RIcordi di guerra!

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(SimonLeBon)
00mercoledì 26 novembre 2008 21:30
Crimini storici.
2008-11-26 13:48
CEFALONIA: MUHLHAUSER, 'ITALIANI TRADITORI,DOVEVANO MORIRE'
ROMA - Otmar Muhlhauser oggi ha 88 anni. Vive a Dillingen, non lontano da Monaco di Baviera. A parte qualche problema cardiaco, di salute sta bene. Guida la macchina e continua a fare qualche lavoretto: era un mastro pellicciaio molto apprezzato in città. In un lontano passato è stato sottotenente dei 'Gebirgsjager', i Cacciatori delle Alpi artefici del massacro di Cefalonia, nel settembre '43. Fu lui il comandante del plotone di esecuzione che fucilo', tra gli altri, il comandante della Divisione Acqui, Antonio Gandin. A suo avviso gli italiani erano dei "traditori" e "al tradimento vi era una sola risposta: l'esecuzione". Nonostante questo i magistrati tedeschi l'hanno prosciolto perché quello di Gandin e dei suoi ufficiali non può essere considerato, secondo loro, un omicidio "aggravato", ma semplice. L'inchiesta è stata allora riaperta dalla procura militare di Roma, che in questi giorni ha notificato al mastro pellicciaio l'avviso di conclusione delle indagini. Nei prossimi giorni ci sarà la richiesta di rinvio a giudizio e sarà il gip militare a decidere. Molto probabilmente Muhlhauser non si presenterà alle udienze, ma quello che doveva dire è contenuto in alcuni interrogatori resi alle autorità tedesche ed ora agli atti dell'inchiesta italiana. Il primo risale al 27 giugno 1967. Muhlhauser racconta di essere stato incaricato di "mettere insieme un plotone che doveva servire alla fucilazione di un determinato numero di ufficiali italiani". Li trova e, per evitare brutte figure, la sera si esercitano "sparando a salve". Arriva la mattina dell'esecuzione. "Il generale Gandin - racconta l'ex sottotenente - dovette mettersi in un avvallamento. Di fronte a lui si era schierato il plotone di esecuzione. Il maggiore Klebe (poi soprannominato 'il macellaio' - ndr) estrasse dalla manica un documento e lo lesse. Ora non sono in grado di riferirne il contenuto, ma l'essenza era che il generale Gandin doveva essere fucilato su ordine del Fuhrer per tradimento o simili. Per lo stesso motivo dovevano essere fucilati anche altri ufficiali della divisione italiana. Ad un segno del maggiore Klebe ho dato l'ordine di sparare". "Dopo un po' di tempo - continua - arrivò un camion con circa 4-6 ufficiali. Anche loro furono fucilati nello stesso modo del generale, ma prima dell'esecuzione non fu letto nulla. L'ordine di sparare lo diedi io anche in questo caso". Molti anni dopo, il 24 marzo 2004, Muhlhauser torna ad essere interrogato sugli stessi fatti. E chiarisce: "io ero adirato contro il generale o i suoi ufficiali. L'aria nei confronti degli italiani non era certo di quelle buone. La disposizione data per l'esecuzione per me era un ordine superiore irrevocabile". L'aria non era buona, spiega, perché "tra gli ufficiali (tedeschi) si parlava della divisione italiana solo come di traditori. Con l'ordine del Fuhrer era già chiaro che coloro che appartenevano alla divisione italiana andavano trattati completamente da traditori. Al tradimento vi era solo una risposta: l'esecuzione". Prima di essere ucciso Gandin "rifiutò la benda. Poco prima dell'ordine 'fate fuoco' il generale disse a voce alta: 'Viva l'Italia, viva il Ré. Subito dopo crollò a terra".

