Acqua da bere per un corpo che muore. (ok con indicazioni)

Gheof
00martedì 24 novembre 2015 20:20
Shariziah, Gheof.
Riassunto: Dopo una notte che li ha visti insieme li attende una mattinata che comincia nella pigrizia dei primi bagliori dei raggi di un sole tenue, sonnacchioso come loro: non hanno proprio voglia di alzarsi. E’ un lento ripristino delle energie e del cervello che parte cominciando a fare l'esatto punto della situazione sulle informazioni che hanno raccolto fino ad oggi riguardo la storia Barrington, non solo perché è stato commissionato loro di scrivere un libro da parte del governatore, ma anche, diciamolo, per la curiosità che ne deriva. E’ uno scambio minuzioso, attento, che seziona pezzo per pezzo le verità narrate da Leia, Aingeal, vita vissuta, eventi, seguitando con un programma da seguire per andare avanti con la storia, dividendosi i compiti con precisione, ponendosi le dovute domande che troveranno risposta, forse, dopo un attento lavoro di inchiesta.

Alla fine del lungo scambio viene chiesto a Shariziah di scrivere sul taccuino di Goffredo quanto è stato appena detto a voce.

Lei regge il pennino di lui ed è dalla piuma nera che svetta sul corpo dell’arnese che cominciano a delinearsi diverse verità; aneddoti di un ragazzino costretto all’interno di un monastero benedettino che si intrecciano alla storia di Shariziah dove lei, nel suo corpo di centenaria, si vede costretta a passare la prima metà della sua vita dentro una fastosissima campana di vetro, gabbia dorata, chiamatela come volete. Se fossimo di fronte a persone che non si incuriosiscono a costo di mettersi in discussione ci si sarebbe semplicemente abbracciati: “Bene! Hai cent’anni! Bene! Sono stato un peccatore abbandonato dentro un monastero di cui non mi interessava nulla! Bene! Povera la vecchia nel corpo di una giovane! Adesso abbiamo provato tutto quello che volevamo e ci basta solo andare avanti!”. Macchè. Seguono dubbi. Paure. Incertezze. Gelosia. Senso d’impotenza e debolezza. Grosse prese di coscienza. Alla fine rimane a far da cornice un letto e due corpi incatenati che si ritrovano ad abbracciarsi nel silenzio. Al centro del letto un pennino sormontato da una piuma. Ad aleggiare nell’aria sensazioni vive. Perché alla fine il contorno sono due corpi: quel che emerge è un densissimo intreccio di sentimenti. Vita. Morte. Vita. Non è amore. E’ qualcosa che va oltre e le parole per come le conosciamo la sminuirebbero nel gramo tentativo di definirla. Questa roba li terrà dentro la camera di Shariziah, nonostante tutto, insieme.



Commento: La concentrazione di informazioni, nozioni, esplosioni di sentimento non è riassumibile, quel che ho scritto là sopra non è nulla rispetto alla vita di questa giocata. Commentare non ha senso perchè questi due vanno da soli, che commento a fare. Amore imperituro!

(***)
Inserisco di seguito gli asterischi a causa delle informazioni scambiatesi che evidenzierò all’interno della role con:

un grassetto rosso per le informazioni sul Governo
un grassetto verde per le informazioni sul Pendragon
un grassetto viola per la presa di coscienza che la Ductor è morta.

Altra cosa, aggiungo i link alle role dove hanno preso le info:

Gheof: Leia Sine Lex

Shariziah:Il passatempo e l'amica, la conoscitrice e la draconica

Passo e chiudo.


