristi sentimenti di vendetta!”.
    “Io vivo benissimo! Sono il Re! Chi potrebbe vivere meglio di me! Avresti potuto essere al mio fianco e invece sei qui con lui… avrei potuto darti…”
    “Darmi cosa, Robert? Guardati! Sei l’ombra dell’uomo che eri! Stai mettendo su un chilo dopo l’altro, il tuo alito puzza sempre più spesso di vino e non sai nemmeno cosa significa la parola ‘dovere’. Guardati Robert! Ora svegliati e rifatti una vita, fai pace col passato, con te stesso, col tuo popolo e col tuo scranno, cercati una moglie devota e dimenticami, almeno qui lasciaci fuori dalla vendetta e da ciò che l’uomo reputa giusto o sbagliato, almeno qui… lasciaci vivere!”

    La sua faccia sbatté pesantemente contro il pavimento. In bocca, il gusto del vino, di qualcosa di non digerito e del sangue. Provò a rialzarsi, ma ci riuscì solamente al terzo tentativo. La testa girava, la stanza anche. Si concentrò e si guardò attorno. Sul pavimento una brocca rovesciata, sul tavolino una seconda ancora con del vino dentro, nel letto il corpo sinuoso di una donna con la pelle color del rame che si stava destando.
    “Il mio Re forse desidera che questa emh, ‘dama’, sia accompagnata segretamente alla sua emh, ‘magione’?”
    Per poco Robert non cadde per lo spavento. Varys era li a pochi passi, col suo sorriso mellifluo e quello sguardo che trapelava ben altro.
    “Si Varys… forse è meglio. Sbrigati!”.
    “Bene perché fra poco ho concilio con Pycelle, dobbiamo amministrare in vostra vece un caso di giustizia…” disse sarcastico l’eunuco.
    Mentre Varys e quella ragazza uscivano da un passaggio segreto dietro il camino, Robert prese la brocca che stava sul comodino e si avvicinò al grande specchio posto vicino all’ingresso. Era nudo. Era ingrassato. Era sbronzo. I capelli erano unti, così come la barba. Fece per tracannare il vino della brocca ma sentì una voce appena percettibile “fai pace col passato, con te stesso…”.
    “Aaaaarrrrrgggggghhhhh maledetta te!”, la brocca si schiantò sullo specchio, frantumandolo.
    Subito la porta si aprì e due donne di servizio si assicurarono che non fosse successo nulla di grave.
    “Aaaahhhhh smettetela! Portatemi acqua calda…. Tanta! E dei vestiti puliti ed eleganti!” poi aggiunse, “…ma comodi!”.

    Quello che uscì dalla stanza era un Robert nervoso ma almeno era pulito e profumato, anche se il mal di testa e il bruciore di stomaco lo accompagnavano passo dopo passo. Nel recarsi nella Sala del Trono incrociò la Sacerdotessa Rossa, che vedendolo a quell’ora del mattino e in ordine più del solito disse sarcastica e inarcando un sopracciglio:“Buongiorno Robert, mattiniero oggi… c’è qualche festa di sotto, della quale non ne sono a conoscenza?”
    “Fottiti donna!” rispose Robert passando oltre, senza fermarsi, “…vai a bruciare le palle a qualcun altro!”
    Il sarcasmo della Donna Rossa si trasformò in rabbia “Fossi in voi rispetterei maggiormente un sacerdote del Dio della luce!”
    “Fossi in voi rispetterei maggiormente il Re!”, concluse Robert voltando l’angolo e lasciando il corridoio ad una impettita Melisandre.

    La porta si aprì. Robert vide lo stupore tra i presenti: Varys e Pycelle alla destra e alla sinistra del Trono di spade, ciascuno affiancato da un paggio, due soldati della guardia cittadina coi volti pieni di lividi e un uomo in evidente difficoltà che, dai vestiti, pareva un oste.
    “Beh? Che succede?”, ruppe il silenzio il Re, una volta sedutosi sul Trono.
    “Stiamo giudicando una questione delicata mio Re, ma tediosa e noiosa per le vostre orecchie Sire” esordì Pycelle dopo l’inchino di tutti i presenti.
    Robert stava imprecando quando sentì, flebile, quella voce, “Fai pace col passato, con te stesso, col tuo popolo e col tuo scranno…”. Strinse i pugni e ordinò qualcosa che gli altri non capirono al paggio che lo aveva affiancato.
    “Pycelle, le mie orecchie necessitano del tuo aiuto solo quando fanno male e comunque se questo ti viene richiesto, o sbaglio?”.
    “No no… non sbagliate Sire, scusate la mia impudenza… non volevo offendervi”, concluse pallido il gran maestro.
    “Sire,” intervenne Varys “questi due membri della guardia cittadina hanno arrestato due malviventi e nel farlo hanno provocato dei danni al locale di Benfred, peraltro uno dei più rinomati di Approdo”.
    “Mio sire,” intervenne un Benfred tremante “le guardie erano ubriache e i così detti malviventi erano uomini onesti che avevano al loro cospetto delle dame, che questi due volevano possedere”.
    “Taci, tu! Come osi infangare l’operato della guardia cittadina, tu che mantieni serpi e traditori nella tua locanda!” intervenne Pycelle.
    “Perché, Benfred, Pycelle dice questo?” chiese Robert.
    “Perché, mio Re, uno dei due uomini arrestati era mio cugino e lavorava nel mio locale da oltre sei anni. Una delle dame era sua sorella Mathja, da poco giunta in città da Rosby”.
    “Bene…” sospirò Robert mentre prendeva a sorseggiare un liquido giallastro portatogli dal paggio.
    “Possiamo sentire la testimonianza dei due arrestati?”
    “Mio Sire,” intervenne fiera una delle guardie “dubito che quei due possano parlare prima di un paio di settimane! Li abbiamo sistemati e sbattuti in cella per oltraggio alla guardia cittadina”.
    “Ah… e la locanda ha molti danni?” chiese di nuovo a Benfred.
    “Si maestà, solo coi lavori di ripristino resterò chiuso almeno una settimana, ma per ripagarmi dei danni non basterà un mese di lavoro… e poi… beh… non ho più visto mio cugino…”.
    “Sono affari del Re ormai. Il destino di vostro cugino appartiene alla corona, non a voi!”, concluse Pycelle.
    “Fai pace col passato, con te stesso, col tuo popolo e col tuo scranno…” senti nuovamente Robert.
    Sbuffò! La testa girava e Pycelle era fastidioso come uno sciame di mosche su di una tavola imbandita, poi quelle guardie… povero Benfred… aveva sicuramente ragione ma non poteva andare contro la guardia cittadina. Poi alzò lo sguardo e vide il ghigno delle due guardie che osservavano il locandiere… e ancora… “Fai pace col passato, con te stesso, col tuo popolo e col tuo scranno…”.
    “Aaahhhh, dannata Lyanna!” pensò…
    “Bene Benfred, sono costernato” iniziò Robert e subito il ghigno delle due guardie si fece più spavaldo “…si, sono costernato che tu debba tenere chiusa la locanda per una settimana, sono costernato che tu debba ricomprarti tavoli, sedie e bicchieri… e se non ottime bottiglie di vino andate rotte nella rissa… perdonatemi…” aggiunse rivolto alle guardie “…nell’arresto. Sono costernato per la sorte di vostro cugino, il suo compare e le loro dame… tuttavia credo che il risarcimento di 15 corone d’argento da parte della corona e sei mesi della paga di queste due guardie, possono alleviare il fastidio procuratovi…”
    “Ma mio Sire…” tentò l’intervento Pycelle ”…forse il vino che state bevendo…”.
    “Taci Pycelle, sto bevendo un decotto di biancospino che è praticamente del piscio di cavallo… e questo già mi rende abbastanza nervoso, poi la tua voce mi… mi… come dire… mi acuisce il mal di testa come potrebbe fare una morsa alle mie palle… non so se ci intendiamo…” poi rivolgendosi ancora al locandiere “…e naturalmente Pycelle si occuperà di vostro cugino a dovere, data la sua leggendaria bravura nel curare… anzi stavo pensando che mio fratello Stannis a Roccia del drago necessita del tuo parere per sua figlia… potresti recarti la dopo aver curato il parente di questo locandiere. Che dici Pycelle?”
    Il panico colse Pycelle, “Maestà ma voi, senza un…”
    “Non preoccupatevi, può venire Cressen ad Approdo per servirmi!” disse un Robert sorridente.
    “Ma mio Sire, Cressen è vecchio e voi…”
    “Io sono il ritratto della salute!” disse divertito, battendosi la mano sulla pancia ormai marcata.
    Pycelle prese coraggio, “Maestà, voi non potete…”
    Questa volta la voce di Robert divenne secca e tagliente come una lama. “Non dirmi quello che posso o non posso fare Maestro! Non ti conviene! Ora vai a curare quel fottutissimo poveruomo poi ti imbarchi sulla prima nave per Dragonstone e se rimetti piede ad Approdo senza il mio permesso ti faccio fare il giro del fondo delle pulci nudo come il cane che sei! Chiaro?”
    “Si Maestà!”.
    Un Pycelle paonazzo lasciò la stanza, seguito dalle due guardie attonite e da un divertito e riconoscente Benfred.
    Varys sorrideva.
    “Cos'hai da ridere tu?”
    “Quasi quasi non vi riconosco maestà, devo attendermi anche io delle sorprese?” disse divertito ma cauto nel contempo.
    “Fottiti tu e le palle che non hai!”, la testa girava ancor di più dopo quello sfogo d’ira.
    “Bene Maestà, questo mi fa piacere, vuol dire che non mi attende nulla”.
    “Ahhhh taci, prendi della pergamena e scrivi…”
    “Ma Sire, non sono mica….”.
    “Scrivi, dannato te! Se te lo dico vuol dire che ho bisogno di te no?”.
    “Perdonatemi Maestà, ho frainteso. A chi devo scrivere?”.
    “Mace Tyrell, Doran Martell, Hoster Tully, Tywin Lannister, Jon Arryn, Balon Greyjoy ed Eddard Stark”.
    Varys si bloccò per qualche istante, poi si riprese e cominciò a prendere la pergamena.
    “Ah Varys…”.
    “Si Maestà?”.
    “Vi piacciono i tornei?”