LA MATTANZA DELLA DIVISIONE 'ACQUI'
Quella della Divisione Acqui fu la peggiore strage compiuta dai militari tedeschi ai danni degli italiani nella Seconda Guerra mondiale: gli studi più recenti stimano in circa 5.000 (su un totale di 11.500) i soldati uccisi durante la battaglia, morti nell'affondamento dei tre piroscafi che avrebbero dovuto trasportarli nei lager nazisti e, soprattutto, massacrati a sangue freddo dopo essersi arresi. Nel caos dell'8 settembre '43, il generale Antonio Gandin, comandante della Acqui, cerco' in ogni modo di trovare una strada che consentisse di salvare al tempo stesso l'onore - rifiutando il disarmo - e la vita dei suoi "figli di mamma", evitando una battaglia che giudicava persa in partenza. Le trattative con i tedeschi proseguirono così fino alla notte del 14 settembre quando Gandin, con un 'referendum' inedito nella storia delle forze armate italiane, chiese direttamente ai militari della Divisione cosa volessero fare: unirsi ai tedeschi; cedere le armi; tenerle e resistere. Scelsero quest'ultima strada, quella di "combattere, piuttosto di subire l'onta della cessione delle armì", disse nel 2001 l'ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, secondo cui Cefalonia fu "il primo atto della Resistenza, di un'Italia libera dal fascismo". I bombardamenti degli Stukas cominciarono la mattina del 15 settembre. Il 22 la Acqui si arrese. La vendetta tedesca fu spietata e senza alcuna giustificazione. Testimoni raccontano di fucilazioni di massa di soldati che avevano appena deposto le armi. Gandin fu fucilato il 24 settembre, insieme al suo Stato maggiore. Molti cadaveri furono bruciati e gettati in mare. Da un punto di vista giudiziario, a questa strage corrisponde uno dei più clamorosi casi di giustizia negata che si ricordi: a 65 anni dai fatti ancora nessuno ha pagato. A parte il generale Hubert Lanz, comandante del XXII corpo d'armata germanico, condannato nel 1948 a Norimberga a 12 anni di reclusione (ma ne scontò solo 5) per la fucilazione di "alcuni ufficiali italiani", nessun altro è finito alla sbarra. In Italia, nel 1957, il giudice istruttore militare assolse alcuni ufficiali italiani, denunciati dal padre di un finanziere fucilato sull'isola in quanto 'colpevoli' di aver fomentato nella truppa la rivolta contro i tedeschi, circostanza che avrebbe portato al massacro. Nel 1960 furono assolti anche diversi ufficiali tedeschi: una decisione, quest'ultima, su cui pesò la volontà politica del governo italiano di non ostacolare il processo di ricostruzione della Germania e delle sue forze armate in un periodo in cui la Nato ne aveva bisogno. Nel 1964 venne aperta un'inchiesta anche in Germania, in seguito a materiale fornito da Simon Wiesenthal, il 'cacciatore di nazisti', ma la procura di Dortmund quattro anni dopo archiviò. Quelle stesse indagini furono riaperte nel settembre 2001: l'attenzione venne concentrata sull'operato di sette ex ufficiali della Wehrmacht. La posizione di uno di questi, il sottotenente Otmar Muhlhauser, capo del plotone di esecuzione che fucilò Gandin, venne stralciata: gli atti passarono alla procura di Monaco che nel settembre 2007 dichiarò prescritto il reato a carico dell'imputato, non trattandosi - secondo il magistrato - di un omicidio aggravato, ma 'semplice'. L'8 marzo 2007 anche la procura di Dortmund ha archiviato l'inchiesta aperta nel 2001 a carico degli altri sei ex ufficiali tedeschi. Dopo queste archiviazioni le figlie di due delle vittime di Cefalonia, Marcella De Negri e Paola Fioretti, hanno presentato un esposto alla procura militare di Roma, chiedendo di riaprire l'inchiesta, cosa che poi è avvenuta. Ora la conclusione delle indagini, con la prossima richiesta di rinvio a giudizio per il solo Muhlhauser.
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