+


GHEOF -Stanza Shariziah- Un attimo è diventato un'ora. Due. Tre. Un attimo ha percorso la sera, la notte fonda, raggiungendo il sonno profondo. Un letto comodo. Un lenzuolo a coprirlo. I raggi di un sole che rischiara timidamente la penombra di questa stanza di pietra. Lui adesso si è svegliato. Chissà se lei sta dormendo. Se veramente i mezz'elfi possono dormire. Un braccio è piegato dietro la nuca più precisamente sotto il cuscino. L'altro braccio è occupato ad avvolgere le spalle di Shariziah a tenerla senza fatica a sè. Sente il peso del suo viso sopra il petto. Le dita della mano vanno a carezzare con i polpastrelli il braccio di lei. Dal basso verso l'alto. Lo fa pigramente, con la stessa pigrizia della mattina. Gli occhi sono socchiusi, a guardare avanti a sè il nulla.Le dita impegnate a sfiorare la pelle bianca di lei risalgono fino a chiudersi attorno alla sua spalla. Inspira dal naso andando ad abbassare lo sguardo su di lei, dove il mento, chinandosi, va a sfiorare con la barba tra le clavicole. Va a guardarla. Dorme? Sviene? E' così tranquilla. Niente può spezzare questo adesso. Nulla. Non c'è niente di più giusto. Raccoglie le labbra tra di loro mentre con la coda dell'occhio si decide a guardarsi intorno. Baule, scrittoio. Non c'è nulla di arzigogolato, è una stanza semplice. Apre la bocca strizzando gli occhi a sbadigliare senza rumore, anzi, per rispetto addirittura si trova a spostare il viso di lato. Ed ecco che quello spostamento dona alla sua vista quello che sembra essere un abito uscito dalla camera degli orrori, da chissà incubo, probabilmente uno che vedeva protagonista una bambola di porcellana altezza donna con occhi allucinati e sangue dalla bocca, affamata di anime. Si trova a corrugare la fronte guardando con la coda dell'occhio lei. Trattiene un altro sbadiglio dentro la bocca facendo un attimo no con la testa. Chissà se Shariziah ha il sonno leggero oppure se i mezz'elfi, quando svengono, svengono il tempo necessario per recuperare le forze. Beh. Poco male.] Sveglia. [Lo dice con voce estremamente bassa.] Sveglia Shariziah. Devi spiegarmi cos'è quell'obbrobrio che tieni appeso. Ieri io non ci ho fatto mica caso. Sveglia. [Ecco, quello che non vorrebbe gli venisse mai fatto durante la mattina. Essere svegliato in questa fastidiosissima maniera. Deve capire che ci fa appeso e non gettato od ancora meglio:] Vendilo, magari ci fai i soldi con qualche donnetta arricchita che per farsi vedere dalla società deve mostrare d'avere stoffe sgargianti e corpetti finto oro che sai, con il sole come brillano? Non mi dire che è tuo. [Tutto è pronunciato con il tono di chi ha voglia di prendersi gioco di qualcuno che ancora, al posto suo, forse dorme. Non ha voglia di stare solo. Lo fa da una vita.]

SHARIZIAH [Stanza] Il tuo letto è comodo. Decisamente comodo. Non riesci proprio ad abituarti a tanto lusso: un letto grande e comodo, con lenzuola morbide. No. Chi viaggia è abituato a dormire dove trova rifugio e spazio e la tua schiena lo sa bene. Stamattina ti ritrovi anche un cuscino d’eccezione: il petto di Goffredo. Sei stesa su di un fianco, e lo cingi con un braccio. Lo stesso braccio che lui adesso accarezza. L’hai sentito addormentarsi questa notte, hai sentito il suo respiro farsi sempre più pesante fino a prendere la tonalità tipica del sonno. Tu hai lottato, come sempre, un po’ con i pensieri, prima di deciderti a liberare la mente e a farla riposare. Non dormi, non totalmente almeno, a meno che non svieni. Il tuo non è sonno è uno stato intermedio tra il sonno e la veglia. E’ difficile da spiegare a chi non riesce a provarlo. Potete immaginarlo come un momento in cui il cervello riposa, ma al contempo avverte ciò che gli succede intorno: non abbassa completamente la guardia. E adesso che Goffredo si è svegliato, lo percepisci bene che si muove e ti carezza. Non fai nulla per modificare quello stato di pace. ve lo meritate, di tanto in tanto. Un giorno forse dovresti provarci a spiegargli il tuo stato di dormiveglia cosciente. Lo farai quando gli darai lezioni di elfico, a meno che non volesse chiedertelo prima. Te ne stai lì con gli occhi chiusi, mentre avverti il suo capo che si volge verso la tua stanza, praticamente anonima. Sbadiglia. Lo avverti muoversi e, nella mente, provi a ricostruire ciò che lui dovrebbe vedere realmente: quella stanza ormai la conosci troppo bene. Lo scrittoio con le cronache da terminare, il baule con i vestiti. Poi si volta un po’ di più. Adesso dovrebbe vedere… Cosa c’è da quella parte? Ah si! Il vestito di Rashin. Stai per aprire gli occhi e rendere quel dormiveglia una veglia completa. Ma ecco che arriva immediata la sua reazione. Cerca di svegliarti. Vuole sapere che ci fa quel vestito lì. Senza aprire gli occhi sulla bocca ti si delinea un lungo ed evidente sorriso. Aspetti che abbia finito di parlare. Si è proprio attivato in un attimo. Lentamente alzi le palpebre. Le sbatti un paio di volte, lasciando che gli occhi si abituino alla luce del mattino che entra dalla finestra. Si, si! Sono sveglia! Io non dormo! Con la stessa lentezza inarchi il collo volgendo il viso verso l’alto, a cercarlo. {Buongiorno anche a te} gli dici ironica con la voce leggermente roca di quando si sta un po’ senza esercitarla. Gli sorridi, e rimani a guardarlo un attimo in più del previsto. Non cambi posizione, ma adesso cerchi con lo sguardo l’oggetto che ha causato questo scalpore. {TI sembra…} la voce è ancora roca, la schiarisci, grattando lievemente la gola. {Ti sembra che potrei mai comprarmi, di mia volontà un vestito del genere?} un risveglio ilare, non c’è che dire. Torni con lo sguardo su di lui. {E’ stato una specie di regalo e lo trovi lì appeso perché ancora non ho deciso che farci. Buttarlo mi sembra uno spreco di stoffa, stavo cercando un modo per riciclarlo}. Lo dici con tono basso, ma comunque evidentemente divertito. Hai avuto più o meno la stessa reazione quando hai visto quell’abito per la prima volta. Ah No! Non ti sei per nulla staccata da quella posizione: ci stai proprio bene lì.