    [Modificato da Mance 15/03/2010 02:42]


    Sono stato Mance Ryder, capo dello spionaggio di Robert Baratheon...
    Sono stato Eddard Stark, Primo cavaliere di Viserys Targaryen...
    Sono stato Robert Baratheon, fatto a pezzi perchè... troppo bello e abile nello scappare di prigione...
    Sono stato Salladhor Saan, l'ultimo uomo senza Re...
    Sono stato The white walker, colui che cammina nella Notte.
    Sono stato Mace Tyrell, il BELLISSIMO!!!

    Ed ora sono.... Il Buon Padre





    Guardalo negli occhi, fino a che lui, ringhiando, entrerà nei tuoi col suo sguardo... solo allora ti angoscerai... non per paura, bensì per aver compreso il significato della parola fierezza.
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    Ser Alexander Drake
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    00 15/03/2010 16:08
    Dall'alto del balcone del suo solarium, lord Mace Tyrell osservava lo splendido panorama di Alto Giardino. In quella mite giornata estiva si trattava di una vista assolutamente splendida, qualcosa in grado di acquitare anche l'animo più turbato, il solarium del lord dell'Altopiano era una stanza semicircolare e il balcone ne circondava la metà rotonda, nelle giornate di bel tempo, tutt'altro che rare da diversi anni a quella parte, era possibile aprire tutte le portefinestre della stanza facendone di fatto diventare il balcone un'estensione e percorrendolo tutto era possibile spaziare con lo sguardo su gran parte della città da quell'altezza. Lord Mace era in piedi di fronte alla ringhiera in quel momento, godendo di un'ottima vista di Alto Giardino, dei suoi edifici che parevano costruiti in perfetta armonia con i boschetti di alberi che punteggiavano la città in vari punti, dei suoi fiumiciattoli, dei campi che la circondavano e del fiume Mander.
    Eppure, nonostante tutto questo, il Lord Protettore del Sud in quel momento era inquieto.
    A dargli da pensare erano diverse cose, da un lato quasi scalpitava di euforia per via della lettera che teneva in mano, dall'altro però la presenza alle sue spalle lo rendeva decisamente nervoso.
    <<Sembra che i tuoi figli ci stiano mettendo parecchio tempo a rientrare>> disse lady Olenna Tyrell, sua madre, la Regina di Spine come la chiamavano alcuni << Spero bene che non abbiano preso uno dei difetti del loro pigro padre a questo punto.>>
    <<Sono usciti per una passeggiata, madre, ci impiegheranno il tempo che ci impiegheranno ad arrivare.>> replicò Mace in tono in parte paziente, in parte lamentoso e in parte teso. Il tono tagliente della madre lo metteva spesso a disagio quando erano soli.
    <<Immagino di sì>> fece ancora la Regina di Spine, che in quel momento se ne stava sprofondata in una poltrona situata a ridosso della parete del solarium <<spero solo che non ci impieghino troppo, il tempo non è male, ma sarebbe fastidioso se cominciasse a tirare vento qua fuori. E mi andrebbe anche del latte fresco con qualche goccia di miele nell'attesa. Destro, Sinistro? Uno di voi due muova quelle terga maledizione.>>
    Una delle guardie del corpo di lady Olenna, che lei chiamava Destro e Sinistro in quanto erano due armigeri, di nome Arryk ed Erryk, gemelli e assolutamente identici, si mosse sollecita dalla sua posizione a lato della poltrona dell'anziana donna, fece un rapido e cortese inchino di congedo al lord dell'Altopiano e uscì dal solarium per andare a ottemperare alla richiesta della sua padrona.
    Mace dal canto suo ignorò come meglio poteva quell'esibizione della madre, tutt'altro che inconsueta, specie negli anni della vecchiaia della donna e tentò di tornare a concentrarsi sul panorama, ma i suoi pensieri viravano sempre, inesorabilmente, sulla ragione di quell'attesa.
    Si udì bussare alla porta dall'interno della stanza.
    <<Avanti>> disse lord Mace rientrando.
    <<Padre,>> esordì il suo primogenito, Willas, facendo il suo ingresso nel solarium. <<abbiamo saputo che hai comandato di vedere i tuoi figli subito appena rientrati, ebbene eccoci tutti qui.>> Willas si fece da parte ed entrarono tutti gli altri, Garlan con il suo portamento sempre da perfetto cavaliere, Margaery che gli rivolse una lieve riverenza di saluto come una perfetta lady e Loras, orgoglioso e spavaldo come sempre, che invece si inchinò di fronte al padre in maniera fin troppo formale. E Mace riteneva di conoscere bene il motivo di quel gesto.
    <<Salute, Padre.>> fece Garlan con un cortese cenno del capo.
    <<Perdona se ti abbiamo fatto attendere,>> disse Margaery <<forse ci siamo spinti un po' troppo lontano, ma non credevamo che saremmo stati convocati così a breve.>>
    <<Ora tuttavia siamo qui, lord padre, e siamo ansiosi di ascoltare quanto hai da dirci.>> concluse Loras rialzandosi.
    <<Bene bene, figli miei, benarrivati.>> li apostrofò Mace accogliendoli. <<Vi prego, seguitemi qua fuori, è una così bella giornata, sarebbe un peccato trascurare di godercela a pieno. E inoltre c'è una persona che vorrebbe vedervi.>> Aggiunse poi, come ricordandosene solo in quel momento.
    <<Nonna!>> esclamò Margaery appena uscita sulla terrazza, correndo ad abbracciare Olenna. <<Non ci aspettavamo di trovarti qui.>>
    <<E perché mai?>> la rimbeccò l'anziana donna in tono scherzoso. <<Dovrei forse stare lontana dai miei nipoti e lasciarli soli in balia del loro padre in momento come questo? E voi tre lì, omaccioni, non statevene fermi impalati come stoccafissi! Venite a salutare la vostra vecchia nonna.>> Aggiunse all'indirizzo dei maschi.
    Willas abbracciò e baciò anche lui la nonna, Garlan e Loras invece furono più contenuti, seppur ugualmente felici di vedere lady Olenna, e si limitarono a un cortese baciamano e a degli affettuosi baci sulla guancia.
    <<Era ora comunque>> disse poi Olenna sempre scherzando coi nipoti. <<Cominciavo a disperare che sareste giunti prima che io diventassi ancora più vecchia e incartapecorita. Oh ecco Sinistro con il mio latte, o era forse Destro, accidenti vai a saperlo... meglio di così non potrebbe andare.>> Il corpulento armigero era riapparso proprio in quel momento. Passò il bicchiere con latte e miele all'anziana donna e poi tornò a prendere posizione a lato della sua poltrona, dalla parte opposta rispetto al fratello, entrambi immobili e silenziosi come sempre.
    <<Nonna, noi ti troviamo benissimo, come al solito.>> disse Garlan con un sorriso.
    <<Oh, risparmiami pure le tue galanterie, ser Garlan “il Galante”,>> fece Olenna. <<so fin troppo bene che età ho e cosa questa comporti. Un po' troppo dolce questo latte, ancorché rinfrescante al punto giusto.>> Aggiunse sorseggiando il contenuto del bicchiere che teneva in mano. <<Ora direi che vostro padre ha senz'altro qualcosa di importante da dire, quindi sarebbe meglio ascoltarlo prima che faccia notte. Anche voialtri, lasciateci soli, qui dobbiamo parlare di cose da nobili che di certo non vi competono.>> Congedò le sue guardie del corpo con un gesto e i due grossi gemelli si ritirarono celeri e silenziosi.
    L'attenzione dei rimasti fu rivolta completamente a Mace che li aveva raggiunti in silenzio, sempre tenendo in mano la sua pergamena. La giornata volgeva al termine, il lord sul terrazzo del suo solarium dava le spalle al rosso sole che tramontava su Alto Giardino. E finalmente poté intavolare l'argomento che gli stava così a cuore.
    <<Desideravo conferire con tutti voi oggi>> esordì Mace in tono formale. <a proposito del torneo di Approdo del re.>> E dicendo ciò lanciò uno sguardo significativo a Loras, ma poi fu a Garlan che passò la pergamena.
    <<Il re ha accolto la mia proposta>> proseguì Mace, non senza un certo orgoglio. <<Ci sarà un secondo torneo subito dopo quello riservato alle nuove Cappe Bianche. E mentre Loras concorrerà per diventare lord comandante della Guardia Reale, tu, Garlan, affronterai i più forti cavalieri dei Sette Regni per ricoprire di gloria te e l'Altopiano.>> [C]E anche me![/C] Ma questo non lo disse ad alta voce, non in presenza della madre, che non gliel'avrebbe perdonato e sicuramente ne avrebbe fatto oggetto del suo sarcasmo.
    <<Una seconda giostra dopo quella riservata ai nuove Spade Bianche.>> Garlan lesse la pergamena. Manteneva un atteggiamento contenuto, ma dalla sua voce traspariva eccitazione. <<Due milioni di dragnoni d'oro in premio al vincitore, forse non sarà molto, ma di certo lo spirito di competizione attirerà molto combattenti arditi. Sembra proprio che entrambi avremo pane per i nostri denti, eh fratellino?>> Soggiunse rivolto a Loras, che sorrise a sua volta.
    <<Io lord comandante della Guardia Reale di re Robert e tu campione del regno>> disse <<Una prospettiva alquanto allettante, così come la sfida che ci si prospetta.>>
    <<Di certo sarete entrambi magnifici!>> disse Margaery.
    <<E seminerete terrore fra gli sfidanti con la vostra abilità>> aggiunse Willas più pacato.
    <<E quale sfida sarà>> esclamò Mace, stavolta con aperto entusiasmo. <<I migliori guerrieri del reame a confronto, sto pensando di invitare anche lord Tarly a partecipare, un'occasione perfetta per dimostrare il valore degli uomini dell'Altopiano.>>
    <<Un'occasione perfetta per gettare quelli stessi uomini in un covo di serpi>> la voce della Regina di Spine risuonò secca come una frusta in mezzo a quelle entusiaste del figlio e dei nipoti, che si azzittirono per un istante. <<Forse avete dimenticato tutti che il Sud è in fermento come non accadeva da tempo. Il re ha finalmente acconsentito, dopo anni, a concedere un maledetto processo ai dorniani per l'assassinio di Elia Martell e a rappresentare il Dorne in questo frangente saranno nientemeno che il principe Doran in persona e suo fratello Oberyn, la Vipera Rossa. Vi dice niente questo nome?>> Scoccò un'occhiata tagliente a Willas, che tuttavia restò impassibile. <<E di certo lord Tywin non l'avrà presa bene conoscendolo>> proseguì imperterrita Olenna. <<Oh no, per tutta risposta lui non schioderà il suo culo dorato da Castel Granito e nemmeno si scomoderà suo figlio Jaime, lo Sterminatore di Re, a rappresentare i Lannister la processo sarà lady Cersei, mentre invece il Sandor Clegane accompagnerà suo fratello Gregor al processo e sarà sempre il Mastino a gareggiare come cappa bianca, il Mastino! Figuriamoci, tanto valeva che Tywin mandasse suo figlio Tyrion il Folletto ad ottemperare a entrambi i compiti.>> Lady Olenna fece un'altra pausa, come per riprendere fiato, e suo figlio subito ne approfittò.
    <<Madre>> incalzò in tono perentorio. <<Tu non vuoi comprendere, questa è un'ottima occasione per instaurare nuovi rapporti con le più potenti casate del Westeros e nel contempo di mostrare loro quali uomini di valore e rispettabili siano quelli della casa Tyrell...>>
    <<E anche una ghiotta occasione per mostrare che il lord di Alto Giardino non è idiota quanto si dice>> lo interruppe nuovamente Olenna. <<E risparmiati pure quello sguardo ferito>> aggiunse vedendo l'espressione del figlio. <<Sai qual è il vero problema? Che ho aspettato fin troppo tempo a rinfacciarti tutto questo, se l'avessi fatto già prima probabilmente non saremmo giunti a questo punto.>>
    <<Nonna, ora stai esagerando>> il tono di Willas era mite come sempre, ma aveva un che di secco questa volta.
    La Regina di Spine si interruppe all'improvviso, tutti i giovani Tyrell la stavano fissando, Willas aveva uno sguardo neutrale, ma Garlan appariva sinceramente stupito e Loras e Margaery parevano quasi scioccati dalla sua improvvisa sbottata.
    <<Io non so cosa mi sia preso, lo devo ammettere>> disse, aveva il fiato ancora un po' corto. <<Scherzi della vecchiaia presumo. Meglio che io mi ritiri, sì è meglio. Vi lascio a discutere i particolari del viaggio, senz'altro ne avrete di cui parlare, immagino che vorrete andare tutti ad assistere al grande evento.>>
    L'anziana donna si alzò dalla poltrona e rientrò nel solarium seguita dalle sue guardie del corpo e dai figli di Mace.
    <<Oh sì, nonna>> stava dicendo Margaery, che sembrava aver già superato lo stupore di poco prima. <<Sarebbe splendido andare a corte e assistere al torneo, conoscere tanti nobili e potenti lord e valorosi cavalieri...>>
    <<Eh no, adesso non credere che finisca così!>> Mace li aveva seguiti all'interno della stanza e pareva intenzionato a tallonare la madre e approfittare di quella sua strana ritirata. <<Madre, ho sempre tollerato le tue frecciate, ma oggi hai superato ogni limite. Mettermi in imbarazzo così di fronte ai miei figli, la prossima volta dovrò convocare tutta la corte di Alto Giardino per permetterti di esibirti?>>
    <<Sei proprio ottuso, figlio>> borbottò Olenna a bassa voce, come rivolta a se stessa.
    <<Se io sono quello ottuso tu allora sei una vecchia rimbambita>> ribatté il lord dell'Altopiano imperterrito. <<Forse non sarò abile in battagli come lord Tarly, o non saprò armare e portare una nave bene come Paxter, ma ritengo di aver sempre governato ottimamente le mie terre e a dimostrarlo potrei dirti quanto queste sono fiorenti, oppure come i nostri forzieri siano pieni di oro. E in quanto a diplomazia ritengo di avere pochi pari nel regno.>>
    <<Finalmente>> disse Olenna. <<Quasi un po' di modestia da parte tua, [C]quasi[/C]. Ma ne hai ancora di strada da fare, la diplomazia, figuriamoci!>> Ormai aveva varcato la soglia del solarium ed era arrivata alle scale, sempre con Destro e Sinistro ai suoi lati e il figlio e i nipoti che li tallonavano, questi ultimi assistendo impotenti alla lite.
    <<Sono be altre le cose a cui dovresti pensare>> proseguì lady Olenna. <<Se non fossi così occupato a cercare di farti bello agli occhi degli alti lord del reame forse riusciresti anche a compiere quello che...>> Nell'imboccare il primo gradino l'anziana perse l'equilibrio. Se non ci fossero state le sue guardie del corpo ad afferrarla prontamente sarebbe di certo caduta. Pareva che all'improvviso le mancasse davvero il fiato, il suo corpo minuto era scosso da ansiti.
    <<Nonna, ti senti bene?>> esclamò Margaery.
    <<Nonna!>> le fece eco Garlan.
    Lui e Willas furono subito al finaco della donna. Mace restò immobile invece, come paralizzato.
    <<Garlan, va a chiamare maestro Lomys, presto>> disse Willas autoritario. <<E tu Loras è meglio se riporti Margaery nelle sue stanze, qui ci pensiamo noi.>> Entrambi obbedirono subito, Garlan imboccò le scale di corsa, mentre Loras circondò le spalle della sorella, ormai in lacrime, con un braccia e lei, dopo qualche flebile protesta si lasciò condurre via.
    Lord Mace Tyrell rimase ancora immobile.
    In seguito ricordò ben poco di quanto accadde poi. Ricordò Willas che lo chiamava esortandolo a seguirli mentre, una volta giunto di corsa il maestro con Garlan, riportavano lady Olenna nelle sue stanze. Subito dopo la sua vecchia madre era riuscita, con voce flebile, a cacciare fuori tutti tranne il maestro, quale dal canto suo aveva suggerito di accogliere la richiesta della donna che aveva assoluto bisogno di riposo.
    <<Che cos'ha, maestro Lomys?>> ricordava di aver chiesto.
    Ma a rispondergli era stata la stessa Olenna.
    <<Che cosa vuoi che abbia, grasso scemo di un figlio?>> aveva ansimato. <<Sono vecchia, accidenti.>>
    E su questo aveva dovuto convenire anche il maestro, più tardi infatti, una volta che ebbe lasciato le stanze di lady Olenna anche lui, disse a tutti che secondo lui l'anziana era semplicemente caduta sotto il peso dei suoi oltre novant'anni.

