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IslandPunk
00giovedì 28 luglio 2005 21:21
Alcuni link per scaricare classici e non:

Da Dante a Internet...

Narrativa

Narrativa

Inglese:

Inglese

INglese2
:Bacco:
00venerdì 29 luglio 2005 00:15
Ohi!
Tanta roba!
zaren1
00venerdì 29 luglio 2005 09:24
GIAPSTERS
Intervista a Wu Ming sul copyleft - da Blow Up

[Sul numero in edicola della rivista Blow Up. Rock e altre contaminazioni (n.86/87, luglio-agosto 2005, € 5,00) c'è una lunga e dettagliata intervista di Michele Coralli ai Wu Ming sui temi della proprietà intellettuale, del copyright e del copyleft. Poiché nell'industria culturale, e in particolare tra gli editori, continuano a circolare luoghi comuni e allucinati fraintendimenti (come l'idea che il download dei libri danneggi le vendite, nonostante gli stessi Wu Ming siano la prova del contrario), e poiché questa conversazione fa chiarezza su alcuni punti-chiave, abbiamo deciso di riproporla qui. AC]

Nelle nostre precedenti interviste sul diritto d'autore nell'epoca del "copia e incolla" sono scaturiti moltissimi elementi interessanti da cui potremmo partire in questa nostra conversazione. La più immediata sensazione è che in molti ambienti, quando si parla di Internet e nuove tecnologie digitali prevalga ancora un certo nervosismo. È un po' come se, a fronte di un cambiamento che ha il peso di una rivoluzione globale, i timori di perdere una posizione più o meno dominante siano i soli a determinare l'atteggiamento di qualsiasi politica editoriale. Cos'è che spaventa ancora?

Se si parla dell'industria dell'entertainment, spaventa la consapevolezza di aver perso l'occasione, di essere in plateale ritardo, aver subito l'innovazione anziché anticiparla, e tutto questo dopo decenni di retorica e propaganda sul "new", la "next big thing", il "cutting edge", lo "state-of-the-art". I padroni del vapore dell'industria culturale temono il nuovo, lo temono visceralmente, ma non possono ammetterlo, se ne vergognano: temere il nuovo è... anticapitalistico, è... illiberale! La cultura in cui si sono formati non contempla nemmeno l'idea del secondo posto, figurarsi l'arrivare ultimi, con la maglia nera (come quel ciclista degli anni Ottanta, Gambirasio, dignitosissimo).

Spaventa e angoscia lo scoprirsi su posizioni di retroguardia, "conservatori", resi vecchi da un cambiamento cognitivo epocale, uno dei processi di diffusione e socializzazione del sapere più importanti dal Neolitico ai giorni nostri. Che fare, dunque? Sminuire il nuovo, per poi criminalizzarlo: "Ma quale cambiamento cognitivo? Ma quale copyleft? Quale peer-to-peer? Si chiama furto, si chiama frode, si chiama fare i furbi! Che c'è di nuovo nel furto? Che c'è di epocale nel commettere reati?"
Lorsignori s'erano abituati a profitti smodati in condizioni di primato dei supporti (cd, dvd) e di proprietà esclusiva dei mezzi di produzione (sale d'incisione, studios, masterizzatori etc.). La parziale "smaterializzazione" (il flusso di dati conta più dei supporti) e la democratizzazione del computing (broad band e masterizzatori sono ormai in tutte le case) li hanno colpiti nel portafogli. Dovranno abituarsi a profitti "normali", e a produrre e vendere entertainment in un altro modo. Potevano muoversi prima, cavalcare la tigre fin dall'inizio, ma non avevano la mentalità giusta, non avevano le informazioni giuste. Il web esiste e cresce da undici anni, la rete da molto prima, la velocità delle connessioni è aumentata sempre di più (dal modem a pedali all'isdn all'adsl alla fibra ottica), questi pagano fior di sondaggisti e uffici studi per sondare il mercato e l'immaginario, eppure non hanno saputo leggere la tendenza.
Del resto, i media tradizionali non li hanno aiutati granché: ogni giorno il sensazionalismo giornalistico dipinge una guernica di pedofili, pirati, sniffatori di password, clonatori di carte di credito, e molto di rado si descrivono i mutamenti reali mentre sono in corso. Di solito, i media arrivano a giochi fatti, e descrivono la situazione dell'anno prima. C'è molta ignoranza e ottusità anche nella stampa specializzata, "di settore": qualche mese fa, su un mensile musicale italiano, un coglioncello definiva il copyleft "libertà di rubare".


