IL DOTTOR SPOT E LA PAR CONDICIO (CLAUDIO RINALDI)

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INES TABUSSO
00domenica 27 novembre 2005 22:34

L'ESPRESSO
numero 47 del 2005
Contropiede
Dottor Spot e Mr Bugia
di Claudio Rinaldi

La propaganda di Forza Italia richiede una grande capacità di menzogna

Un tempo parlare bene di sé era considerato sconveniente: "Chi si loda s'imbroda", insegnavano le madri. Ora non più. Da anni Silvio Berlusconi fa dell'autoelogio una pratica quotidiana, una filosofia di vita, il che non è l'ultimo dei suoi contributi all'involgarimento del paese. E in questi giorni, fiutando l'avvicinarsi delle elezioni, tende a strafare, con una serie infinita di discorsi trionfalistici sul mirabile operato del suo governo.

Ormai i temi chiave della sua campagna li ha messi a fuoco. Il primo è, appunto, la rivendicazione dei miracoli compiuti. Strappare un okay agli elettori appare difficile, visto che i delusi sono tanti, ma il premier ci prova. A volte si affida a spericolati giudizi di valore, come quando definisce "splendidi" i risultati dell'avventura militare nel disastrato Iraq; più spesso seppellisce gli astanti sotto valanghe di cifre, i 617 provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri, le 179 leggi licenziate dalle Camere, le 22 riforme completate. Gli si può obiettare che il numero degli atti di governo non ha nulla a che vedere con la loro efficacia, così come la stabilità di un esecutivo non garantisce la qualità delle sue decisioni. Berlusconi, tuttavia, conta sul suo talento nel lavaggio dei cervelli; e pure sull'involontario aiuto dei suoi avversari, incomprensibilmente restii a rinfacciargli il tradimento degli impegni e il flop del Contratto con gli italiani.

Il secondo tema della campagna appena avviata è "il sogno possibile", per usare lo slogan dell'adunata di giovani forzisti promossa di recente da Marcello Dell'Utri. Una nuova raffica di favole, di annunci avveniristici. Anche qui però ci sono problemi: lo dimostra il goffo passaggio, nel breve volgere di quattro giorni, dalla promessa di una casa per tutti a quella di una casa per i soli sfrattati. L'estemporaneità delle chiacchiere correnti, per esempio sul ritorno al nucleare o sul pensionamento a 68 anni (perché poi 68? nella Germania presa a modello l'ipotesi allo studio è 67...), conferma che il programma del 2006 è ancora in altissimo mare. Il terzo filone, infine, è la calunnia preventiva ai danni di Romano Prodi & C. Si tratta di spaventare la gente ammonendo che, in caso di vittoria, il centro-sinistra commetterà ogni sorta di nefandezze: introdurrà un'imposta patrimoniale, ridurrà la settimana lavorativa a 35 ore, estenderà lo Statuto dei lavoratori alle piccole e piccolissime aziende. Di vero in tutto ciò non c'è niente, si è in presenza di un gigantesco processo alle intenzioni. Ma anche questo indica che la propaganda di Forza Italia richiede innanzitutto una grande capacità di menzogna, e che in tanto può avere successo in quanto riesca a stendere sulle forme usuali di ciarlataneria una patina di credibilità.

Ecco perché Berlusconi ha la tentazione incoercibile di manomettere la legge sulla par condicio. I normali strumenti della comunicazione politica, dai comizi ai manifesti murali agli opuscoli spediti a tutte le famiglie, non gli bastano: alle europee del 2004 ha investito ben 34 milioni di euro, oltre il quadruplo del listone Uniti nell'Ulivo, eppure il suo partito è crollato al 21 per cento dei voti dal 29 che aveva tre anni prima. Quelli che gli servono sono gli spot, la traduzione moderna dell'antico ipse dixit, i messaggi pubblicitari dall'assertività implacabile che si impongono grazie alla frequenza ossessionante e al linguaggio suggestivo.
Soltanto gli spot possono rendere convincente una bugia, genuino un falso, attraente una nullità. Senza di essi il Berlusconi in declino di oggi si sente perduto. Furono gli spot a regalargli la folgorante vittoria del 27-28 marzo 1994, gli spot a fargli toccare nel giugno successivo il livello record del 30,5 per cento dei voti. Poi sono stati vietati, salvo che alle europee del 1999: lì la Lista Bonino, ricorrendo estesamente alla pubblicità in tv, conquistò uno strabiliante 8,5 per cento, anche se alle regionali dell'anno dopo precipitò al 2.

Fino a poche settimane fa Berlusconi, oltre che di ripristinare la libertà di spot, proponeva di assegnare gli spazi televisivi ai vari partiti in ragione del loro bottino elettorale nel 2001: una clausola spudoratamente favorevole a Forza Italia, con quel suo non ripetibile 29 per cento. Adesso l'uomo, che è un negoziatore furbo, si accontenterebbe di molto meno. Ma per tutti i suoi interlocutori, dall'Unione al resto del centro-destra, qualsiasi concessione alle sue brame equivarrebbe a un suicidio. Gli spot, infatti, non sono un veicolo di idee neutrale. Sono il cuore e il simbolo del berlusconismo, la fonte unica di una ricchezza smisurata, l'arma letale di un populismo d'alto bordo capace di sublimare in illusioni i desideri collettivi. Chi ha il potere di rastrellare i due terzi della telepubblicità, oltretutto, sa dove e come farsi confezionare gli spot migliori; e anche su quelli degli altri imprime in qualche modo il suo marchio, giacché li costringe ad andare in onda su emittenti controllate da lui. "Il mezzo è il messaggio", diceva Marshall McLuhan! Permettere a Forza Italia di battersi sul terreno degli spot, dunque, sarebbe come far giocare il Milan sempre a San Siro, anzi a Milanello, e mai in trasferta.
Può darsi che a bloccare il piano di Berlusconi provveda l'Udc, può darsi che l'eventuale colpo di mano debba sventarlo il capo dello Stato. In ogni caso, Berlusconi cercherà di infliggere ai cittadini dosi massicce di sé: la propensione all'autoapologia fa parte del suo Dna. Eppure non è detto che quattro-cinque mesi di logorrea gli giovino. L'anziano imbonitore conserva il suo atout, un manzoniano "scilinguagnolo bene sciolto"; ma potrebbe scoprire che molti, assaggiato il suo prodotto, sono stufi di dargli retta.
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