GHEOF -Stanza- Si sta svegliando. Chissà se ha sognato. Ma sognano quelli come lei? Inspira ed espira lentamente. Sfila il braccio da sotto il cuscino andando a portare quella mano dietro la schiena di lei, ad avvicinarla maggiormente a lui. Se la stringe per bene mentre parla. Tiene il viso rivolto verso di lei piegandolo verso il cuscino. Sul suo buongiorno si trova ad alzare un angolo della bocca corrugando la fronte. La fa parlare e quando parla di qualcuno che glielo ha regalato si trova a cercare anche con il volto quell'abito tremendo.] Un regalo d'eccezione. Veramente, una meraviglia. O questo qualcuno voleva farti sfigurare a chissà quale tipo di ricevimento, perchè di un abito... da ricevimento si tratta, oppure la persona in questione ha dei gusti terrificanti. Chi è questa magnifica persona? Vorrei complimentarmi per l'ottima scelta del tessuto, che ben si sposa con il colore dei tuoi occhi e fesserie del genere. Deve aver pensato a queste stupidaggini prima di farti un regalo del genere. Oppure mi vuoi nascondere che avevi voglia di sentirti donna ed hai deciso di levarti di dosso i pantaloni con qualcosa con cui non sai da dove partire. Hai visto tutta questa pomposità e l'hai preso. L'hai indossato ed hai deciso di tenerlo per ricordarti di non prendere più decisioni del genere. Ma voglio fidarmi dell'opzione del ... [Adesso la mano dietro la schiena cerca di infilarsi tra fianco e letto, e, con una presa un po' più decisa cerca di farla salire sopra il proprio corpo.] Svegliati che ti sento che ancora dormi. E' mattina, il sole è alto nel cielo, gli uccellini cantano, l'erba profuma, il cane abbaia, il gatto miagola, le capre brucano e cacano palline per strada già da diverso tempo. Noi invece non abbiamo concluso niente se non vedere un uomo incappucciato, un medaglione e sei ufficialmente la protettrice della conoscenza. Ti presenterai così quando ti chiederanno il nome? Sono la protettrice della conoscenza, sono attualmente il grado più in alto della congregazione dei conoscitori dell'arcano, piacere, Shariziah... mi manca una parte. Qual è il tuo cognome? [Schiaccia la nuca contro il letto, guardandola. Lui sorride. Il tono di voce ha l'aria ironica di chi sta scherzando ma è anche incuriosito da quel pezzo mancante. Una mano lascia la sua spalla andando a carezzarle una guancia, poco sotto l'occhio, solo con il pollice.]