    Nei giorni che seguirono Mace cercò di mandare avanti le cose come se niente fosse accaduto. Convinse i suoi figli a partire nonostante tutto, Willas, Loras e Margaery si diressero verso Vecchia Città dove Paxter Redwyne li attendeva con una nave pronta a salpare per Approdo del Re, mentre Garlan preferì dirigersi verso est a cavallo. Nessuno di loro cercò di nascondere o mascherare lo sconcerto, se non addirittura l'astio, per questa decisione del loro padre, ma fece comunque ciò che veniva loro chiesto.
    Il lord di Alto Giardino dal canto suo si chiuse in un cupo isolamento, passando la maggior parte del suo tempo da solo nelle sue stanze e rifiutandosi di vedere la madre, la quale restava a sua volta costretta a letto. E se da un lato maestro Lomys non portava notizie né di miglioramenti, ma neanche di un peggioramento significativo, tra i cortigiani si diffuse ben presto la notizia che lady Olenna fosse di fatto in fin di vita.
    Mace semplicemente ignorò queste voci, come ignorò qualsiasi tentativo di sua moglie Alerie di consolarlo, limitandosi a seguire nel portare avanti i suoi doveri di signore del Sud e facendo finta di nulla nei confronti di tutto il resto.
    Andò avanti così per alcuni giorni.
    Poi una notte lord Mace venne svegliato all'improvviso da sua moglie nel cuore della notte.
    <<Tesoro, svegliati ti prego>> disse in tono concitato. <<C'è maestro Lomys alla porta, dice che è urgente. Che si tratta di tua madre.>> Gli occhi della lady di Alto Giardino tradivano la sua preoccupazione ed erano ricoperti da un sottile velo di lacrime. Mace si vestì in fretta e furia, all'inizio troppo stordito per dire qualsiasi cosa, e andò alla porta.
    <<Ah, mio signore, eccovi>> esordì il maestro vedendo. <<Meglio affrettarsi, vostra madre vuole vedervi subito e insiste che è urgente. Presto.>> E si avviò senza dare il tempo all'altro di ribattere.
    <<Maestro, per pietà>> disse lord Tyrell andandogli dietro. <<Non potete dirmi qualcosa di più, mia madre è per caso peggiorata o è forse in pericolo di vita? Vi prego, devo sapere!>>
    <<Le condizioni di vostra madre sono...>> tentò il dotto della Cittadella. <<Ecco, non migliori di prima. Ma non è questo il punto. Lei di fatto mi ha mandato a chiamare alcuni minuti fa dicendo che doveva vedervi e io dovevo portarvi da lei immediatamente. Ha detto anche di piombare pure nelle vostre stanze, se necessario, e di portarvi via senza nemmeno darvi il tempo di ribattere, perché...>> Il maestro si interruppe un attimo, imbarazzato. <<Perdonatemi, ma sono parole sue, ha detto che da quel grosso fesso quale siete temeva che mi avreste perso altro tempo e che lei non ha tutta la notte da buttare via.>> Il sapiente rimase in silenzio, come temendo la reazione del suo signore.
    <<Ma pensa>> grugnì quello. <<Mia madre proprio non si smentisce.>> E nessuno dei due disse altro per il resto del tragitto.
    Quando Mace fece il suo ingresso nelle stanze di lady Olenna percepì immediatamente che qualcosa non andava, c'era qualcosa di diverso nell'aria. Dapprima non si accorsi di che cose si trattava, ma poi comprese, la camera di sua madre sapeva sempre vagamente di acqua di rose e lo stesso profumo solitamente contraddistingueva la sua occupante, tuttavia, man mano che sia avvicinava al letto di degenza di sua madre sentiva sempre più distintamente altri odori: vecchiaia, malattia e anche morte.
    <<Madre>> il lord di Alto Giardino scostò le tendine del letto. Quasi non riconobbe la persona che giaceva, apparentemente assopita, sotto una montagna di coperte, poteva scorgerne solo la testa. Olenna Tyrell era sempre stata una donna minuta, ma mai era apparsa così fragile, vecchia e debole. E vecchia.
    <<Madre>> disse di nuovo lord Mace, esattamente come fece quel giorno appena fuori dal suo solarium, sembrava passata un'eternità. <<Madre, maestro Lomys mi ha detto che volevate vedermi, dunque eccomi.>> Non riuscì a proferire altro.
    Olenna aprì gli occhi, quegli occhi castani apparivano acuti e penetranti come in passato, solo offuscati come da un velo. Quando parlò la sua voce era bassa e debole, solamente il suo tono tagliente pareva quello di sempre.
    <<Fesso di un figlio>> disse. <<Era ora, temevo che avrei tirato le cuoia prima che riuscissero a convincerti a porta quel grosso sedere fin qui.>>
    <<Madre, che dite?>> Mace non poté fare a meno di interromperla. <<Voi non potete morire. Non morirete affatto.>>
    <<Oh, risparmiati queste parole vuote>> ribatté lei. <<Tutti noi moriamo. Se il mio momento è arrivato pazienza, vuol dire che è ora. Io ho vissuto una bella vita e posso andarmene serena, un lusso che spesso viene negato a molti. Voi altri vi dispererete, mi piangerete e poi andrete avanti, così va la vita. Tuttavia non posso andarmene con quest'unico rimpianto, devo porre rimedio a quest'unico errore, se mi sarà concesso.>>
    <<Il fesso lord di Alto Giardino, tuo figlio>> fece Mace, non era una domanda.
    <<No>> rispose Olenna. <<Quello... tu non sei un errore. Ciò che sei e ciò che sei diventato è stato forse la conseguenza di alcuni errori, ma non potrei mai arrogarmene completamente la colpa. Immagino che se è andata così non ci si potesse fare granché, no, io mi riferisco al destino della nostra nobile casa, al destino dei Tyrell.>>
    <<Madre, non vi seguo>> il tono di lord Mace era sinceramente confuso.
    <<Siediti>> disse lei. Non essendoci sedie il lord Protettore del Sud si sedette sul grosso letto a baldacchino. <<Io in realtà sono una Redwyne, quindi non dovrei essere io a parlarne, ma dato che sono l'unica rimasta a poterlo fare...>>
    <<A cosa vi riferite?>>
    <<Solo questo. A differenza delle altre nobili casate dei Sette Regni, a differenza di tutti coloro che attualmente possono vantare il titolo di “lord Protettore”, i signori dell'Altopiano non sono mai stati re. Noi discendiamo da un re, noi come molte altre casate del Sud pare, e tuttavia non dobbiamo portare questo peso... forse è questo che ci differenzia da tutti gli altri... questo ci permetterà di compiere il nostro destino...>> La voce della Regina di Spine ora sembrava venire meno.
    <<Madre, non affaticatevi>> esclamò suo figlio. <<Lasciate che vada a chiamare il maestro.>>
    <<No... inutile>> ansimò lei. <<Non ho più tempo... che i Sette Dei lo permettano... Mace, figlio mio...>>
    <<Ditemi, madre>> Mace si fece più vicino, sua madre tirò fuori una mano rattrappita e chiazzata da sotto le coperte. Suo figlio la strinse, dentro vi era qualcosa di soffice.
    <<Diventa ciò che siamo destinati a essere... noi Tyrell...>> La voce di lady Olenna parve venir meno, come il suo respiro, Mace fece per alzarsi con l'intento di andare a chiamare il maestro, ma sua madre percependo il movimento gli strinse la mano, trattenendolo.
    Restarono così per un tempo che Mace Tyrell non avrebbe mai saputo definire, mano nella mano, sua madre non disse altro e lui attese. Rimase con lei fino a quando il suo respiro non cessò del tutto. E allora, solo allora la lasciò. In mano si ritrovò un fazzoletto bianco di seta, lady Olenna lo stringeva già da prima di mandarlo a chiamare e non lo aveva mai lasciato fino all'ultimo respiro. Mace lo osservò attentamente nella penombra della stanza, all'inizio gli sembrò un oggetto perfettamente normale, ma poi colse un particolare.
    Alla fine, quando uscì dalla stanza, trovò maestro Lomys ad attenderlo. Il dotto della Cittadella aveva gli occhi gonfi di sonno, ma era perfettamente sveglio.
    <<Invia un corvo a Vecchia Città, dovrebbe raggiungere i miei figli subito al loro arrivo>> gli disse. <<Fa sapere loro che mia madre è morta.>> Non gli disse altro e si ritirò nelle sue stanze.