Secondo voi, come mai fatica a passare l'idea che il download gratuito sia realmente in grado di favorire le vendite di un prodotto editoriale, sia esso libro o disco?


Hai fatto bene a scrivere "in grado", a esprimere una potenzialità. La cosa non è per niente automatica. Occorre sbattersi, offrire un prodotto di qualità, mostrare di crederci, seguire la circolazione del prodotto e gli effetti che produce, il ritorno d'immagine, la voglia di conoscere altre opere dell'autore etc. Se la cultura circola, produce circoli virtuosi. Nel caso del libro, la cosa funziona molto bene, ormai è dimostrato cifre alla mano, tocca agli altri tentare di smentirci. I nostri libri continuano a vendere perché c'è un passaparola senza tregua, alimentato dai download.
Nel caso della musica, serve un cambio di mentalità: il fulcro non è più il supporto, il grosso dei profitti proverrà sempre meno dalla vendita del cd. Non stiamo parlando di "cofanetti", box multi-cd con artwork molto curato e booklet ricchissimi: quelli sono oggetti che vale sempre la pena comprare, toccare, carezzare. Parliamo del normale album-nuova-uscita. Il supporto è oggi un accessorio, anche importante, ma comunque un accessorio. E' uno dei modi di far circolare la musica e il nome di chi l'ha composta; è uno dei modi di consegnare ai flutti messaggi in bottiglia; è uno dei modi per "fissare" la musica, serbarne memoria, tramandarla (anche se il cd è un supporto facilmente deperibile, al contrario di quello che si propagandava quando fu immesso sul mercato). Ma il vero momento di verifica e di guadagno sarà sempre di più l'esibizione dal vivo, oltre ai vari utilizzi commerciali (inclusione in colonne sonore, spot televisivi, jingles radiofonici). Si badi che questo vale anche per la musica laptop-oriented: uno magari vende poche copie di un cd, ma poi i locali ti chiamano per fare "sonorizzazioni", costruire ambienti sonori etc.


Lavoro coperativo come propulsore di sviluppo e innovazione. È questa la sfida di iniziative nate all'ombra dell'idea dell'Open Source come l'enciclopedia online Wikipedia o delle Creative Commons, le licenze gratuite create nel nome dello scambio tra autori. Tra queste spinte e quelle che operano nel senso di una sempre più stretta restrizione del copyright, come la "legge di Topolino" scritta ad hoc per la Disney dal Congresso americano, si determina uno scontro vero e proprio, oppure sono tendenze che alla fine riusciranno a convivere pacificamente?

Un aforisma di Woody Allen dice: "Il leone e l'agnello dormiranno insieme, ma l'agnello dormirà ben poco". La convivenza pacifica è impossibile, semmai parleremmo di compresenza conflittuale. Sono due cavalli che tirano in direzioni opposte. Tesi e antitesi produrranno una lunga serie di sintesi precarie, fino a un risultato più stabile, che speriamo sia una riforma radicale della legislazione sul copyright. Ma ci vorranno anni e anni.


Nella musica, così come nella letteratura, sembra che una reazione a certi atteggiamenti protezionistici sia quella di determinare una vera e propria eruzione di nuovi materiali. Oltre naturalmente alla facilità dettata dalle nuove tecnologie, si ha l'impressione che come reazione alla disinvoltura con cui si sguinzagliano gli avvocati per tutelare le opere sotto tutela, ci sia molta produttività spesso svincolata da verifiche autocensorie. In altre parole non credete che un esasperato protezionismo determini esiti opposti, quasi di eccesso di spontaneismo artistico?

Senz'altro. E' sempre stato così. Metti un recinto e darai a qualcuno l'idea di scavalcarlo. L'atto di scavalcarlo produce una nuova percezione dello spazio: prima ce n'era uno solo, ora ce ne sono due: il "di qua" e il "di là". Pura dialettica, l'uno che diventa due. Dall'unico discende il molteplice. Il controllo produce linee di fuga.


Il copyleft è basato in prima istanza da un'onestà intellettuale che dovrebbe responsabilizzare chi riutilizza dei materiali in modo che questi non vengano sfruttati per fini di lucro. Non è ingenuo pensare che io posso copiare tutto, semplicemente promettendo di non guadagnarci dei soldi?