SHARIZIAH [Stanza] Ti stringe ancora di più, ti schiacci un po’ di più contro di lui. Parla del vestito, lo fa guardandolo. C’è solo un’altra persona che gli ha rivolto tante attenzioni, ma allora c’eri tu lì dentro. Sorridi ancora di più nel vedere la sua reazione. Lo lasci parlare mentre ti descrive incapace di scegliere un vestito. Lo guardi è metti su uno sguardo fintamente adirato. E che sia finto lo si capisce anche dal fatto che dura un attimo, lasciando il posto ad una risata che fai morire in gola, non riuscendo proprio a trattenerla. L’immagine di te che lasci quell’abito appeso lì come monito per la te stessa futura è decisamente esilarante. {E’ vero che mi vesto sempre da uomo, ma questo non mi ha portato a sviluppare il senso dell’orrido. Se decidessi di vestirmi da donna saprei esattamente da dove partire}. Metti su un’espressione pensierosa, guardando con la coda dell’occhio l’abito verde. Poi torni su di lui. {Chi lo sa, magari un giorno potrei decidere di stupirti!}. Sorridi di un sorriso ambiguo adesso: idee che arrivano a riattivare la mente. {Quell’abito non è stata neanche lontanamente una scelta mia. Tempo fa mi venne chiesto di trattare con un mercante, fingendomi la figlia di un uomo ricco. Mi serviva un vestito che rendesse la mia recitazione verosimile e fu su quell’obbrobrio che cadde la scelta. Il ragionamento era esattamente quello che hai egregiamente espresso: è dello stesso colore dei miei occhi. Ah! La Banalità!}. Sospiri mentre porti gli occhi a guardare verso l’alto. Continui a sorridere ironica, dando poco peso all’accaduto. {E’ un avvenimento successo così tanto tempo fa…}. Già! Tantissimo tempo fa. Ma adesso non vuoi cadere nella malinconia del ricordo di quel tempo in cui Had era in Torre. Torni a guardare il vestito. Scuoti il capo. {E’ proprio brutto!} Ridi. E mentre ridi, con le braccia lui ti afferra, nell’atto di farti salire su di lui. {Uh!} Ti scappa un sussulto dovuto all’imprevedibilità di quel gesto. Ma quando capisci l’intento lo agevoli, arrampicandoti agilmente sul suo fianco -agilità +1-. Ti ritrovi così stesa su lui. Poggi la mano destra sul suo petto e la sinistra sulla gemella, in modo da creare un supporto leggermente alzato per il mento, per poterlo guardare bene negli occhi mentre ti parla. Sorridi. E’ mattina e avete tantissime cose da fare. Annuisci. {Di più. Mi presenterò con tanti di quei titoli che la gente scapperà al solo vedermi arrivare, per paura di far notte nel sentire la mia presentazione}. Rispondi ironica tu che non ti sei mai presentata neanche come conoscitrice arcana se non strettamente necessario. Ti chiede del tuo cognome e l’ilarità si spegne un attimo, seppure quel sorriso tranquillo non lascia il tuo volto. {Non ti manca nessuna parte. Non ho un cognome. In teoria dovrebbe essere quello della mia famiglia adottiva, ma non credo che mi abbiano mai registrato ufficialmente}. Lo dici con un tono stranamente tranquillo. Gli stai ammettendo di essere stata abbandonata e poi adottata da una famiglia che non ti ha mai riconosciuto. E’ successo così tanto tempo fa. Lo guardi cercando di studiare la sua reazione a quel racconto. Con un gesto del capo annuisci, una volta: gli stai dando il permesso di chiederti, se volesse farlo.