    Nei giorni che seguirono lord Mace non volle vedere nessuno. Si fece sistemare un giaciglio nel suo solarium in modo da poter dormire lì e ordinò a maestro Lomys di mandargli una gabbia con alcuni dei suoi migliori corvi. Di fatto non usciva mai da quella stanza. Per un po' lasciò che di tutti gli affari di Alto Giardino si occupasse il suo lord siniscalco, suo zio Garth “il Grosso”, poi suo figlio Willas tornò con Margaery (Loras era stato obbligato a partire con lord Redwyne e Garlan si trovava ancora a est) e da allora fu lui a governare data l'indisponibilità del padre. Mace dal canto suo aveva altro a cui pensare. Rifletté su alcune cose che in passato gli erano sembrate di scarsa importanza e altre che prima invece gli erano parse fondamentali uscirono completamente dalla sua testa. Mandò alcuni corvi, altri li ricevette. Ma per la maggior parte del tempo rimase a rimuginare sulle ultime, criptiche parole di sua madre, “diventa ciò che siamo destinati a essere”. [C]Ciò che siamo destinati a essere[/C]. Mace non era sicuro di avere ben compreso e tuttavia si lasciò guidare dal suo istinto. Il fazzoletto di sua madre rimase su un lato del suo scrittoio per tutto il tempo.
    Poi un giorno Willas riuscì finalmente a entrare. Praticamente fece irruzione nel solarium, quasi di forza.
    <<Padre>> esordì in tono concitato, ma poi incrociando lo sguardo di suo padre la sua voce parve venire meno.
    <<Sì, Willas?>> Lord Mace aveva un tono perfettamente normale, seppure la sua voce fosse un po' roca.
    Willas ci mise qualche momento a ritrovare la voce.
    <<Io... io capisco il vostro stato d'animo, padre>> disse. <<Per tutti noi è dura. Qui però c'è bisogno di voi, vi stiamo aspettando tutti per organizzare i funerali della nonna e anche gli affari di governo e quelli diplomatici necessitano della vostra attenzione. In questi giorni di cambiamenti gli altri alti lord del Westeros cominciano a non comprendere il vostro silenzio e nessuno ha osato dire nulla. Solo io mi sono preso la libertà di parlare della morte di Olenna per giustificarvi laddove non ho potuto evitarlo. E poi c'è il re. Il re sembrerebbe piuttosto contrariato>> e qui Willas arrossì lievemente per qualche motivo. <<Abbiamo avuto un breve scambio di corvi e... insomma, c'è bisogno di voi, dovete reagire.>>
    Mace capì che suo figlio aveva provato quel discorso varie volte prima di quel momento e seppure si fosse un po' perso verso la fine ammirò lo stesso i suoi intenti.
    <<Bene>> gli rispose. <<Allora sarà il caso di affrontare il re prima di tutto. Dopo di che dovremo occuparci anche del resto. Hai ragione, Willas, i funerali di tua nonna vanno organizzati il prima possibile. E sarà meglio anche chiamare qualcuno per portare via la gabbia, sono giorni che questi corvi non si fanno un pasto decente. Vogliamo andare?>> Mace prese il fazzoletto di sua madre e se lo mise in tasca per poi avviarsi insieme al figlio, quest'ultimo ancora vagamente stupito dalla reazione del padre.
    Era una serata tranquilla, nel cielo terso le stelle splendevano su Alto Giardino. La vita continuava.
    ___________________________
    [G][DIM=11pt][C]Lord Randyll Tarly, signore di Collina del Corno, Primo in battaglia.[/C][/DIM][/G]


    Nella seconda partita: Ser Barristan Selmy, lord comandante della Guardia Reale di re Viserys Targaryen III.

    Nella terza partita: Lord Mace Tyrell, Protettore del Sud, Signore di Alto Giardino, Gran Maresciallo dell’Altopiano.

    Nella quarta partita: Bronn, Nero Mercenario divenuto Principe del Dorne.

    Nella quinta partita: Ser Gerold Hightower, il Toro Bianco.

    Nella sesta partita: Brandon Stark, erede di Grande Inverno, il Sangue del Lupo.
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    Lord Yhon Royce
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    00 17/03/2010 00:50
    La caduta di Aspra Dimora, il ritorno di un incubo.... ESTRANEI
    IL DESTINO DI WAYMAR ROYCE