Il copyleft ha come fondamento il copyright. Una dicitura copyleft non è altro che una dicitura copyright corredata da una lista di eccezioni al divieto. Il testo è mio perché ne sono l'autore, sta a me decidere, e decido che se vi va potete riprodurlo e utilizzarlo così e così... ma non cosà. Se lo utilizzate cosà, violate il copyright. Senza il copyright non abbiamo il copyleft, abbiamo il pubblico dominio di un'opera, chiunque può prenderla e utilizzarla - anche a scopo di lucro. Succede coi grandi romanzi dell'Ottocento, ormai liberi da diritti. Chiunque può ripubblicarli, anche con traduzioni frettolose e scadenti. Con il copyleft non può succedere, perché le condizioni di utilizzo sono molto chiare. La fiducia è una gran bella cosa, l'onestà intellettuale è auspicabile che ci sia sempre, ma se viene a mancare, ci sono i tribunali. Se durante un volteggio cadi dal trapezio, non è male sapere che sotto c'è la rete.


Un atteggiamento "elettronico" o "digitale" è senz'altro più visibile in un musicista, piuttosto che in uno scrittore. Come pensate che questa tecnologia, che ha determinato un profondo cambiamento di relazione tra artefice e manufatto, sia stata in grado di agire sul pensiero creativo umano? In altre parole siamo semplicemente in una fase che parte da qualcosa che Walter Benjamin aveva già individuato settant'anni fa o c'è qualcosa di più?

Non crediamo che un atteggiamento digitale oggi sia "meno visibile" in uno scrittore. Il passaggio dalla Olivetti al word processor, che poteva dirsi compiuto all'inizio degli anni Novanta, aveva già rivoluzionato il modo di comporre un testo. La crescita della rete ha fatto il resto. La "ricorsività" della scrittura (cioè la possibilità di modificarla infinite volte senza distruggere il supporto provvisorio, "sbianchettare", cestinare etc.), la fine del "blocco da foglio vuoto", la funzione taglia-e-incolla, la rapidità con cui puoi spedire il testo ad altre persone per avere un parere, la facilità con cui si passa dal file al libro (una volta il dattiloscritto andava ricomposto su una lastra in caratteri di piombo!), la maggiore interazione tra scrittori e lettori tramite e-mail, blog, siti dedicati... Tutto questo cambia radicalmente la psicologia dello scrivere, l'approccio alla parola. Restituisce allo scrivere la sua dimensione sociale.


Quali sono gli artisti che stanno meglio intepretando questa estetica tecnologica, orientata alla condivisione?

Più che di artisti, è interessante parlare di "operazioni". L'operazione "cd brulé" fatta da Einsturzende Neubauten ed Elio e le storie tese (alla fine del concerto puoi comprarne subito la registrazione, a un prezzo contenuto); l'operazione Grey Album di DJ Dangermouse (e in generale tutta l'estetica del "Bootleg Remix" che andava di moda qualche anno fa e ora si è trasformata in qualcosa di indefinibile); l'operazione Beatallica (una parodia creativa che si afferma e si sviluppa grazie alle risorse della rete); e poi tutti gli artisti che non hanno paura a mettere la loro musica scaricabile on line, perché sanno che, se si è intelligenti, si ha tutto da guadagnare. Per quanto riguarda la scrittura, non parliamo di noi stessi, e ci "limitiamo" a segnalare la vertiginosa crescita dei blog letterari.


Bill Gates ha recentemente affermato che "l'economia mondiale è oggi più che mai fondata sulla fede nella proprietà intellettuale. Esiste solo un manipolo di comunisti di nuovo genere che vorrebbero fare piazza pulita degli incentivi per musicisti videomaker e produttori di software." Voi vi sentite comunisti?

Lasciamo parlare i fatti, al di là delle etichette ideologiche.

Pubblicato Luglio 14, 2005 12:34 AM
ongii
00venerdì 29 luglio 2005 12:36

non fa una piega, sto "anonimo" mandarino.

ministro della cultura, lo vogliamo.
pescetrombetta
00venerdì 29 luglio 2005 12:42
Zarina, ci leggiamo nel pensiero! Mentre leggevo il primo post del topic pensavo, dove avevo salvato quell'intervista?
Oltre al valore letterario degli anonimi mandarini, mi piace molto il loro idealismo pratico, ovvero credo in determinate cose e mi comporto di conseguenza, con la massima coerenza possibile. Eh si, ministri subito!
zaren1
00venerdì 29 luglio 2005 12:47
e io non mi stancherò mai di sponsorizzarli....per me stanno su un altro pianeta....se poi penso che son cinque ragazzi e non cinque vecchi vegliardi...ancora di più, tanto di cappello.

forza giapsters!

