Antonia Pozzi

Bestia da stile
00mercoledì 20 luglio 2005 13:01

[Antonia Pozzi]




Se le mie parole potessero
essere offerte a qualcuno
questa pagina
porterebbe il tuo nome.
(Antonia Pozzi)



Antonia Pozzi (1912-1938) nacque a Milano da Lina Cavagna Sangiuliani e Roberto Pozzi, e morì suicida ventisei anni dopo. Nessuna delle sue opere venne pubblicata prima della sua morte.
Nel 1930, Antonia Pozzi si iscrisse all'Università di Milano, dove studiò filologia moderna. Quest'esperienza di studi incrementò la sua passione per la filosofia, la letteratura ed il linguaggio, in particolar modo, stimolante fu la frequentazione, assieme all'amico fraterno Vittorio Sereni e ad altri giovani studenti quali Luciano Anceschi, Gian Luigi Manzi, delle lezioni del professore di Estetica Antonio Banfi. Anni dopo viaggiò molto in tutta Europa, e nell'estate del '38 scrisse alla nonna, comunicandole la sua intenzione di scrivere un romanzo storico sulla Lombardia. Le lettere di questo periodo, lasciano trasparire un forte entusiasmo per il progetto, che si prolungò fino all'autunno di quell'anno. In una lettera datata 23 ottobre, invece, lo stato di Antonia apparve radicalmente cambiato. Le leggi razziali contro gli ebrei, avevano causato la partenza di alcuni dei suoi amici più cari, e la ragazza, allora ventiseienne, fu sinceramente sconvolta dall'evolversi degli eventi. Il 1 dicembre, Antonia decise di spostarsi nella sua casa di Chiaravalle, per sfuggire all'avanzata della guerra, e, da lì, scrisse una lettera ai suoi genitori. Tre giorni dopo, fu trovata morta.

"A dieci anni dalla prima edizione completa, siamo legittimati nel riconoscere che la poesia di Antonia Pozzi abbia avuto la sua vittoria sul tempo, come aveva profetizzato Eugenio Montale, preannunciando già nel 1948 la permanenza di questa timida ma duratura ghirlanda di versi, forever young.
Sfida ogni indifferente silenzio, di fatto, la storia di questa "giovinezza che non trova scampo" e lo cerca in poesia,
non per varchi o passaggi di frontiera oltre la soglia fenomenica, piuttosto in dialogo perenne con voci che provengono dalla bocca dell'ombra insistenti come richiami di Persefone. Per l'esperienza sbrecciata, la vita si tuffa oltre la vita".
(dalla prefazione di Alessandra Cenni alla raccolta di poesie Parole, Garzanti 1998.





OPERE

Parole, Mondadori 1939 (1a edizione)
Parole, Mondadori 1964 (4a edizione)
La Vita Sognata e altre poesie inedite, Scheiwiller 1986
Parole, Garzanti 1989
Parole, Garzanti 1998









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[poesie]

Da Parole



*

AFA

Oggi
la mia tristezza esigente
a starnazzarmi nell'anima
pesantemente
come scirocco
pregno di salsedine.





*

VOCE DI DONNA

Io nacqui sposa di te soldato.
So che a marce e a guerre
lunghe stagioni ti divelgon da me.

Curva sul focolare aduno bragi,
sopra il tuo letto ho disteso un vessillo,
ma se ti penso all'addiaccio
piove sul mio corpo autunnale
come su un bosco tagliato.

Quando balena il cielo di settembre
e pare un'arma gigantesca sui monti,
salvie rosse mi sbocciano sul cuore.
Che tu mi chiami,
che tu mi usi
con la fiducia che dai alle cose,
come acqua che versi sulle mani
o lana che ti avvolgi intorno al petto.

Sono la scarna siepe del tuo orto
che sta muta a fiorire sotto convogli di zingare stelle.







*

PUDORE

Se qualcuna delle mie povere parole
ti piace
e tu me lo dici
sia pur solo con gli occhi
io mi spalanco
in un riso beato
ma tremo
come una mamma piccola giovane
che perfino arrossisce
se un passante le dice
che il suo bambino e' bello.