    Il comandante in capo dei Guardiani della Notte aveva richiesto al Primo Ranger Benjen Stark, che fosse lui, ser Waymar Royce, della casata di Runestone, ad andare il ricognizione verso Aspra Dimora, per capire le intenzioni dei Bruti. Già, Mance Rayder, il Re oltre Barriera, sembrava sul punto di voler sfidare apertamente la consistenza stessa della Barriera. Si mormorava che l’ex guardiano avesse arruolato i Giganti ed i Mammoth e solo gli Dei sapevano cos’altro, pur di abbattere la Barriera, sembrava che tutto il popolo oltre Barriera dovesse affiancare questo esercito, di li la missione che ora Waymar stava svolgendo.
    Dopo due lunghe settimane di cammino erano arrivati alle porte di Aspra Dimora, l’avevano guardata da lontano, spiandone i movimenti . Ma nulla faceva presagire a quanto si andava mormorando tra i ranghi dei confratelli. Se ad aspra dimora vi era un esercito , od era molto piccolo o molto ben nascosto.
    Will aveva fatto un paio di incursioni notturne, ed aveva detto che se avessero attaccato la città, più che città si poteva definire un grosso rifugio, loro tre soli, avrebbero riportato una vittoria schiacciante.
    C’erano si le sentinelle, ma erano talmente decrepite che a stento sarebbero riusciti ad impugnare le armi, il resto della popolazione erano selvaggi, uomini, donne, bambini e vecchi, magari qualche cacciatore poteva dare loro filo da torcere ma nulla di che.
    Queste parole dette da un codardo come Will, facevano uno strano effetto, quindi per verificare lui stesso con Gared avevano fatto un paio di incursioni, la cosa incredibile era che Will non aveva esagerato. Se c’erano stati dei guerrieri ad Aspra Dimora, se ne erano andati da un bel pezzo.
    Aveva dato un ultimo ordine a Will, camuffarsi ed entrare in città, per carpire qualche informazione in più.
    Il compito era difficile ma non arduo, soprattutto perché, sebbene fosse piovuto per quasi tutto il tempo del viaggio fino a li, dal loro arrivo fino ad oggi avevano avuto uno tempo splendido.
    La cosa strana era che Will non aveva fatto ancora ritorno dalla sua ultima missione e Waymar temeva il peggio, quindi si apprestava a mandare Gared a recuperare Will, o quel che ne rimaneva se per caso l’avessero scoperto. Lui stesso aveva indossato la sua tenuta da combattimento, sebbene speravo di non farne uso, stava soppesando se indossare la sua cappa di ermellino quando all’improvviso …
    … un freddo penetrante, una sensazione sgradita e viscida che ti serpeggia nelle ossa, ma da cosa proviene, fino a poco fa non c’era in alito di vento, possibile che la temperatura fosse precipitata così in fretta?
    Waymar Royce stava pensando questo quando Will usci di corsa dal bosco, trafelato con la schiuma alla bocca e lo sguardo vitreo.
    “Will ma che diamine sta succedendo? Cosa hai visto un fantasma?” , scherzo Gared
    “Ti hanno scoperto? TI stanno inseguendo? Hai scoperto qualcosa sui guerrieri mancanti?” chiese preoccupato Ser Waymar.
    “Aaarrivano, mmmio ssignoore, stannnno arriiivandoooo…”, disse Will accasciandosi al suolo.
    “Chi Will, chi sta arrivando? I bruti? O peggio?” disse Waymar, rendendosi conto che il freddo stava crescendo di intensità.”Signore peggio dei Bruti non potremmo incotra…” ma il resto della frase morì sulle labbra di Gared, dalla penombra della foresta bagnata dalla luna, avanzavano tre pallide figure scintillanti, come se fossero fatte di ghiaccio.
    “Estranei, mio dio, non ci credo” , Gared, così dicendo, provò a scappare, ma era a piedi e il freddo emanato dalle creature e la oro stessa vista, lo avevano mezzo paralizzato, quindi incespicò sui propri piedi andando a finire lungo disteso dove Will giaceva piagnucolante e rassegnato.
    Waymar estrasse la spada lunga da combattimento e spronò il suo destriero alla carica, “Per Re Robert!!!!” urlò andando colpire una delle pallide visioni.
    Colpire, era sorprendente con quanta velocità queste si fossero spostate al suo arrivo e la sua spada non morse altro che aria gelida, ricoprendosi di una sottile patina di ghiaccio. Il giovane non si diede per vinto e girato lo stallone si diresse verso l’Estraneo più vicino, che attendeva il suo arrivo con una lunga spada di ghiaccio sguainata. Gared e Will erano già morti pugnalati più e più volte dalle altre due figure …
    “Maledetti bastardi, morirete per questo!!!!!Per Re Robert!!!!!” e caricò ancora, ed ancora, finché l’Estraneo, sembro essersi divertito abbastanza e lo colpì duramente al fianco, tagliando tutto ciò che era tagliabile e non.
    Il dolore fu terribile, portava con se il classico dolore delle ferite da spada, con una spiacevole sensazione di bruciore, ma il ghiaccio non può bruciare, vero? O no?
    Cadde da cavallo, e ignorando il dolore, o sforzandosi di farlo si rimise in piedi, deciso che se doveva morire avrebbe venduto cara la pelle, sebbene i suoi precedenti attacchi fossero andati a vuoto.
    In quel momento però, il pallido fantasma, emise un sibilo, simile ad una risata acuta e demente, ma che colpì le orecchie di Waymar, facendogli quasi perdere la presa sulla spada. Will e Gared, nel mentre, si erano rialzati, il che avrebbe avuto un qualcosa di incredibile per due uomini pugnalati a morti fino a pochi secondi prima, ma lo sguardo privo di vita di quegli occhi azzurri faceva capire che dei due Guardiani della Notte non era rimasto nulla se non l’aspetto fisico, occhi a parte. I due presero ad avanzare verso Waymar, braccia tese come per abbracciare il vecchio compagno, ma verosimilmente lo avrebbero strangolato se ne avessero avuto l’occasione.
    Per quanto la ferita bruciasse come se vi avessero buttato dell’alto fuoco acceso, Waymar alzò la spada e combatté contro i contro i corpi non-morti dei due ex confratelli, li mutilò senza pietà, ma non riuscì minimamente a fermare la loro avanzata. Aldilà del bosco, dove c’era il rifugio di Aspra Dimora, si levavano grida di terrore, pianti di disperazione, imprecazioni, rumori di lotta, poi dopo pochi minuti, mentre avveniva lo scontro a cavallo di Waymar con l’Estraneo, tutto tacque, un silenzio innaturale colpì le orecchie del Ranger, anche più dolorosamente del sibilo del Nemico.
    “Sono tutti Morti, sacri Dei aiutatemi, hanno spazzato via una città intera in pochi minuti, cosà può fermare questi maledetti?” disperato per i suoi inutili tentativi di fermare l’avanzata dei non morti, un pensiero sfrecciò come un lampo attraverso la sua mente, “Ora ne arriveranno altri, devo andarmene di qui in fretta!!!”, ma l’Estraeno sembrò aver capito le sue intenzioni perché lo attaccò , scansando i due moncherini dei non morti, si avventò su Waymar, che a stento ne parò i primi tre assalti, per poi tentare un paio di affondi, che furono immediatamente parati.
    Continuarono a scambiarsi colpi, finchè, con uno schiocco, la spada di Waymar si frantumò, ferendolo ulteriormente al volto ed all’occhio sinistro.
    Urlando per la disperazione e per il dolore, Ser Waymar Royce, Ranger dei Guardiani della Notte, cadde in ginocchio, aspettando il colpo finale, la Morte di ergeva pallida su di lui, con occhi azzurri, quasi incandescenti, come solo il ghiaccio ed il freddo sanno essere, la pallida lama di cristallo, non ghiaccio, come era sembrata a prima vista, pronta a colpire ….
    Waymar non ricordò altro di quell’incontro, se non il calore improvviso che lo aveva colpito alle spalle, come se il sole avesse deciso di squarciare le tenebre e dare la sua ultima benedizione al ranger, poi il nulla …
    “Sono morto?Ma perché non ho sentito dolore?Forse il freddo mi ha completamente paralizzato da non sentire più nulla? Allora perché percepisco il mio corpo in movimento? Perché sento il pulsare delle mie ferite? Dove sono? Sento odore di sangue e cavallo, che strana morte è questa.” pensò Waymar.
    “Non sei morto, ” riecheggiò una voce nella sua testa,” sei vivo e stai cavalcando verso la Barriera, di loro che stanno arrivando!!!”
    “Chi sei? Come ho fatto a montare a cavallo? Ero inginocchiato, ferito a morte davanti alla Morte stessa, come ho potuto sopravvivere? Mi hai aiutato tu? Che ne è dei miei confratelli? Hai salvato anche loro? Sto forse sognando?”
    “Ho potuto salvare solo le loro anime, e no … non stai sognando. Di loro che il Nemico di Ghiaccio è tornato, che si preparino o moriranno tutti come ad Aspra Dimora. Addio Waymar Royce, fai riforgiare la tua spada, i pezzi sono nel tuo zaino, la prossima volta sarai pronto a compiere ciò che ogni Guardiano è destinato a fare. Non deludermi, perché l’Inverno sta Arrivando, Loro con Esso e la Barriera non deve cadere, MAI. Addio, Confratello possa la tua spada essere sempre affilata e non vacillare mai.” la voce, così come era venuta se ne era andata, Waymar percepì il freddo farsi più reale, senti pungergli la faccia e spalancò gli occhi di colpo.
    Era a cavallo, e dal solo occhio destro, il sinistro pulsava di un dolore sordo, vide innanzi a se la Barriera, ed il cancello di ghiaccio del Castello Nero che gli andavano incontro.
    Alla porta i confratelli capirono subito che le condizioni dei Ser Waymar erano disperate. Uno di loro parti di corsa a cercare Tarly, l’assistente di Maestro Aemon, per informalo che c’era bisogno dei portenti che solo il grande Maestro possedeva. Lungo la strada incontro il fabbro Noyle, al quale disse:”Va a chiamare Lord Mormont, Ser Royce è tornato da solo e in male arnese, non sappiamo quanto vivrà, se gli Dei lo risparmieranno.” “Dove lo avete portato? All’infermeria dietro la sala mensa?” Chiese Noyle avviandosi con passo deciso verso gli alloggiamenti del Comandante.”Si lo abbiamo messo li, in attesa che arrivi il Maestro Aemon per soccorrerlo.”
    Arrivato alle stanze del Lord Comandante busso, e dopo aver ricevuto risposta entro nella stanza.
    Il Vecchio Orso a quanto pare stava tenendo un concilio con i suoi alfieri, il Primo ranger e sorpresa delle sorprese, anche Maestro Aemon.
    “Lord Mormont , signori comandanti, Maestro scusatemi per il disturbo, ma Ser Royce è tornato ferito gravemente e da solo, adesso è in infermeria che attende le vostre cure Maestro, potete venire?”
    Mai prima d’ora il buon fabbro aveva visto tutti i suoi comandanti scattare tutti insieme, come se le seggiole sulle quali erano seduti si fossero trasformati in belve feroci.
    Arrivati in infermeria, Maestro Aemon cominciò a visitare il ragazzo ed a medicare le sue ferite. Royce sembrava provato ma era ancora sveglio, sebbene sembrava fosse sul punto di crollare.
    “Che strana ferita hai riportato al costato Ser Waymar, come tela sei procurata, cosa ti ha colpito?” chiese Aemon quasi in un sussurro, si sarebbe detto spaventato per chi avesse conosciuto bene il Maestro.
    “Ghiaccio … o no Cristallo, un lama di cristallo, l’arma degli Estranei …”, sussurrò Waymar , in preda ad una fitta di dolore atroce causata dall’aceto con il quale il maestro gli stava lavando la ferita.
    “Suvvia ragazzo, gli Estranei sono esisti, ma sono estinti da tempo, sicuro di non essere caduto da cavallo ed aver picchiato la testa al suolo?” chiese ironico Cotter Pyke.
    “Suvvia comandante Pyke, il ragazzo potrà aver picchiato la testa, ma dubito che una botta in testa possa provocare codesta ferita, che ha reciso tutto cotta di maglia, corpetto in cuoio, vestiti, ossa e muscoli con un taglio così netto, così chirurgico, inoltre … non potrebbe mentire su questa” disse Maestro Aemon estraendo e sollevando una sottilissima scheggia di cristallo dalla ferita di Waymar.
    “Dunque sono tornati, vero?Riesci a raccontarmi cosa ti è successo? Che ne è di Will e Gared?” chiese Lord Mormont . Waymar diede a Lord Mormont un rapido resoconto di quanto successo alle porte di Aspra Dimora, la perlustrazione, l’assenza di guerrieri Bruti, gli Estranei, i Non Morti, il gelo, le urla, il silenzio e la voce.
    “Non sono pazzo mio signore, “disse Waymar a denti stretti,” ero a terra ferito, disarmato e pronto ad essere finito, poi di colpo ho avvertito una sensazione di calore, come quello del focolare di casa, ed ho sentito la Voce che mi ordinava di tornare ed avvisare che Loro erano tornati, che dovevamo prepararci, perché l’Inverno sta Arrivando, e Loro con esso.” Sfinito Waymar si accascio sul letto privo di sensi.
    “Signori non credo che potrà dirci altro per il momento, la ferita è brutta, ma non infetta, ha perso parecchio sangue, ed è molto debole, dobbiamo farlo riposare, gli darei del Latte di Papavero, ma è troppo debole per reggerlo, potrebbe ucciderlo, aspetteremo che migliori poi vedremo il da farsi.” disse Maestro Aemon. Poi girandosi verso Sam, gli disse”Sam prenditi cura di Ser Waymar, cambiagli la medicazione ogni ora e lava la ferita con l’aceto finche non perde quel colorito rossastro.”
    Scossi dal racconto di Ser Waymar, tutti i Lord e Maestro Aemon tornarono nelle stanze del Lord Comandante, c’erano decisioni imminenti da prendere e non si poteva aspettare, il tempo degli indugi era finito, ora tutto peggiorava, la Notte Eterna incombeva sulla barriera e su tutto il Westeros, ma chi avrebbe prestato ascolto a tali minacce?