[Modificato da zaren1 29/07/2005 13.07]

Giusitta
00venerdì 29 luglio 2005 12:50
Re:

Scritto da: zaren1 29/07/2005 12.47
e io non mi stancheò mai di sponsorizzarli....



io non ho ancora ricevuto pacchi contenenti libri...
[SM=g27818]

ongii
00venerdì 29 luglio 2005 12:55
Re: Re:

Scritto da: Giusitta 29/07/2005 12.50


io non ho ancora ricevuto pacchi contenenti libri...
[SM=g27818]




potresti proporti come cellula wuminghiana della sardegna
creare il tuo trullo-thai in quel di cagliari
e rifondare il gramscismo, che credo sia ben visto da questi mandarini.....

[SM=g27811]
Giusitta
00venerdì 29 luglio 2005 12:56
mmmhhh posso pensarci....

trullo-thai??
come quelli pugliesi?


pescetrombetta
00venerdì 29 luglio 2005 13:00
Amch'io anch'io! Io copro il nord, e tengo i contatti con la capitale
ongii
00venerdì 29 luglio 2005 13:08
Re:

Scritto da: Giusitta 29/07/2005 12.56
mmmhhh posso pensarci....

trullo-thai??
come quelli pugliesi?





esatto, ma credo che costruzioni del genere si trovino anche dalle vs parti....
insomma, dividetevi la sardegna....tu e pesciolina...in realta' in mezzo a questa visionarieta' il fatto di occuparsi della diffusione di wm in ichnusa non e' uan cavolata....
pescetrombetta
00venerdì 29 luglio 2005 13:15
Beh, speriamo che la diffusione sia poco visionaria e molto realistica!
Giusitta
00venerdì 29 luglio 2005 14:05
Re: Re:

Scritto da: ongii 29/07/2005 13.08
esatto, ma credo che costruzioni del genere si trovino anche dalle vs parti....



si chiamano nuraghi diego, nuraghi...
[SM=g27835]

ongii
00venerdì 29 luglio 2005 14:34

come si dice in questi casi:

[SM=g27814]

oppure

[SM=g27815]

[Modificato da ongii 29/07/2005 14.34]

Giusitta
00venerdì 29 luglio 2005 15:03
[SM=g27827]

io non sto bene
00venerdì 5 agosto 2005 11:39
concordo in pieno con quanto scritto dai wu-ming...
sarebbe davvero bello se si realizzasse qualcosa del genere!![SM=g27828]
ammiro molto il collettivo wu-ming, li stimo anche se per me rimane una grande contraddizione sul loro modo di agire e pensare il fatto che pubblichino i loro meravigliori scritti su case editrici appartenenti al berlusca!!![SM=g27813]
hanno avuto feroci critiche da diverse parti dell'ambiente di sinistra e le loro risposte circa la possibilità di combattere il "nemico dall'interno" per destabilizzarlo non mi sono sembrate molto coerenti e convincenti!!![SM=g27818]
comunque sia, anche se arricchiscono l'odiato nano[SM=g27826] , lunga vita ai WU-MING!![SM=g27836]

ps: grazie zaren1 per l'interessante intervista...[SM=g27827]

[Modificato da io non sto bene 05/08/2005 11.41]

mant(r)a
00domenica 7 agosto 2005 04:12
chiacchiere d'avanzo
l'intervista rilasciata su blow-up mi sembra una predica da cazzaroni.
innovare il sistema e bla bla bla...
l'unica cosa che bisognerebbe rinnovare è la testa di chi ha contratti milionari con le case editrici
ongii
00domenica 7 agosto 2005 06:05


a me non pare che questi vogliano la luna
mi sembra un pensiero che fluisce abbastanza chiaro.
ci si alzi le maniche per una pratica collettiva di scrittura. per come andrà, per ognuno degli scrittori, poi si vede. l'editoria è addosso agli scrittori in un mercato del privilegio. chi sa, chi ha contatti, chi sfonda e si sbatte.allora che si uniscano le forze. anche nel mondo della musica avvengono di queste cose, si hanno riscontri su quelli che si uniscono in barba alle majors ma solo di facciata e quelli che propongono strade nuove/vecchie e si diffondono in giro.anche a me, a volte, dà noia la nicchia.