GHEOF -Stanza- Al lui quell' ''Uh!'' piace proprio. Quel sussulto gli piace da morire. Sta in silenzio ad ascoltare quanto ha da dirgli. Piega un braccio portandolo dietro la nuca a supporto dello sguardo che non vuole incrociarsi per poterla vedere bene. E' comodo con il suo peso sopra. Ascolta la storia dell'abito. Inarca un sopracciglio mentre gli viene spiegato il fatto. Un altro sguardo all'abito.] Trattare con un mercante che dovrebbe essere esperto di stoffe e tessuti, e tu fingerti una nobildonna. Io posso credere anche alla tua abilità nella recita ma credimi. Io che sono un uomo cresciuto nelle chiese dove si presentavano donne ed uomini di ogni ceto, quell'abito l'avrei, senza pensarci troppo, collocato in quella categoria che io definisco con un simpatico epiteto: le arricchite. Questa categoria di donne appartiene al gruppo di: donne di malaffare, sottocategoria, poveracce che si attaccano ad un qualsivoglia nobilotto che, una volta che hanno posato gli occhi sul primo gruzzoletto, hanno la bella idea di comprarsi vestiti decisamente eccessivi per mostrare quanto sono piene di denaro, come ti ho già spiegato prima. I mercanti lo sanno meglio di un monaco, suppongo. E poi, Santissimo Cielo. Il colore degli occhi e quello dell'abito. [Alza gli occhi verso l'alto facendo sparire l'iride per una frazione di secondo, per tornare con gli occhi su di lei.] Comunque, niente. Vendilo. Magari ad un mercante. Puoi anche pensare di barattarlo sbattendo gli occhi che magari si confonde con il vestito e decide di stimartelo meglio. Anzi. Evita proprio. [La mano dalla guancia scivola con l'indice a disegnarle l'ovale del viso fino ad arrivare sotto il mento, e con quel dito, quasi vorrebbe infilarsi sotto, a spingere con il polpastrello sopra il dorso delle sue mani. Forse è fastidioso, ma in qualche modo è intimo, un gesto che va ad evidenziare la proprietà di lui su di lei. Non in maniera fastidiosa. Se voglio ti tocco anche i denti, od infilo il dito dentro una tua narice. Non fa nulla di tutto ciò Si trova a sorridere quando gli spiega della sequela di nomi infiniti che potrebbe tirarsi dietro:] Allora potresti farti accompagnare dal primo Lord degli umani. Sareste perfetti. Te faresti passare la notte e lui il dì. Che meraviglia. [Mentre parla lo vede che la sua ironia scema un attimo, senza comunque perdere la serenità. Se ne accorge. Lui non sorride più o meglio. Resta appesa l'ombra di un sorriso, dato che l'attenzione è tutta dedicata alle sue parole. Non aggiunge nulla per un po'. Solo piano allunga il viso verso quello di lei a cercare la sua fronte, spingersi contro quella come a dire. ''Hey''. Ritorna con la nuca sopra il cuscino.] Siamo dei bastardi. Sai cosa? Meglio senza un cognome che avere quello della casa adottiva che decide di prendersi cura del bastardo abbandonato. Pensa, avevo diversi amici più piccoli di me. Venivano lasciati dentro una cesta senza un nome e poveretti: gli capitavano nomi e cognomi quali: Addolorato diDio. Giovanni della MadreAddolorata. Benedetto Cristiano. Marco diMaria. Il più tremendo era Coronato diDio. Sapessi quanto l'ho preso in giro. Aveva la mia stessa età. [Si trova a sorridere guardando lateralmente, come se stesse guardando la scena.] Andavo di nascosto nel magazzino dove venivano fabbricate le statue per i santi. C'era sempre una corona di spine, sai, dai rovi se ne potevano ricavare tantissimo. Andavo sbraitando da lui tendendogli la corona ed urlavo a gran voce [Ed imita adesso una voce più forte senza farlo realmente, enfatizzando più che altro le vocali. Corruga la fronte come se veramente vedesse il povero coronato.] ''Coronato!! Fatti incoronare! Coronato!!! Da Dio verrai pigliato! diDio! diDio!'' Puoi immaginare il coro di tutti verso il povero Coronato. Puntualmente venivo messo in punizione. Se non ci avessero pensato loro probabilmente sarei un teppista come i tanti su Barrington. [Racconta quell'aneddoto con una punta di nostalgia. Torna a guardare lei con gli occhi. Si fa serio mentre la mano da sotto il mento vuole farsi tra i suoi capelli, carezzandoli lentamente.] Allora il cognome resta quello di chi ti ha messa al mondo. Ti ho già detto che ho dato un cognome a Leia. A te potrei darti Protettrice. Suona malissimo. Sembri una scagnozza del protettore delle sgualdrine della bettola. [La mente gli urla di chiederle. Ma non riesce a farlo adesso. Toccare certi argomenti potrebbe disturbare la quiete di questa mattina. Ha parlato tanto.] Buongiorno. [Le dice a bassa voce, sorridendo.]