    Lord Yohn Royce

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    Nella Prima Partita:Lord Yohn Royce
    Nella Seconda Partita: Re Robert Baratheon
    Nella Terza Partita: Lord Jeor Mormont
    Nella Quarta Partita: Lord Mace Tyrell
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    Ser Ginny Tyrell
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    Registrato il: 20/11/2009
    Età: 30
    Sesso: Femminile
    Maestro d'Armi
    00 18/03/2010 22:03
    Margaery Tyrell (1) – Il rumore del silenzio.
    Un vento lieve e caldo soffiava sotto il cielo coperto a Vecchia Città, le nubi plumbee parevano rispecchiarsi nelle profondità del grigio mare. Su questa sconfinata distesa piatta, si ergevano compatte navi dalla grandezza tale, da essere seconda solo alla loro velocità. Molti marinai caricavano merci scherzando e ridendo, altri pulivano la tolda, altri ancora sistemavano nodi, corde o vele, mentre alcuni semplicemente si perdevano nella contemplazione delle onde.
    Passeggiando insieme al fratello coetaneo, la giovane Tyrell osservava tutti quegli uomini, intenti a tal punto nel loro lavoro che sembravano voler finire il prima possibile, probabilmente per riposarsi.
    «Sai già su quale di questi vascelli viaggerai, Loras?» gli domandò Margaery, accennando all’immensa flotta presente davanti a loro.
    «Non penso sia importante.» le rispose «Comunque credo che lo scoprirai presto, lord Redwyne mi ha assicurato che entro domani sera saremo già in viaggio.»
    Margaery sorrise e replicò «Un viaggio che sarà di certo breve. Non solo queste sono navi dalla rapidità impressionante, ma sotto la guida del miglior ammiraglio dei Sette Regni non potreste che arrivare presto ad Approdo del Re.»
    Loras rise e spavaldamente le disse «Vedrai, sorellina. Vedrai che ancor più presto ti arriverà un corvo con il quale sarai informata che, nel concilio ristretto del Re, non solo siede il lord di Arbor, migliore ammiraglio di sempre, ma anche il tuo amato fratello, in qualità di Comandante delle Spade Bianche.»
    Lei scosse la testa e in tono divertito aggiunse «Sicuramente, Loras. Prima però il torneo lo devi vincere. E non sarà un’impresa facile considerando il valore dei partecipanti.»
    «Facile?» le chiese il fratello, falsamente stupito «Le cose facili sono per uomini comuni, Margaery. Forse per questo amo ciò che è quasi impossibile. Ma sicuramente uomini comuni non comandano i mantelli bianchi.»
    La testardaggine della falsa arroganza di Loras fece ridere di nuovo Margaery. Ma le sue risa si interruppero non appena scorse ser Garth Hightower, uno dei figli del lord di Vecchia Città, che si affrettava a raggiungerli con espressione cupa.
    Rosso in viso e con il fiato corto per lo sforzo, ansimò «Milord e milady… Vostro fratello Willas vi chiede di raggiungerlo il prima possibile nel solarium di mio padre. Mi ha raccomandato di riferirvi che è molto importante.»
    Loras e Margaery si scambiarono un’occhiata senza dire nulla. In cuor loro avevano intuito cosa era accaduto, ma alcune volte, per non dar troppo peso ad una realtà, si preferisce tacerla. Lo seguirono in silenzio, con cuore ansioso e passo veloce.

    Condotti davanti al solarium di lord Leyton Hightower vi videro uscire Lord Paxter Redwyne, il quale si limitò a guardarli con un’espressione infelice sul volto.
    Margaery e Loras entrarono senza esitare.
    Davanti alla scrivania del lord Hightower stava in piedi Willas, una mano appoggiata al bastone che lo aiutava a sorreggersi, l’altra che stringeva una lettera. La missiva recava il sigillo spezzato di Altogiardino, era già stata letta.
    Il fratello maggiore li guardò, sospirò e iniziò a dire «Vedete, la storia insegna che il tempo scorre, sempre, che le cose cambiano, che tutto continua nonostante…»
    «Willas…» lo interruppe Margaery quasi in singhiozzio «la nonna…»
    «Ora ha smesso di soffrire...» completò con un sussurro il fratello che, avvicinandosi a loro, porse la lettera a Loras e cinse con un braccio la sorella, ormai in lacrime.
    Margaery sapeva che era solo un altro modo per dire che era morta, conosceva l’abilità di Willas nel parlare, ma nemmeno lui poteva cambiare la realtà. “Non è possibile… Non è giusto…” pensò.
    Un altro terribile silenzio era sceso tra loro, un opprimente silenzio rotto solamente dai singhiozzi di Margaery. Loras era troppo impietrito per dire qualcosa, teneva stretta la lettera e, celando la tristezza evidente, cercava di non apparire troppo scosso. Willas , dal canto suo, confortava la sorella con l’abbraccio e il fratello con lo sguardo.
    Fu Margaery a rompere il silenzio, a stento disse tra le lacrime «Dobbiamo tornare indietro, Willas… Dobbiamo farlo per lei… Noi che possiamo dobbiamo farlo…»
    Lui la guardò e promise «Torneremo immediatamente.»

    La marcia verso Altogiardino era forzata, volevano e dovevano arrivare il prima possibile. Erano partiti appena avevano potuto, grazie all’aiuto repentino del lord Leyton di Vecchia Città, che li aveva consentito un’organizzazione veloce della partenza.
    In testa alla colonna cavalcano fianco a fianco i due giovani Tyrell, la loro scorta li seguiva e proteggeva, ma nessuno rivolgeva loro parola. Le pareva incredibile come prima il suo desiderio più grande fosse quello di assistere ai tornei di Approdo del Re, mentre ora il suo pensiero fisso era tornare ad Altogiardino. “Il processo di Gregor Clegane, il tentato assassinio di lady Waynwood, la chiusura della Valle, dei territori dei Tully verso questa, voci terribili dal Nord, ed ora la morta della nonna. Il mondo sta andando a rotoli?”.
    «Willas, credi che Loras si riprenderà presto?» domandò Margaery preoccupata. Conosceva il fratello e sapeva che, benché per il suo orgoglio si fosse mostrato impassibile, la notizia lo aveva ferito.
    «Non temere Margaery, lord Paxter sa tutto e gli starà vicino. Inoltre anche Garlan sta andando ad Approdo e, non appena potrà, sono certo che gli darà conforto.» le rispose il fratello.
    Lei abbozzò un sorriso e annuì lievemente.
    Lui continuò «Nostro padre sembra molto scosso, finché non si sarà ripreso dovrò governare al suo posto.»
    «Cosa credi potrei fare per essere d’aiuto per lui?» gli chiese la sorella.
    Willas le sorrise e le rispose «Ciò che fai sempre, essere te stessa. Nostro padre ne è e ne sarà sempre molto fiero, te lo assicuro. Sono certo che nulla vorrebbe da te. L’unica persona che ora può aiutarlo è nostra madre.»
    «Grazie per ciò che hai detto. Ma io credo che l’unica persona che possa aiutare nostro padre sia proprio lui stesso, penso che debba perdonarsi.» replicò lei.
    «Hai ragione, dobbiamo dargli tempo.»
    «Il tempo cura le ferite, ma le cicatrici rimangono.» replicò Margaery in maniera quasi tagliente, nonostante le lacrime ancora minacciavano di rigarle le guance.
    «Certo.» rispose il fratello «Nessuno dimenticherà nostra nonna, lady Olenna, la Regina di Spine. Nessuno. Mi occuperò personalmente della preparazione dei funerali, saranno degni della donna a cui sono dedicati.»
    «Lo so, Willas.» concluse lei fermando le lacrime. Sapeva anche che lui per lei ci sarebbe stato sempre. Ma questo non ci fu bisogno di dirlo.

