Ufoitalia.net (Il Forum) Come il gatto mangia la giraffa e tutto torna

un altro Yeti..

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    xxcontattoxx
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    00 29/08/2005 11:44
    Repubblica 28/08/2005

    Avvistata pochi anni fa, gli indigeni la chiamano "mangiatrice
    di leoni". Gli scienziati la studiano nella foresta dove vive
    Caccia alla scimmia assassina
    E l'ultimo mistero dell'Africa
    Per alcuni è solo uno scimpanzé, per altri l'ultimo mammifero sconosciuto
    di PIETRO DEL RE

    Una illustrazione dello Yeti

    E' robusto come un gorilla, alto più di un metro e mezzo, scuro di pelo. Emette un possente latrato e le frecce avvelenate lo infastidiscono appena. Gli africani chiamano questa misteriosa creatura la "scimmia mangiatrice di leoni". Avvistata per la prima volta un paio d'anni fa in una delle regioni meno esplorate del Congo, la belva è finalmente diventata oggetto di studio, nella giungla dove vive, da un paio di équipe di biologi americani. È presto per trarre conclusioni, ma una delle due ha già lasciato intendere che si tratterebbe soltanto di uno scimpanzé, sia pure di taglia gigante. Per l'altra, invece, è sicuramente l'ultimo grande mammifero ancora sconosciuto dalla scienza.
    "Impossibile dire che cosa sia senza un esemplare sotto gli occhi, preferibilmente su un tavolo anatomico", spiega il professor Alessandro Minelli, zoologo dell'Università di Padova e membro della Commissione internazionale per la nomenclatura biologica. "Qualche mese fa, è stata scoperta in Tanzania una nuova scimmietta. I biologi l'hanno battezzata Lophocebus kipunji, suggellando di fatto la nascita di una specie. Ma non l'hanno uccisa, perché considerata troppo rara: si sono limitati a fotografarla. Non abbastanza, direi. Avrebbero dovuto almeno catturarla e prelevarle un campione di sangue, prima di rimetterla in libertà".
    Questo precedente ha creato non poche polemiche nel mondo della sistematica tradizionale, secondo cui è impossibile catalogare un nuovo animale senza un esemplare tipo. Dice Minelli: "In realtà sarebbe meglio esaminarne più d'uno, perché un caso isolato potrebbe rivelarsi un'anomalia genetica. Capisco le esigenze degli ecologisti, ma per proteggere la natura bisogna conoscerla, anche se la conoscenza è a volte un po' distruttiva".


    Sul ritrovamento del Lophocebus hanno invece esultato gli adepti della criptozoologia o "scienza degli animali nascosti", per usare la definizione che le diede il suo fondatore, Bernard Heuvelmans. Disciplina considerata da molti biologi una pseudoscienza, la criptozoologia s'interessa della scoperta di nuove specie senza disdegnare l'eventualità che tra queste rientrino anche creature circondate da un alone di mistero. Non gli unicorni o i grifoni dei bestiari medioevali, ma animali quasi altrettanto mitologici o fiabeschi: il mostro di Loch Ness e l'abominevole quanto inafferrabile uomo delle nevi, il gigante irsuto Bigfoot e Mokele Mbembe, un dinosauro sopravvissuto all'estinzione che ancora sguazzerebbe nelle lagune dell'Africa centrale.

    La criptozoologia s'interessa anche di specie estinte in tempi relativamente recenti. Tanto recenti da incitare la suggestione di chi continua ad avvistarle. Succede con il tilacino, o tigre della Tasmania, che riappare con puntuale regolarità da una settantina d'anni, da quando cioè l'ultimo esemplare morì in cattività allo zoo di Hobart, capoluogo del più piccolo dei sei stati australiani. Da allora decine di spedizioni scientifiche hanno tentato di stabilire se quella morte equivalse anche alla scomparsa dal pianeta del più grande carnivoro marsupiale dei nostri tempi. Ma del Thylacinus cynocephalus nessuna traccia: non un ciuffo di peli, un'impronta, una foto. Niente, neanche una mollica di feci. "Abbiamo anche noi il nostro tilacino: è la lince appenninica", ironizza Bernardino Ragni, zoologo dell'Università di Perugia. "I criptozoologi italiani sostengono che si nasconda sulle montagna d'Abruzzo, mentre è provato che gli ultimi esemplari risalgano al Neolitico".
    Esistono anche specie estinte da secoli, il cui carattere leggendario è dovuto proprio alla loro scomparsa. Tra questi c'è il Dodo dell'isola di Mauritius, grasso uccello incapace di volare, che fu sterminato nel XVII secolo da un manipolo di affamati marinai olandesi. Del Dodo, diventato oggi uno dei simboli della natura minacciata, non rimangono che pochi resti, conservati come reliquie nelle bacheche di alcuni musei di storia naturale: una zampa e un becco a Oxford, uno sterno a Parigi, un cranio a Praga.