SHARIZIAH [Stanza] Se il materasso del letto era comodo, Goffredo lo è di più. Si. Ci stai decisamente bene lì sopra, con il mento poggiato sulle mani a guardarlo e a parlargli. Forse lui potrebbe essere infastidito dal tuo peso, ma non si lamenta, ti carezza la guancia. Ti descrive il genere di donna che quell’abito dovrebbe delineare. Qualsiasi cosa volesse dire, ormai è fatta e colui che te l’ha regalato sembra esser svanito nel nulla. Probabilmente se ti fermassi a riflettere ti ricorderesti di come quella missione ebbe inizio e dell’incontro avuto con Tonal in quella stessa notte. Ma questo non è il momento e la tua memoria è diventata molto abile nel tenere ben chiusi certi cassetti. Dovresti venderlo. Annuisci. Dovresti sbattere le ciglia per confondere il mercante. Sorridi. No. Non ce la vede nessuno a fare gli occhi dolci ad un mercante per qualche moneta in più. Nessuno tranne Goffredo che sembra essersi ingelosito della sua stessa idea. {Va bene. Venderò questo vestito, ma non proverò ad ammaliare un mercante nella speranza che mi dia qualche moneta in più}. Lo dici con un’ironia evidente nel tono, proveniente dal fatto che comunque quella è una cosa che non avresti mai fatto. Il suo indice adesso prova ad entrare tra mento e mano, spingendo sul dorso. Sorridi. Lo guardi. No. Non è un livello di contatto che permetti a tutti. In realtà in genere non lo permetti a nessuno. La discussione si sposta sui nomi e ti parla del mago ancestrale. {Ah! Che perfetta coppia di perdigiorno}, sospiri trattenendo a stento una risata. Ed ecco che ti chiede del tuo cognome Smetti di ridere e lui si avvicina con la fronte. Lo guardi negli occhi e quelli gli sorridono. Va tutto bene. Glielo dici annuendo lievemente il capo non appena si muove per tornare sul cuscino. Adesso ti racconta della sua storia quando era bambino. Lo ascolti attenta e curiosa, mentre ti raccontata di questo mal capitato Coronato diDio (con tutti i nomi del mondo…). Osservi il pathos con il quale racconta la storia e la noti la punta nostalgica nel rivangare la fanciullezza. Erano altro tempi per tutti. {Povero Coronato} sospiri alla fine storia con un sorriso più evidente. Quando parla del suo probabile futuro da teppiste la tua mano destra, quella direttamente al contatto con il suo petto, si muove lentamente ad accarezzarlo. E’ il tuo turno per dirgli “Hey”. Adesso è serio, mentre ti accarezza i capelli. Lo guardi. Non smetti. Protettrice. Sorridi alla possibilità di quel cognome. Suona veramente male. Scuoti il capo. {A che servono i cognomi? Ad identificare meglio le persone. A me non è mai servito: sono la mezzelfa dai capelli rossi e dal taglio strano. Più identificativo di così!} Sorridi a quella descrizione che definisce la tua identità meglio di qualsiasi cognome. Sceglie di non chiederti. {Buongiorno} sussurri sulla scia del suo saluto, sorridendogli con lo stesso sorriso, senza levargli gli occhi di dosso. E’ ora di metterci al lavoro. Non lo dici, ma annuisci, una volta. Sai che anche lui sta pensando che in quel letto ci passerebbe tutta la giornata, ma che è bisogna darsi da fare.