    I suoi passi riecheggiavano nell’immensità dei corridoi di Altogiardino. Margaery non ricordava ci fosse mai stato così tanto silenzio in quel castello; di solito chiunque vi arrivasse poteva sentire risa o musiche lievi oppure incontrare gli uomini dell’Altopiano, non solo belli ma anche cortesi. Eppure non era così in quel momento. Il rumore del silenzio regnava come un padrone indiscusso. Da quando era tornati, né lei né Willas erano ancora riusciti a vedere loro padre o a parlare con lui. Suo fratello stava governando tutte le terre dei Tyrell perfettamente, Mace gli aveva insegnato bene, e si stava anche occupando dei funerali.
    Uscendo fuori nel giardino, poté ammirare il lavoro deciso dal fratello. Diversi uomini erano al lavoro per trasformare una delle siepi più maestose nelle fattezze della Regina di Spine. Chiunque sarebbe giunto ad Altogiardino, da qual momento in poi, si sarebbe ricordato di lady Olenna, come era giusto che fosse. Le lame dei giardinieri lavoravano veloci sui rami della siepe, sotto anche la minaccia di una possibile pioggia, racchiusa in un cielo plumbeo. A fianco a loro scorse altri uomini, impegnati in un lavoro diverso se pur ancor più magnifico: dipingevano tutte le rose del castello di nero, un nero profondo, il nero della morte. Nonostante splendide rose bianche fossero state dipinte d’una tinta così scura, mantenevano intatte la loro bellezza. “Le rose non si scompongono mai, neanche nel lutto, o almeno così dovrebbe essere” pensò Margaery.
    Fu in quel momento che le venne incontro maestro Lomys, vestiva in abiti semplici, soliti per un dotto della Cittadella, ma portava all’occhiello una rosa, nera anch’essa. Era una forma implicita di manifestazione del dolore, né un ordine da parte del fratello né una richiesta di qualcun altro: gli uomini portavano una rosa nera all’occhiello, le donne la portavano come ornamento nei capelli.
    Dopo un cenno del capo, che indicava riverenza, le si rivolse dicendo «Milady, mi dispiace moltissimo per la perdita di lady Olenna. In questi anni servirla è stato un onore. Le faccio le mie condoglianze più sentite. E mi scuso per avergliele fatte solamente ora.»
    «Non si preoccupi maestro, so quanto è stato impegnato tutto il giorno per aiutare mio fratello. Posso sapere come sta il lord mio padre?» gli chiese Margaery.
    «A tal proposito le porto ottime notizie, milady.» replicò sorridendo il maestro. «Suo fratello Willas è riuscito a far uscire suo padre dal solarium, sembra stia bene ora.»
    Gli occhi di Margaery si illuminarono di sollievo e felicità «Grazie mille, maestro. La prego, mi porti da loro.»
    E in quell’attimo le sembrò di scorgere, per un istante, un raggio di sole che vinceva le grigie nubi.



    Ser Deziel Dalt, lama al servizio del Principe di Dorne.



    Nella terza partita:
    Lady Margaery Stark, prima Meastro delle Leggi nel Concilio Ristretto dell'Imperatore Hoster Tully I, poi Principessa del Nord, Rosa di Grande Inverno.

    Nella quarta partita:
    Ben Plumm, Comandante dei Secondi Figli, compagnia mercenaria in un primo tempo a servizio della reale casata Targaryen, in un secondo tempo a difesa della Barriera e dei Sette Regni tutti.
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    Maestro Aemon
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    Campione del Regno
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    00 18/03/2010 22:06
    Il vento del nord
    Era da poco spuntata l’alba, quando Mance Ryder si svegliò nel tepore della sua tenda.
    Un’altra lunga giornata lo attendeva, ma rimase ancora qualche istante con gli occhi chiusi accanto alla sua compagna accarezzandole il ventre, che da poco sapeva contenere il suo erede.
    Dalla si mosse leggermente ancora addormentata e un tenero sorriso le illuminò il volto.
    Era la forza che gli serviva per uscire e affrontare il freddo insidioso che lo attendeva all’esterno.
    Non appena scostò i lembi che sigillavano l’ingresso della tenda venne aggredito da una folata di vento ancor più glaciale del solito. Una volta uscito osservò lo scorrere frenetico delle nubi e il cielo di un colore azzurro che gli ricordò il ghiaccio della Barriera.
    “Il vento soffia da nord, di solito non è mai un buon presagio.”
    Si incamminò verso l’esterno dell’accampamento che nel frattempo iniziava ad animarsi.
    Passò a salutare le sentinelle che avevano fatto l’ultimo turno di guardia, per mantenere vivi i fuochi, mandandole a riposare e tornò a volgere lo sguardo verso l’accampamento.
    Tutte quelle persone si affidavano a lui.
    Aveva riportato la pace tra i vari clan ed ora lo seguivano, avevano bisogno della sua guida… e lui non sapeva cosa fare.

    “Tormund prendi con te alcuni uomini ed uscite per una battuta di caccia…”
    “COSA? Io sono Tormund, Veleno dei giganti, Re della birra di sala fangosa, Voce degli dei, Padre di eserciti, Distruttore del ghiaccio, Pugno di tuono, Grande affabulatore, Soffiatore di corno, Marito di orse, non posso andare semplicemente a caccia. Manda qualcun altro.”
    “Visto che sei tu il divoratore principale del nostro cibo, mi sembra il minimo che ti occupi anche di rifornirlo. Inoltre il vento che soffiava con tanta insistenza questa mattina, mi ha messo nelle ossa uno strano presagio e preferisco sapere che alla guida di questa spedizione ci sia una persona di cui mi posso fidare ciecamente, qualsiasi cosa vi attenda lungo la strada. Dato che Harma, Styr, Varamyr e Rattleshitt sono già fuori con altri incarichi rimane solo Ygitte, tra i miei uomini migliori. Pensavo che tu fossi più adatto per questo importante compito, ma se non ti ritieni all’altezza, posso sempre mandare lei.”
    “Eh va bene, ci andrò io! Vedrai che questa notte avremo talmente tanto da mangiare che deciderai di non usarmi più per compiti così semplici.”
    Mance sorrise guardando l’amico allontanarsi con fare stizzito.

    Il suo cattivo presentimento trovò conferma quella sera stessa.
    Vide Ygritte correre verso di lui, iniziando a parlare ancor prima di fermarsi.
    “Mance siamo stati attaccati. Varamyr mentre era in perlustrazione ha visto degli estranei e dei non morti marciare verso Aspra dimora. Sono riusciti ad evitare lo scontro. Hanno fatto in tempo ad evacuare la città prima del loro arrivo e ci ha inviato un corvo attendendo tue istruzioni. Dice di aver contato una decina di estranei e più di 150 non morti. Cosa devono fare?”
    La bella Ygritte era piena di fervore. I suoi occhi rilucevano di una strana luce, ricordando il colore dei suoi capelli rossi. “Baciata dal fuco” pensò Mance sorridendo.
    Era chiaro che voleva partire per affrontare quelle creature, non era fatta per rimanere al campo ad oziare ed il fatto che lui finora aveva affidato compiti a tutti i suoi uomini migliori tranne che a lei l’aveva fatta sentire inutile e poco considerata. Sentiva che questa era la sua occasione, ch lui non gliel’avrebbe rifiutata.
    “Vedo che non stai più nella pelle dalla voglia di partire.” Lei annuì con forza.
    Attendiamo il rientro di Tormund con le provviste poi prepareremo una spedizione per andarci a riprendere ciò che è nostro.
    Il sorriso di Ygritte si spense all’istante.
    “Non temere, non metterò Tormund a capo della spedizione, questo spetta a te anche se lo farà infuriare. Ora pensiamo a rispondere a Varamyr. Sono troppo pochi per affrontare quei mostri, bisogna comunicargli di rimanere appostati e tenerli d’occhio in modo da sapere se decideranno di spostarsi. Poi quando andremo a scacciarli loro potranno proseguire con le loro perlustrazioni.”
    Il volto della ragazza si illuminò di nuovo, ma trattenne il sorriso che gli illuminava il viso ed annuì con fare risoluto. “Si, mio signore”.

    Tormund torno solo poche ore dopo. Dimostrando di essere stato di parola.
    Effettivamente aveva con se un gran bottino.
    Si avvicinò al fuoco all’interno della grande tenda del re oltre la barriera e appoggiò delicatamente a terra il voluminoso sacco, logoro e sporco, che si portava dietro.
    Mance lo guardò incuriosito mentre si scolava un corno di birra pulendosi la barba con la manica.
    “Eh eh eh. Mio caro Mance ogni cosa che faccio è sinonimo della mia grandezza.”
    “Non esagerare vecchio mio, hai fatto una buona battuta di caccia, ma non credo che questo ti valga un altro titolo.” Disse Mance sorridendo.
    Intanto Ygritte dal lato opposto della tenda non riusciva a restare ferma, attendendo la reazione del vecchio guerriero alla notizia che sarebbe stata lei a condurre una parte del loro esercito a sconfiggere gli estranei, e non lui. Ma Tormund non sembrava notarla, mentre iniziava a narrare le sue grandi gesta.
    “Beh al principio non era iniziata molto bene. Abbiamo seguito le piste più battute e i luoghi dove di solito si raduna la maggior parte della selvaggina, ma oggi non ve n’era traccia. Così ho deciso di inoltrarci un po’ più a sud nella foresta stregata, stando ben attento a non arrivare troppo oltre, in modo da non rischiare di incontrare eventuali corvi in avanscoperta. Lì abbiamo incontrato diversa selvaggina e io ho notato un cinghiale più grosso di un toro che si allontanava verso est. Mi sono staccato dagli altri e ho iniziato a seguirlo. Dopo essermi messo sottovento, mi stavo avvicinando mentre era intento ad abbeverarsi. Un passo dietro l’altro gli ero sempre più vicino, quando il mio piede è sprofondato in un cumulo di neve ed ho sentito un rumore di legno spezzato che l’ha fatto voltare nella mia direzione e partire alla carica. Lo spazio tra di noi non era molto. Sapevo che non avrebbe raggiunto un’elevata velocità. Così sono rimasto immobile, con la mia fedele lama ben salda in pugno e quando mi era addosso gliel’ho conficcata sopra la testa chinata per potermi incornare, e sono balzato di lato. È caduto di schianto a terra, morto stecchito. Ho recuperato l’arma e scostando la neve ho trovato una vecchia cassa che conteneva questo sacco.” Concluse lanciandolo a Mance che iniziò ad aprirlo con cautela, anche se il tintinnio che aveva udito quando l’aveva afferrato al volo gli aveva già fatto intuire cosa poteva contenere.
    Nel vedere il contenuto che confermava la sua intuizione un largo sorriso si dipinse sul suo volto.
    “Ora non pretenderai che ai tuoi molteplici appellativi si aggiunga anche Ritrovatore di ossidiana.”
    Nella tenda scoppio una fragorosa risata, con la voce di Tormund che sovrastava tutte le altre.
    Alla fine il vento del nord non aveva portato solo cattive notizie.