*

NOTTURNO

Curva tu suoni
ed il tuo canto è un albero d'argento
nel silenzio oscuro -

Limpido nasce dal tuo labbro - il profilo
delle vette - nel buio -

Muoiono le tue note
come gocce assorbite dalla terra -

Le nebbie sopra gli abissi
percorse dal vento
sollevano il suono spento
nel cielo -



*

L'ERICA

Nel prato troppo verde
si dibatte
la nostra inanità convulsa
e si affanna in diastole e sistole di spasimo
incrociando
stormi di monachelle bianche e nere.

Nel bosco
alla mia animalesca irrequietudine
che mordicchia nocciole
tu offri l'erica livida dei morti
e il mio offuscato amore
lustra
lavato d'acido pianto.







*

FUGA

Gracili volti porgono i narcisi
alla ventata.

Mani di bimbi:
e siepi
improvvisi si aggrappano ai cancelli.

Il respiro si strugge
alla mia corsa:

sguardi
alle cose gettati
- vani ponti -
mi divora l'abisso fragoroso.




*

ALTURA

La glicine sfiorì
lentamente
su noi.

E l'ultimo battello
attraversava il lago in fondo ai monti

Petali viola
mi raccoglievi in grembo
a sera:
quando batté il cancello
e fu oscura
la via del ritorno.





*

CAPODANNO

Se le parole sapessero di neve
stasera, che canti -
e le stelle
che non potrò mai dire...

Volti immoti s'intrecciano fra i rami
nel mio turchino nero:
osano ancora,
morti ai lumi di case lontane,
l'indistrutto sorriso dei miei anni.








*

CERTEZZA

Tu sei l'erba e la terra, il senso
quando uno cammina a piedi scalzi
per un campo arato.
Per te annodavo il mio grembiule rosso
e ora piego a questa fontana
muta immersa in un grembo di monti:
so che a un tratto
- il mezzogiorno sciamerà coi gridi
dei suoi fringuelli -
sgorgherà il tuo volto
nello specchio sereno, accanto al mio.





*

LA VITA

Alle soglie d'autunno
in un tramonto
muto

scopri l'onda del tempo
e la tua resa
segreta

come di ramo in ramo
leggero
un cadere d'uccelli
cui le ali non reggono più.


Tutti i diritti sono dell'autore
biografia tratta da www.diariodipoesia.it/


lemieparole
00domenica 2 ottobre 2005 12:49
proprio ieri sera a cena un mio amico mi parlava di questa poetessa con toni, a dir poco, entusiastici....poi stamattina entro sul forum e trovo la tua discussione che non avevo visto...beh questo è destino, ho letto le bellissime poesie che hai postato....direi che Antonia Pozzi è entrata nella mia vita...grazie a Bestia e al mio amico Bruno, profondo conoscitore e amante della letteratura.[SM=g27811]
Modificato da lemieparole 02/10/2005 12.50
Antonellat
00domenica 26 maggio 2013 09:26
Perchè la poesia [...] ha questo compito sublime: di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci romba nell’anima e di placarlo, di trasfigurarlo nella suprema calma dell’arte, così come sfociano i fiumi nella vastità celeste del mare. La poesia è una catarsi del dolore, come l’immensità della morte è una catarsi della vita. Quando tutto, ove siamo, è buio ed ogni cosa duole e l’anima penosamente sfiorisce, allora veramente ci sembra che ci sia donato da Dio chi sa sciogliere in canto il nodo delle lacrime e sa dire quello che a noi grida, imprigionato, nel cuore. Per chi ai suoi giorni non vede più che un colore di tramonto e sente, attraverso il suo cielo, salire l’estremo pallore, per chi ancora beve, con occhi allucinati, l’incanto delle cose, ma non sa, non può (perché è troppo tardi – perché non c’è più forza – perché tutto è stato bruciato, fino all’ultima stilla) tradurlo più in parole, ah, Tullio,è come rivivere trovare un’anima giovane che sprigiona il nostro stesso canto inespresso. [...]

Antonia Pozzi
(dalle lettere a Tullio Gadenz - Milano 11 gennaio 1933)
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