GHEOF -Stanza Shariziah- Il taglio strano. Già. Il taglio strano che la rende individuo. I capelli che valgono quanto un cognome. Il cognome che si tramanda, di generazione in generazione. Perchè non si è soli alla fine. Siamo il risultato delle generazioni passate che ci hanno preceduto. Non approfondirà il discorso. Non ne uscirebbero vivi. Là fuori c'è qualcuno che ha bisogno del loro sostegno. La mano tra i capelli continua lentamente a sostare tra i suoi capelli.] Buongiorno Shariziah. Dunque. [La mano dai capelli va a farsi verso il volto, a stropicciare gli occhi, andando a sbadigliare nuovamente, coprendosi la bocca questa volta. La mano torna tra i capelli di lei. Gli sono utili quei capelli adesso, per farlo concentrare. Ieri sera non riusciva a starle accanto per ragionare ed ora ha bisogno di una delle sue ciocche di capelli da attorcigliare attorno al dito indice. Guarda quei capelli, cominciando a parlare.] Eravamo rimasti al Pendragon. Dopotutto ti ho mandata da Aingeal per saperne di più su questa figura che protegge l'equilibrio di questa terra e manda persone a controllare che l'equilibrio sia mantenuto. Leia con cui ho parlato, ha partecipato alla guerra tra Caos ed Avalon per il possesso della terra che prima apparteneva alla Regina Nymeria. Quella dove posiamo i piedi era in principio di Avalon, poi dei cavalieri del Caos ed ora... di Almarth. Ci fu una battaglia sanguinolenta contro le forze armate dell'Isola e quelle dei caotici. In baia, dove si trova la dimora dei mercanti. Si scontrarono il comandante dei caotici, tale Brandon, ed il supremo dei cavalieri, Devocai. Accidenti che nome, concedimelo. [Ridacchia chiudendo gli occhi, continuando a raccontare.] Gli scontri proseguirono. Ed è qui che arriva un diplomatico Barringtoniano, tale Rohan, che decide di mettere un freno alla situazione decidendo per un combattimento ''cortese'' tra il campione dell'Isola ed uno del Caos. Dado, e Stavrogin. Vinse Stavrogin ed il potere andò definitivamente al Caos. Fino a qui ci sei? Perchè quello che Leia non è riuscita a dirmi... ah! importante. [Apre gli occhi.] Leia, quando parlai con lei, faceva parte dei caotici. Adesso non lo so, da quel che mi ha detto pare aver cambiato più congreghe che calzari. [Sorride.] Dicevo. La figura che non mi è chiara è quella di Rohan. Non ha saputo dirmi niente a riguardo di questa persona che secondo me ha avuto un ruolo fondamentale. I punti da risolvere a questo punto della storia sono due: farsi raccontare la storia dagli Avalonesi e cercare informazioni su Rohan. Magari vive ancora qui, magari è morto, ma deve essere molto influente per decidere come e quando terminare una guerra. Bene, fermiamoci qui e vediamo se hai domande da farmi oppure qualcosa da aggiungere a riguardo, domande, ogni cosa.] Allunga il braccio che era dietro la nuca per distenderlo. Inarca la schiena con sopra lei, strizzando gli occhi. Non si preoccupa di tenerla in equilibrio sopra di lui, ci penserà lei stessa.]

SHARIZIAH [Stanza] Ti accarezza i capelli mentre il discorso sul vostro passato, sui cognomi, scema lasciando il posto a quei “Buongiorno” sussurrati solo per voi. E’ ora di mettersi a lavoro, di fare il punto della situazione. Lo fa attorcigliando i tuoi capelli intorno alle sue dita. Sbadiglia. Per gli umani è il riflesso della mente che riprende il contatto con il corpo dopo il sonno notturno. Quelli come te, ovviamente, sbadigliano raramente. Ma adesso bisogna concentrarsi sulla storia della città. Annuisci quando ti parla del tuo compito sull’isola, per confermargli che, effettivamente, adesso ne sai di più. Poi comincia a riferirti il racconto di Leia. Per questo, con due piccoli movimenti, quasi impercettibili, ti assesti meglio sul suo corpo, in modo da prendere la posizione più comoda. Fatto quello presti la massima attenzione alle parole che seguono. Quando pronuncia il nome Devocai, la sua risata viene accompagnata da un tuo sbuffo d’aria, corrispondente ad una risata trattenuta a fatica. Un attimo per poi tornare alla storia -focus mentale +2-. Leia che ha cambiato più congreghe che calzari non gli ha saputo parlare della figura di questo Rohan. Annuisci alla considerazione che è un personaggio fondamentale per la faccenda. {Rohan il diplomatico} ripeti a bassa voce cercando di concretizzare un pensiero che ti passa per la testa. {Per quanto ne so, il corpo diplomatico dell’isola e della città è rappresentato dalla congrega dei conoscitori arcani. Secondo lo statuto, uno dei compiti degli arcani è proprio quello di ergersi ad aghi della bilancia nei conflitti o nei contenziosi}. Sposti lo sguardo di lato, sul letto, in un punto vicino la testa di Goffredo. Socchiudi le palpebre, poi ritorni a guardarlo. {Se è stato un conoscitore arcano, deve esserci traccia di lui qui dentro. Possiamo cercare in biblioteca se esiste un archivio di tutti quelli che hanno fatto della congrega nel tempo}. Annuisci. Potrebbe essere un punto di partenza. {La cosa che però non ho chiara riguarda la nascita dei cavalieri del caos. Quando è stata creata? E, se esisteva già ai tempi della regina, cosa li ha spinti ad a ribellarsi alla monarchia? Cosa li ha portati a scegliere quel momento piuttosto che un altro? Qual è stata la causa, la motivazione, scatenante?}. Socchiudi adesso gli oggi, riflettendo su queste tue ultime domande. Ed ecco che, proprio parlando di equilibrio, lui cerca di stirarsi la schiena. Lo fa mentre sei distratta a rincorrere i tuoi pensieri. E difatti senti che stai per scivolare giù. E’ lì che con un altro {Uh!} le mani velocemente lasciano la loro posizione, per portarsi sotto la schiena di lui, andandolo ad abbracciare, in modo da mantenere il tuo corpo fermo, ancorandolo al suo. Quando tutto ritorna stabile, ti assicuri che stia comodo, per riprendere la tua pozione, con le mani sul suo petto. Sorridi. {Parlavamo di equilibrio, appunto. Mi chiedo se il Pendragon ci abbia messo lo zampino in questa faccenda}.

