00 23/06/2007 18:01
LA REPUBBLICA
18 giugno 2007
MANNAIA SULLA STAMPA MANO LIBERA ALLA MAFIA
MARIO PIRANI

Gian Carlo Caselli ha scelto "l´Unità" (14/6) per manifestare il suo sconforto di fronte alle grida che si levano soprattutto da sinistra ma altresì, con concorde e significativa assonanza, pure da destra, contro le intercettazioni. Ma quale emergenza, si chiede il procuratore generale di Torino, riferendosi alla legge Mastella che dovrebbe imporre una ferrea mordacchia agli odiati ascolti e ancor più alla pubblicazione dei medesimi? E, analizzandone per esteso due punti, sottolinea come il decreto bipartisan metta in pericolo, invece, due interessi pubblici fondamentali, la libertà di stampa e la lotta alla mafia. In primis «risulta eccessivo il divieto di pubblicare il contenuto delle intercettazioni, anche quando non siano più coperte dal segreto, fino alla conclusione o addirittura fino alla sentenza di appello. Viene ad essere eccessivamente compresso il diritto dei media di informare e dei cittadini di essere informati su vicende di interesse pubblico, oltre che sul funzionamento della giustizia, privilegiando oltre misura il pur importante diritto alla riservatezza. Il tutto sigillato con sanzioni pesanti che poche testate potrebbero reggere, con gravi ricadute sul pluralismo dell´informazione».
Un giudizio pesantissimo e non di parte. Ma se ne renderanno conto i parlamentari, molti dei quali hanno in odio i giornali e li tollerano solo se ossequiosi al loro potere e prepotere? Dubbio legittimo se, seguendo le osservazioni di Caselli, vediamo come il decreto, che porta la firma del Guardasigilli, indebolisca gravemente l´azione di contrasto alla criminalità organizzata, limitando la durata delle intercettazioni a 90 giorni per quelle telefoniche e a 45 per le ambientali (le famose "cimici"), «tipiche dei processi di mafia, dove le indagini sono sempre di eccezionale complessità.... contro organizzazioni criminali che ragionano con tempi lunghi e gli inquirenti debbono armarsi di tenacia e pazienza». Caselli in proposito, in base alla sua personale esperienza a Palermo, ricorda che quando si individua un luogo di pertinenza di un boss o di persone ad esso legate, esso debba esser posto sotto sorveglianza diretta a volte per mesi e mesi «finché non arriva l´interlocutore giusto o il momento buono.... qualcosa che induce i presenti a sbottonarsi nei colloqui... ma se ciò non accade nei primi 45 giorni (rinnovabili solo se sono emersi già nuovi elementi investigativi) stop. Più niente da fare. Le cimici piazzate con tanta fatica, scavalcando pericoli micidiali, diventano inutili e anche la più promettente indagine deve essere abbandonata, chiusa. Francamente una mannaia irragionevole». Una mannaia che viene brandita da parlamentari accecati dalla presunta lesione alla privacy e che hanno smarrito un minimo senso di realtà dietro l´usbergo di un diritto alla loro riservatezza, privo di fondamenta e vissuto come offensivo dalla stragrande maggioranza dei cittadini che esigono trasparenza pubblica dai loro rappresentanti.
Si dice che sarebbero in pericolo lo stato di diritto, le garanzie dell´individuo, la libertà e le prerogative istituzionali dei parlamentari.
Vorrei spiegare perché non sono d´accordo, ricordando che nei casi in questione si parla non di vicende private ma di discussioni tutte concernenti uno scandalo economico e finanziario che ha portato alla sostituzione, senza precedenti, e alla incriminazione del governatore della Banca d´Italia, all´arresto di alcuni dei principali personaggi implicati, ad inchieste giudiziarie ancora in corso per altri, alla defenestrazione dei due massimi dirigenti delle Cooperative, a scalate e contro scalate di banche, al tentativo di impadronirsi del "Corriere della Sera", ed altro ancora. Alcuni dei massimi esponenti politici della sinistra, in assonanza con altri del campo avverso (ma «avverso» evidentemente non tanto) si sono occupati quotidianamente per mesi della faccenda, intervenendo a favore dell´uno o dell´altro, a seconda i casi. Nulla di tutto questo sarebbe arrivato alle orecchie della pubblica opinione senza le intercettazioni. Fioroni e Ricucci e gli altri "furbetti del quartierino" avrebbero probabilmente portato a termine i loro disegni. Il governatore Fazio sarebbe ancora a via Nazionale, vigile guardiano della «italianità» del sistema. Dov´è il reato di cui si sarebbe macchiata la libera stampa pubblicando le intercettazioni? È vero che le parole dei capi ds non raffigurano alcun reato. Aggiungo che anch´io metto con tutta certezza la mano sul fuoco sulla loro personale onestà. Ma tutto ciò non ha nulla a che fare con il rilievo politico e, quindi, pubblico delle intercettazioni finora apparse.



INES TABUSSO