Universo De Carlo

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della red
00venerdì 3 giugno 2005 10:05
Da Terni a Beirut, dal centro universitario di Urbino alla laguna veneziana. Il Maxxi di Roma celebra il controverso e outsider Giancarlo De Carlo con una mostra che ripercorre oltre cinquant’anni di progetti architettonici e urbanistici









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Roma - "E’ l’architettura che deve adattarsi agli uomini e non il contrario". Ecco l’atto di fede di un architetto civile. Socialmente impegnato. Eticamente rivoluzionario. Uno che discute il suo progetto architettonico e urbanistico con i futuri abitanti e con la gente del posto, come fosse una riunione di condominio con amministratore. Uno che accetta gli incarichi solo se possono partecipare ai lavori gli utenti finali del progetto. Uno che, come dice Paolo Portoghesi, porta con sé dentro la "palazzina dei padroni" anche gli abitanti delle case in lotta per rivendicare i propri diritti. Uno che ha restituito all’architettura il suo ruolo di pratica sociale, riportandola ad essere il risultato di un "processo collettivo". Da Terni a Beirut. Dal villaggio operaio delle acciaierie, ai blocchi di appartamenti nel centro di una città quasi completamente distrutta dalla guerra. Passando per Urbino, in quella "grande nave arenata tra le colline del Montefeltro", dove per quarant’anni ha escogitato interventi di perfetta integrazione con l’ambiente e la storia per i centri universitari. Passando per la laguna veneta, scendendo giù a Catania, risalendo a Siena, San Marino, Pesaro, Ravenna, Pavia e Milano. Cavalcando un’idea del costruire come disciplina di frontiera che "organizza e dà forma agli spazi abitati", per restituire visibilità alle "città invisibili" di un’Italia minore.

Tutto questo è Giancarlo De Carlo, architetto outsider, uno dei più alternativi del secondo Novecento italiano, con ottantacinque anni di esistenza, di cui oltre cinquanta da agitatore di coscienze e dibattiti culturali dedicati alla progettazione e all’insegnamento dell’architettura e dell’urbanistica senza confini in Italia e negli Stati Uniti. A lui, alla sua creatività complessa e inquieta, potente e scomoda, il Maxxi, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, dedica una grande antologica, in scena fino al 18 settembre, dal titolo "Giancarlo De Carlo. Le ragioni dell’architettura", organizzata dalla Darc, con la collaborazione del Centre Pompidou, dell’Archivio Progetti - Università IUAV di Venezia e dello Studio Giancarlo De Carlo Associati, e curata da Margherita Gruccione.

E’ proprio sulla forza delle "ragioni", seppur controverse, di De Carlo che fa leva la rassegna espositiva. Ragioni scalpitanti che vengono sciorinate attraverso disegni e documenti grafici d’archivio - che hanno la qualità espressiva ed estetica di un’opera pittorica - progetti e modelli in scala, fotografie, testimonianze a più voci, tra pensieri e ricordi in video di illustri colleghi e amici proiettati su schermi e teli sospesi, ancora interviste, reportage, cronache televisive Ragioni che si articolano attraverso canali tematici che riordinano questo magma incandescente di straordinaria produzione. E dove spuntano eccezionalmente anche progetti nuovi, inediti, come la ricostruzione di un quartiere a Wadi Abou Jmeel, nel cuore di Beirut, ancora in fieri, esposte per la prima volta in questa occasione, e il progetto di riqualificazione dell’area delle Piagge, a Firenze.

Il primo appare come un acuto e ambizioso prodotto che vuole ricombinare e sovrapporre diverse culture mediterranee, strizzando un occhio all’euforia eclettica di matrice francese. Esternamente, il blocco degli appartamenti sfodera un ricco apparato decorativo fatto di torri angolari, bow-window, balconi in aggetto, logge, balaustre. Internamente, gli ambienti traducono il complesso modo di vivere di una popolazione, dove le sale devono favorire i momenti di socialità comunitaria. Il progetto-guida per il quartiere de Le Piagge, nella periferia occidentale di Firenze, come prosecuzione del parco delle Cascine, si presenta come un "fuso longitudinale", che riqualifica il rapporto col vicino fiume rinaturalizzandosi come un parco fluviale continuo. Dopo di che la mostra indaga tutto De Carlo per aree tematiche. Un’indagine per macro-gruppi di progetti che incastonano velleità sperimentali, geniali e rivoluzionarie. C’è il concetto di "abitare", esemplificato da opere come il Villaggio Matteotti di Terni (1969-74) che, come dice Renzo Piano, "ha il merito di riuscire a far volare il cemento con i suoi ponti e i suoi giardini e di sconvolgere il ritmo compositivo esplodendo in mille frammenti", o gli alloggi nell’isola di Mazzorbo nella laguna veneta (1980-95), dove le case inseguono i colori pastello di Burano. C’è il rapporto "tra città e territorio", vero e proprio show di De Carlo urbanista con il piano regolatore di Urbino (1958-64 e 1989-94).

Il suo capolavoro indissolubile, il "laboratorio Urbino", i centri universitari, un’esperienza di oltre 40 anni, nata dal sodalizio con Carlo Bo, dove ricerca di forme e materiali ha dialogato in piena armonia con la sua essenza storica e il suo paesaggio. Sfilano la facoltà di Magistero (1968-78) con l’imponente massa muraria medievale che si contrappone al "merletto di acciaio e vetro" del lucernaio, per dirla con Piano, e i collegi universitari (1962-83), come il Collegio del Colle, giocato tra leggerezza e pesantezza, trasparenza e opacità". Poi, spicca la grande capacità di De Carlo di "misurarsi con la storia" col recupero di edifici o complessi storici da reintrodurre nel circuito di una funzionalità attuale, come è esemplificato dal Borgo di Colletta di Castelbianco (1993-2000), nell’entroterra ligure, dove l’architetto crea in un abitato antico un modo di vivere contemporaneo.

"Geometrie complesse e segni urbani" rivelano una ricerca personalissima sulle geometrie come idea-guida della progettazione, come raccontano il complesso Blue Moonal Lido di Venezia (1995-2002), trait d’union tra la città e il mare, con negozi, bar, ristorante e spazi per la cultura, ed il progetto per l’imbarcadero a Salonicco (1996), quasi una conchiglia sepolta in una duna di sabbia. Infine, De Carlo arriva ai "luoghi pubblici", dove la progettazione sfida una scuola, un centro sportivo, un polo per l’infanzia, e il singolare Palazzo di giustizia di Pesaro (1992-2005), ai margini del centro storico ma dalla struttura permeabile e connessa alla città. Ecco l’universo De Carlo, un repertorio che rivela una grande verità. Rubando le parole a Renzo Piano, De Carlo insegna che non esistono formule, non ci sono stili che ingabbiano la libertà, né mode o tendenze che tengano. Ma tutta l’energia va messa in una sola cosa: l’architettura.


Notizie utili - "Giancarlo De Carlo. Le ragioni dell’architettura", dal 1° giugno al 18 settembre 2005. MAXXI, Museo nazionale delle Arti del XXI secolo, via Guido Reni, 2. Roma. La mostra è curata da Margherita Gruccione.
Orari: martedì-domenica, 11-19; chiuso lunedì.
Ingresso libero.
Informazioni: tel. 06-3202300.
Catalogo: Electa.


neve67
00mercoledì 8 giugno 2005 23:21
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