    Lord Jon Umber di Ultimo focolare
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    HarrenilNero
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    00 20/03/2010 14:01
    PDV di Jaime Lannister - I
    Luogo: Zanna Dorata - fortino
    Ambientazione temporale: Notte della partenza di Cersei e mattino seguente


    Alla zanna dorata è così che si passano le giornate: noia, tanta noia, tantissima noia e qualche ordine di tanto in tanto ad ufficiali e sottoufficiali. Un tempo era diverso, quando i sette oli avevano unto la sua fronte ed aveva appena passato una notte di veglia sull’altare del guerriero. Un tempo, gridare a qualcuno di fare qualcosa trasmetteva una sensazione di potere che provocava un piacere quasi sessuale. “E’ questo mio padre prova quando uno dei suoi piani riesce bene” si scoprì a pensare Jaime Lannister, primogenito di Tiwyn Lannister, neo Cavaliere consacrato ai Sette. Erano passati giorni, mesi ed anni, ed il gusto del comando era svanito tanto quanto l’entusiasmo per il capeggiare sortite a cavallo atte solamente a stanare qualche ladruncolo del cavolo e qualche stupratore recidivo.
    “Mio signore, chiedono di te” comunicò una voce al di la della porta di legno di quercia della sua stanza: una grande camera con le mura in granito, arazzi appesi alle pareti rappresentanti le grandi opere cavalleresche ed uno scudo dipinto di rosso e d’oro, con la sagoma del leone Lannister e due spade incrociate dietro di se; una grande scrivania d’ebano accogliente un grosso calamaio pressoché colmo d’inchiostro, un pennino utilizzato di rado ed un’ancor meno utilizzato foglio di pergamena. Il Giovane Leone è sempre stato un uomo d’azione, più che da scrittoio. Jaime lanciò un’occhiata al proprio letto a baldacchino, così invitante e soffice, avvolto da tenere coperte rosse e con un guanciale tanto morbido da poterci sprofondare con tutta la faccia. Morse le labbra, tornò a guardare verso la porta. “Fai entrare, ma che sia breve.” Rispose, dunque, grattando la nuca ricoperta dai riccioli dorati della sua folta chioma. La grande porta s’aprì, facendo girare la manopola d’ottone, con uno scatto del meccanismo della serratura. Una figura alta e snella, ammantata di nero, fece il suo ingresso ed al contempo il cavaliere si alzò in piedi, ergendosi in tutto il suo metro e ottantacinque. “Sorella?...” domandò, inspirando l’aria piena del profumo di Cersei, sorridendo automaticamente come reazione al tale gesto. Dietro alle spalle, Cersei Lannister chiuse la porta e girò la chiave nella toppa. Poi, tornò a guardare il suo gemello. “Oh, Jaime… quanto mi sei mancato” mormorò, lanciandosi contro il corpo forte del fratello, avvolto solamente dai vestiti da camera: una camicia bianca, due brache nere, ampie e larghe e due stiva lacci comodi, di tela spessa. Lui ricambiò la stretta, infilando il naso tra la spalla ed il collo della ragazza, aspirando tutto il suo odore di donna e dei vari profumi che si porta addosso per tentare di coprire quello dell’eccitazione, che lui, comunque, riuscì a cogliere. Forse per quello, senza trattenersi, afferrò la sorella per i fianchi, strizzando la sua carne morbida con le dita e le cacciò la lingua in bocca, irruento tanto in amore quanto in battaglia, assaporando il suo sapore e la sua saliva, nonché il suo respiro, come se mai prima fosse riuscito a farlo. Il seno di lei premette con violenza e una rara dolcezza a tratti contro il suo busto duro. Il bacio durò degli attimi, forse dei secondi o forse intere stagioni, lui non se ne accorse di certo. E’ certo che quando la sorella gli pose una mano sul petto ampio e forte, per spingerlo indietro e staccarlo, si sentì come se tutto il calore del mondo fosse svanito e l’inverno fosse arrivato, passato ed arrivato di nuovo assieme agli Estranei. “Che ci fai qui? Non dovevi essere in viaggio?” domandò, ingenuo come sempre nei suoi confronti, corrugando la fronte nell’alzare le sopracciglia bionde. Quando lei tirò giù il cappuccio, Jaime non potè fare a meno di vedere se stesso al femminile: un corpo tanto alto quanto il proprio, tanto slanciato quanto il suo è muscoloso. Occhi chiarissimi nei quali tuffarsi, tali e quali ai suoi e riccioli biondi molto più lunghi ma sicuramente curati altrettanto bene. La bellezza è Lannister.
    “Ho rimandato la partenza a tra qualche ora, mio dolce fratello. Desideravo vederti almeno una volta prima di partire verso quel letamaio pieno solo di imbecilli che gozzovigliano, puttane da quattro soldi e stupidi idioti col mantello, con tanta seta a foderare i loro nobili deretani quanto fette di prosciutto sugli occhi per non vedere le loro mogli che si fanno piantare il cazzo da chiunque sia disposto a calare le brache” rispose la Lannister, che senza invito – Cersei non ha bisogno mai di alcun invito – prende posto sul suo adorato letto. “Noto che non vedi l’ora di andare” rispose sarcasticamente il primogenito del vecchio Leone, che di vecchio ha solo la nomea. Tiwyn Lannister è tanto atletico ed ancora vispo quanto suo fratello Tyrion è basso ed intelligente. “Non fare lo scemo – lo rimproverò Cersei- sai bene cosa penso. Ne abbiamo già parlato. Mandare quei due cani rognosi insieme a me ed un misero drappello di spade, senza di te… cosa pensa nostro padre, che possano rapirti durante la via? Tenerti in ostaggio laggiù?”
    “E’ proprio questo ciò che pensa, sorellina mia.” Rispose lui, che ormai le motivazioni che il padre gli ha rifilato per non farlo partire le ricorda a memoria, tanto che le recitò col vocione profondo del signore di Castel Granito “Sei il mio erede e non posso permettere che ti ammalino con le loro offerte e ti convincano a rimanere lì come una bella statuina. L’ovest ha bisogno di te” sbuffa, scuotendo la testa “L’ovest, capito?” aggiunse, tornando alla voce normale “Non lui. Non Tiwyn Lannister. Sia mai che lui abbia bisogno di qualcuno.” Stringe i pugni e li poggia sui fianchi duri, abituati a portare la spada e il cinturone d’armi. “Sento il sangue salirmi al cervello al solo pensare che tu sarai la senza di me, che invece rimarrò qui come un imbecille a cacciare miserabili ruba polli e qualche maniaco sessuale dalla incurabile insistenza” Se fosse stato in compagnia dei suoi soldati, avrebbe sputato per terra. Davanti a Cersei, invece, si limitò a sbuffare una seconda volta. La sorella che lo aveva guardato durante tutto lo sproloquio con una vena di tristezza in viso, si scoprì a sorridere lievemente verso il fratello, facendogli cenno di avvicinarsi. Lui eseguì, come sempre. Quando Cersei ordinava, lui compiva, sin dai primi passi ad oggi, uno Cavaliere e l’altra Lady in età da marito. E che Lady, Cersei Lannister, la più bella donna che si fosse mai vista sul misero continente. Non potè fare a meno di sorridere, Jaime, pensando che lui si era preso la sua verginità e poi era stato dentro il suo utero più e più volte, deliziandola con se stesso e tutti i suoi surrogati. Piazzatosi davanti alla bionda, inclinò la testa di lato, con aria interrogativa. Lei non rispose, semplicemente si limitò ad allungare una mano verso i suoi pantaloni, stringendo poi all’altezza dell’inguine. “Conosco un modo per far defluire il sangue dal cervello e concentrarlo da altre parti, sai?” disse la sorella, l’amata sorella, la dolce sorella con quei suoi occhioni da gatta coccolata e riverita, sempre un po’ superbi ma anche piuttosto accattivanti. “Ah sì?...” fece lui, quando un sogghigno beffardo andò ad increspargli le labbra mentre Cersei gli calava i pantaloni con il gesto esperto di chi l’ha fatto mille volte. Le labbra della sorella si dischiusero, e lui potè sentire il suo fiato caldo che scuoteva i peli biondi del suo pube…
    La mattina dopo si senti più svuotato, più rilassato ma certamente meno felice. Come poteva essere felice, se Cersei era lontana già intere miglia, a cavallo con due rabbiosi e qualche spada mediocre a difenderla? Come poteva essere felice, se la sua metà non era lì per completarlo? Non gli servì a sorridere nemmeno l’abbondante colazione che gli piazzarono davanti i servitori al fortino della Zanna dove stavano provvisoriamente: fiocchi d’avena speziati, porridge con miele e latte, arance di Dorne, importante apposta su sua richiesta -quanto amava il succo d’arancia- e nemmeno le sardine affumicate e seccate sotto sale. Mentre stava gettando in una scodella i resti dell’ultima sardina, sbuffando mentre massaggiava l’interno della coscia – Cersei l’aveva morso lì senza motivo e sebbene sul momento gli piacque, quella mattina lo trovò particolarmente fastidioso- si avvicinò Torrhen Hills, il suo capo ricognitore. “Nuove, Hills?” gli domandò, voltandosi in sua direzione con uno sbadiglio che gli fece spalancare le fauci da leone. L’altro sbuffò, scrollando le spalle. Si sedette al suo fianco, allungò una mano in direzione del suo porridge, ne prese una manciata e mando giù, incurante delle gerarchie o del rispetto dovuto ai superiori. “Nessun-BURP-nessuna” disse, alternando una parola ad un rutto sommesso. Il suo fiato odorava di birra stantia e vino acetato. “Hills, se tu non fossi il migliore sul campo ti fare tagliare quelle tue palle pelose e te le farei mandare giù insieme alle quantità industriali di alcool che bevi.” Commentò Jaime, corrucciato. “Beh, meno male che sono il migliore, allora!” rispose l’altro, sorridendo tanto ampiamente e con tale falsa innocenza da costringere anche il Lannister ad un’espressione allegra. “Sei pronto per la ronda, mio signore?” gli domandò lo zotico, rubandogli direttamente la scodella di porridge. “Non ho questo rancio, io. Fammi approfittare” accampò come scusa, annuendo al suo stesso dire, mentre il Cavaliere inarcava le sopracciglia. Scosse le spalle, rispose “Non intendo allargarmi il buco del culo sulla sella per andare a caccia di spettri, stamani. Conduci tu, dì che ti ho dato io il permesso. Credo proprio che mi butterò sul letto e recupererò il sonno.”
    “Ah-ah! Notte brava, mio signore?” domandò esaltato dalla notizia il bastardo, sorridendo ampiamente e con un guizzo allegro negli occhi. “Puoi dirlo forte.” Rispose Jaime Lannister, figlio di Tiwyn, massaggiandosi ancora l’interno della coscia.


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