Il Divo

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il rat-man
00venerdì 30 maggio 2008 11:52





Titolo originale: Il Divo
Nazione: Italia
Anno: 2008
Genere: Drammatico
Durata: 110'
Regia: Paolo Sorrentino
Sito ufficiale: www.luckyred.it/ildivo/

Cast: Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Giorgio Colangeli, Piera Degli Esposti, Alberto Cracco, Lorenzo Gioielli, Paolo Graziosi, Gianfelice Imparato, Massimo Popolizio, Aldo Ralli, Giovanni Vettorazzo
Produzione: Indigo Film, Lucky Red, Parco Film, Babe Film
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: Cannes 2008
28 Maggio 2008 (cinema)

Trama:
Il film parla di una stagione della vita di Giulio Andreotti, e precisamente del periodo che va dalla fine della sua settima presidenza del consiglio, con all'orizzonte la massima carica istituzionale del paese, all'inizio del processo che lo vede accusato di associazione mafiosa. Impeccabile ed impenetrabile come nessuno, il senatore a vita affronta questa fase della sua esistenza, superando alla fine tutte le prove che la quotidianità, di volta in volta gli proponeva.



non l'ho trovato così eccelso come lo descrivevano, servillo è bravissimo nell'impersonificare il personaggio andreotti più che andreotti stesso ma alcune scelte in regia di sorrentino non mi hanno convinto molto, se lo si vede in chiave grottesca come ho letto in qualche recensione allora il quadro d'insieme cambia in positivo.

molto bravo bucci (famoso ai più per la sua interpretazione di padre bastiano ne "il marchese del grillo") che per gran parte del film ho confuso con castellitto vista la somiglianza e il trucco per farlo somigliare ad evangelisti [SM=g27827]
il rat-man
00domenica 1 giugno 2008 11:22

Che Andreotti sia stato nella sua vita politica «un uomo spericolato» può darsi. Nel film Il Divo di Paolo Sorrentino è ciò che almeno dice di lui la fedele segretaria Enea, interpretata da Piera degli Esposti. Ma la frase completa è: «Un uomo spericolato, non pericoloso». L’impressione a sedersi due ore davanti al capolavoro cinematografico del regista napoletano è tutta una conseguenza di questa e altre battute. Come quando, al giornalista Eugenio Scalfari (l’attore Giulio Bosetti) che gli ricorda tutti i sospetti che gravano su di lui, il Divo replica che se il direttore de la Repubblica può stare lì a fargli domande scomode è solo grazie al suo interessamento e di Ciarrapico perché Silvio Berlusconi non ne diventasse l'editore. Scalfari risponde che la storia è più complicata. Al che Andreotti conclude che anche la sua, di storia, è più complicata.
Insomma, Sorrentino monta un film fantastico, pieno di personaggi coloriti. Come il Cirino Pomicino interpretato da Carlo Buccirosso: divertente. Ma nel complesso non racconta niente più di ciò che già sappiamo del potere reale. Il suo è un film che fa indignare, ma sul vuoto. Mesta in un pentolone di sentito dire e di fatti senza prove. Rischia la via dell’inchiesta senza prenderla poi sul serio. Toni Servillo è bravissimo nella macchietta che dovrebbe essere Andreotti. Ed è un’opera meritoria portare nelle sale un film su un pezzo così importante di Storia italiana. Ma sono pochi i pertugi da cui si intravede l’uomo vero Andreotti, invece del fantomatico statista diverso da tutti e dunque per forza mostruoso. No, il male è più banale. E nonostante le caricature del film, ciò viene fuori. Ad esempio, alla tavola da pranzo, quando la moglie Livia, l’attrice Anna Boniauto, glielo dice in faccia che se per tutti lui, Il Divo, è il più colto e il più intelligente, lei lo sa chi è davvero. Ma non è l’accusa di una moglie stanca, non lo fa per sminuirlo, solo per umanizzarlo, per riportarlo più a casa. Come quando lui la chiama da Mosca, poco prima di sdraiarsi a letto a leggere un libro giallo, e la prega di fargli sentire la sua erre moscia. O ancora nel momento in cui Andreotti pensa di essere eletto al Quirinale e lei gli domanda: ci trasferiremo là nel caso? E lui: no, resteremo qui, al Quirinale c’è da diventare matti. Una coppia di una volta. Con i ritmi e le abitudini dell’amore consolidato. Quello che regge anche all’accusa di mafia. Ed eccoli, Giulio e Livia, nella scena più bella del film, che non è quella cantata da tutti in cui a Palazzo Chigi arrivano in Ferrari componenti della corrente andreottiana della Dc (quando mai?), ma quella intima, che mentre i telegiornali davanti alle loro poltrone nel tinello danno notizie del processo, li vede prendersi la mano, cambiare canale, e ascoltare insieme un pezzo del concerto di Renato Zero, mentre canta la canzone I migliori anni della nostra vita: «Sarà che io e te siamo di un altro lontanissimo pianeta… tutti vogliono tutto, per poi accorgersi che è niente...». Ed è forse qui il segreto poco sviluppato del film, e cioè l’inattualità di persone così, che anche se forse pensavano che «bisogna amare tanto Dio per sapere quanto sia necessario il male per avere il bene», stanno distanti dalla politica attuale come un altro pianeta, appunto, alla terra. Testimonianza ne è l’atteggimanento di rispetto della magistratura tenuto dal senatore a vita in tutti questi anni.
Ma il prezzo del successo di un film così bello, è evidentemente anche quello di rinunciare anche a un po’ di verità. Perché questa risulta sempre problematica. Ad esempio, si cita più volte l’archivio di Andreotti. Ma non è questo forse lo scandalo più grande dell’uomo? L’ostinarsi a custodire i segreti di un paese bloccato da anni su tanti misteri. Paradossalmente, considerato il discorso critico sulla verità e su chi la cerca, che esce dalla bocca del Divo in una scena, il film di Sorrentino, solo e proprio in questo suo essere cinema senza troppa attinenza, è andreottiano davvero.



buona recensione, descrive bene il film di Sorrentino [SM=x967708]
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