    Altro esempio è quello del favoloso uccello Roc che nutre i suoi pulcini d'elefanti e che deve la sua fama occidentale a Mille e una notte. Anche Marco Polo parla del Roc, e lo fa vivere nel Madagascar, dove il mito ha forse un riscontro reale: la sua saga potrebbe trovare origine nell'Aepyornis, sorta di struzzo ciclopico esistito centinaia d'anni fa nella grande isola australe. Del possente pennuto, alto tre metri e pesante mezza tonnellata, ci sono giunte soltanto uova fossili, che contengono otto litri di albume.
    Sempre nel Madagascar vive uno dei mammiferi più a rischio d'estinzione: un lemure, ossia una scimmia primitiva, chiamato aye-aye in malgascio e Daubentonia madagascariensis nel latino di Linneo, in omaggio al primo naturalista che lo descrisse verso la fine del Settecento, Louis Jean-Marie Daubenton. Per via delle sue particolarità morfologiche, tra cui gli incisivi a crescita continua come quelli dei roditori e le mammelle inguinali, è stato detto che l'aye-aye si era "smarrito a un incrocio dell'evoluzione". Ricorda il Gremlin del cinema ed è da sempre un animale tabù: dopo averlo catturato, i malgasci lo inchiodano all'albero più alto del villaggio perché lo considerano la reincarnazione di qualche spirito maligno. Una sconveniente credenza che, legata alla selvaggia distruzione del suo habitat, ha segnato il destino dell'aye-aye.

    "Dai tempi di Jules Verne, grande interesse ha sempre suscitato anche il calamaro gigante", dice il professor Ragni. "Questo mollusco non è mai stato filmato sott'acqua, ma è capitato che finisse tra le reti dei pescatori o spiaggiato lungo le coste. Detto questo, non ha proprio nulla di fantastico, se non la sua rarità".
    Minelli propone un'altra spiegazione. "Il calamaro gigante viene predato dal capodoglio, che scende fino a novecento metri di profondità per dargli la caccia. Ora, sul corpo di alcuni cetacei sono state ritrovate tracce di grosse ventose, che si allargano con l'invecchiamento. Da quelle tracce ingrandite si è proceduto al calcolo della mole della piovra, il che ha contribuito ad accrescerne il mito".
    Nel 1900, il governatore dell'Uganda, sir Harry H. Johnson, rivelò di aver scoperto l'okapi, antenato della giraffa risalente al Miocene. Ma quello splendido ruminante dal manto pezzato era da tempi immemorabili conosciuto dai pigmei Wambuti. Così come la scimmia mangiatrice di leoni lo è verosimilmente dalle popolazioni che vivono nel nord-est del Congo.

    Da una quindicina d'anni, prima di classificare una nuova specie è prassi confrontare il suo patrimonio genetico a quello di specie simili. Racconta Ragni: "Nel 1965, nell'isola giapponese di Iriomote, fu trovato un gatto selvatico interamente nero. Si pensò dunque a un nuovo genere. Tuttavia, quando si effettuarono le prime analisi genetiche, apparve che il suo Dna combaciava interamente con quello del Felis bengalensis, un felide molto diffuso nel sud-est asiatico".

    Ma quante nuove specie vengono scoperte ogni anno? "Qualche decina se parliamo di piccoli mammiferi, come pipistrelli o topolini", spiega Alessandro Minelli. "Nulla a che vedere con gli insetti, i ragni e i crostacei: di questi se ne descrivono circa mille nuove specie al mese". Negli anni Novanta è stata invece scoperta un mezza dozzina di grandi mammiferi: qualche cervo e, nella giungla vietnamita, un'antilope con lunghe corna a sciabola. "Che non somiglia a nessun animale conosciuto", precisa Minelli.

    E in Italia? Solo nella nostra penisola, che con le sue 55 mila specie conosciute è il paese faunisticamente più ricco d'Europa, ne viene individuata una decina l'anno, soprattutto di insetti, per la gioia gli entomologi. I quali sono convinti che tra gli invertebrati siano più numerose le specie ancora sconosciute di quelle già catalogate.

    (28 agosto 2005)
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    Pierfrancesco
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    Ironbeast
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    00 29/08/2005 20:31
    Si, molto spesso si tratta di normalissimi animali, forse un pò rari..
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    IWTB
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    00 29/08/2005 20:35
    è fantastico che vengano scoperte ancora oggi nuove specie... questo la dice lunga su quello che sappiamo realmente della Terra... e non solo

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    Lillo Lalla Lullo [Confucio]
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    Ironbeast
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    00 29/08/2005 21:30
    Re:

    Scritto da: IWTB 29/08/2005 20.35
    è fantastico che vengano scoperte ancora oggi nuove specie... questo la dice lunga su quello che sappiamo realmente della Terra... e non solo


    Giusto![SM=g27960]
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    TheTruth
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    00 31/08/2005 16:04
    Re:

    Scritto da: xxcontattoxx 29/08/2005 11.44


    "Impossibile dire che cosa sia senza un esemplare sotto gli occhi, preferibilmente su un tavolo anatomico"



    questi scienziati,sempre pronti a sbudellare[SM=g27964] ...comunque secondo me se ne devono ancora scoprire di animali,magari in zone come la foreste amazzonica..
    The Truth is out there
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    Ironbeast
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    Utente Master
    00 31/08/2005 16:09
    Re: Re:

    Scritto da: TheTruth 31/08/2005 16.04


    questi scienziati,sempre pronti a sbudellare[SM=g27964] ...comunque secondo me se ne devono ancora scoprire di animali,magari in zone come la foreste amazzonica..


    O nelle profondità marine...
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    MASTROGILBFORME
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    00 09/06/2006 08:59
    Lo yeti esiste e vive in zone polari dove riesce a memitizzarsi con la vegetazione, si nutre di piccole bacche e occasionalmente carne.
    IL 29 AGOSTO VADO A VEDERE IL KLAUN AL CIRCO
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    Ironbeast
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    Utente Junior
    00 12/06/2006 11:43
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