[Modificato da ongii 07/08/2005 6.11]

[Modificato da ongii 07/08/2005 6.12]

mant(r)a
00domenica 7 agosto 2005 11:14
Re:

Scritto da: ongii 07/08/2005 6.05

...
chi sa, chi ha contatti, chi sfonda e si sbatte.allora che si uniscano le forze.
...


ecco, rinnovare la testa di chi abbia già grossi contratti (in modo che si mettano anche a scrivere in maniera decente, ché c'è chi sui propri rimuginii di parole e d'idee biascicate ci fa soldi a palate, in barba al lettore (ancor più stupido) che gli dà spago e denaro).
a me pare già assurdo che uno che scriva ne debba avere uno...
la roba sui diritti può anche essere una cosa giusta, ma a me sembra solo una lotta(/panzana) per farsi pubblicità.
voglio un libro? beh, me lo compro.
il passaparola con download può essere anche una cosa soddisfacente ma
penso
se i tascabili costassero anche solo un par d'euro in meno sarebbe molto meglio
anni luce dalle chiacchiere sul copyright: posso pagare un tascabile anche 15-20euro? è un prezzo assurdo.

[Modificato da mant(r)a 07/08/2005 11.17]

mant(r)a
00domenica 7 agosto 2005 11:38
però, certo, un'idea del tipo "Mi autoproduco il mio libro" non è mica da buttarsi: cavoli!
se ci fosse anche un mezzo per poter poi distribuire questa mia autoproduzione...

a me l'idea cd brulée fa un po' schifo (ma è solo che non ho troppe vie di mezzo), sembra proprio fatta apposta per alimentare il mercato dei bootlegs. è bello avere la possibilità d'acquistare sul momento un prodotto che è piaciuto, ma l'idea che ho è che si dia spazio a collezionismo, idolatria verso gli artisti da un verso e sfruttamento degli allocchi "idolatri" dall'altro... circoli viziosi; anche se, c'è da dire, Un'operazione del genere è, positivamente, uno sprazzo di amplia pubblicità verso gruppi che fanno dell'indipendenza dalle major un punto fermo o quasi, e che senza supporto probabilmente scomparirebbero.

il discorso sociologico fila (la tecnologia cambia l'approccio eccetera...), come non potrebbe?
ma quelle sono solo chiacchiere.

poi penso: non è l'editoria che è addosso agli scrittori in un mercato del privilegio, bensì gli autori che fanno dell'editoria un privilegio
il che è alquanto viscido: perde di qualità lo scritto, aumenta in volume il portafogli di scrittore&editore
e tutto questo grazie agli acquirenti, mica ad altri.
è logico che l'editore pensi a guadagnare... lo scrittore dovrebbe pensare a scrivere bei libri, e non libri vendibili, e con un contratto che ti dice Entro cinque anni evi scrivere tre libri uno come ci si pone?: in genere nella maniera più facile, quella che non ti faccia impazzire...

alla fin fine è il punto di vista del lettore che andrebbe ampliato, ché se il mercato del libro è nelle condizioni che s'è detto non è altro che colpa sua che compra e legge le cazzate che gli propinano.
ongii
00domenica 7 agosto 2005 15:18
ecco, rinnovare la testa di chi abbia già grossi contratti (in modo che si mettano anche a scrivere in maniera decente, ché c'è chi sui propri rimuginii di parole e d'idee biascicate ci fa soldi a palate, in barba al lettore (ancor più stupido) che gli dà spago e denaro).


questo mi pare difficile, in fondo funziona come la pubblicità, o comunque come domanda da parte del pubblico. Eddai mattia, benni non ti piacerà e va bene, ma esistono casi molto peggiori e diseducativi...

la roba sui diritti può anche essere una cosa giusta, ma a me sembra solo una lotta(/panzana) per farsi pubblicità.

mattia se non ci fosse nessun^ che parla di una fruizione intelligente, in un mondo digitalizzato come il ns,le majors a leccarsi i baffi e noi con libri costosi e di contenuto miserrimo_che bella parola miserrimo, non trovi?[SM=g27828] la faccenda delle creative commons, ossia quella dei SOME RIGHTS RESERVED non è una panzana, l'università di torino sta archiviando parte o quasi tutto il suo materiale secondo queste licenze.

voglio un libro? beh, me lo compro.
il passaparola con download può essere anche una cosa soddisfacente ma
penso
se i tascabili costassero anche solo un par d'euro in meno sarebbe molto meglio
anni luce dalle chiacchiere sul copyright: posso pagare un tascabile anche 15-20euro? è un prezzo assurdo.


assolutissimamente vero







però, certo, un'idea del tipo "Mi autoproduco il mio libro" non è mica da buttarsi: cavoli!
se ci fosse anche un mezzo per poter poi distribuire questa mia autoproduzione...

è quel che stanno tentando di fare.

a me l'idea cd brulée fa un po' schifo (ma è solo che non ho troppe vie di mezzo), sembra proprio fatta apposta per alimentare il mercato dei bootlegs. è bello avere la possibilità d'acquistare sul momento un prodotto che è piaciuto, ma l'idea che ho è che si dia spazio a collezionismo, idolatria verso gli artisti da un verso e sfruttamento degli allocchi "idolatri" dall'altro... circoli viziosi;

ti riferisci alle nicchie di lettori o a quelle di scrittori?

anche se, c'è da dire, Un'operazione del genere è, positivamente, uno sprazzo di amplia pubblicità verso gruppi che fanno dell'indipendenza dalle major un punto fermo o quasi, e che senza supporto probabilmente scomparirebbero.



il discorso sociologico fila (la tecnologia cambia l'approccio eccetera...), come non potrebbe?
ma quelle sono solo chiacchiere.

poi penso: non è l'editoria che è addosso agli scrittori in un mercato del privilegio, bensì gli autori che fanno dell'editoria un privilegio

intendevo, indicando nell'atteggiamento delle majors un privilegio, il classico modo di distribuzione del libro, senza un passaggio vero sui luoghi di fruizione della cultura. Un libro piove sempre dall'alto, o dal MaurizioCostanzoShow_ueh_ e il passaggio televisivo personalmente "sporca" il libro in sè, non so perchè ma mi fa st'effetto..
il privilegio è endemico al mercato stesso, che sfrutta i suoi canali per vendere sempre gli stessi libri, senza cambiare una virgola nel modo di presentarli e, soprattutto, nei contenuti. Provate a pensare a quanti libri, in Italia,vendono perchè son passati in tivvù o solamente perchè la loro genesi sta nel tubo catodico



alla fin fine è il punto di vista del lettore che andrebbe ampliato, ché se il mercato del libro è nelle condizioni che s'è detto non è altro che colpa sua che compra e legge le cazzate che gli propinano.


sono d'accordo , esiste anche il lettore bue.

[Modificato da ongii 07/08/2005 15.20]

[Modificato da ongii 07/08/2005 15.28]

mant(r)a
00lunedì 8 agosto 2005 01:30
difficile, sì, perché servirebbe molta autocoscienza da parte di chi scrive... cosa che non torna utile alle tasche.
dicevo "una panzana" al discorso in generale, ché lì per lì m'è sembrato solo uno spot a dire Guardate quanto siamo bravi, noi sì che facciamo le cose giuste......
con calma:
il metodo sarà anche più equo e leale, ma alla fine ciò che conta è sempre e solo la qualità di quel che viene pubblicato.
le case editrici vogliono fare il busco (e chi non lo vuole?), ma che producano cose buone o cose poco buone è sempre il lettore che compra: intendevo dire che è lo scrittore di successo che fa della sua posizione un privilegio, perché da una parte propina roba scrausa a lettori compiacenti e soddisfatti, dall'altra accontenta con pochissimo sudore la casa editrice che per questo lo paga fior fior di quattrini.

quel che penso è che una cosa scritta non sia come una cosa suonata:
lo scrittore è da solo quasi sempre, e la produzione artistica dovrebbe essere una sua esclusiva responsabilità: è lui che media tra il suo mondo delle idee e la carta e il pubblico... uno scrittore non riuscirà mai a stamparsi il suo libello da solo, come un gruppo emergente fa col suo cd, ed a distribuirlo adeguatamente; e qui sorge il mio elogio al collettivo:
lasciar fruire il pubblico, col download, di ciò che viene creato e scritto, e se quanto scaricato piace poterlo comprare (se sia già stato possibile stampare il prodotto).
il dubbio sorge perché vedo un sacco d'ostacoli, visto che la scrittura/lettura non è una cosa così istintiva e diretta come la musica, gli inghippi sono tanti... ad esempio: non leggo un libro quante volte ascolto un cd...... potrei semplicemente accontentarmi di vari download gratuiti che di certo non sono, come nei formati musicali, di qualità inferiore rispetto alla carta stampata
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