GHEOF -Stanza Shariziah- [Le sue braccia attorno alla schiena. Lui continua a guardarla, con la nuca schiacciata sopra il braccio che torna a piegarsi sopra il cuscino. L'altra mano torna sulla schiena di lei, afferrando un lembo del lenzuolo a scoprirle la pelle quel tanto che serve per poterne carezzare senza intoppi la curva. Ha ascoltato tutto per filo e per segno. Annuisce.] Più probabile che i nomi degli arcani che furono si trovino su qualche pergamena dentro questa torre. Con il governo abbiamo cominciato tempo fa a fare un censimento, sicuramente perché gli archivi erano scarni. Ma una cosa va detta. Se la congrega è neutrale perché prendersi la responsabilità di gestire diplomaticamente la politica di queste terre? E poi, da chi è stata decisa questa cosa? Non dovrebbe essere il Pendragon a reggere gli equilibri della terra? Anzi, proprio lui ha voluto che i suoi... chiamiamoli scagnozzi, restassero fuori dalla questione. Gli arcani, da quel che ho sentito, prima si trovavano su Avalon. Ancor prima su Barrington guidati da un certo Meifer, che vendette i nomi dei confratelli guardiani al Caos proprio quando faceva parte del corpo di Guardia.Un traditore. Pensa che divenne Supremo arcano e, tramando contro il Governo, trasferì la congrega sull'Isola. Finì molto male anche per lui. Imprigionato ed assassinato, per ovvi motivi. Chissà,magari dietro questo potremo trovare anche la causa reale della reclusione della De Morlock. [Sposta lo sguardo verso il soffitto corrugando la fronte, dove la mano non smette di carezzarle la schiena, dal basso verso l'alto, solo con i dorsi delle dita.] Mh. Per quel che riguarda i cavalieri del Caos. Avrei voluto parlarne direttamente con il Ductor di cui non ho la più pallida idea di chi sia. Esistevano già e rappresentavano cosa..? Una forza dedita alla distruzione. Mi è stato raccontato che quando ha deciso di intromettersi nella politica, quindi con la voglia di conquistare la terra è cominciato il suo declino. Cosa ovvia dal mio punto di vista dato che una congrega che si fregia come caotica non può essere costruttiva quando decide di prendere anziché levare. Una congrega caotica non può per forza di cose stare sotto un dominio. Quindi per creare scombussolamento ha dichiarato guerra ad Avalon con la presa di Barrington. Nel caos non ci sono ragioni. Sono tutte mie interpretazioni ma è tutto da approfondire. [Ferma la mano sulla curva della sua schiena. Intanto sfila il braccio da sotto la testa puntellando il gomito poco sotto la spalla. Ha intenzione di alzarsi e guarda lei annuendo, sporgendo il viso verso di lei. Occhi contro occhi. Una gamba si piega sfilandosi da sotto il corpo di Shariziah. La bocca è estremamente vicina alla sua. Il respiro si fa profondo e muove appena il viso lateralmente, dove la bocca potrebbe sfiorare quella di lei. Non dice nulla a riguardo. La sente. La sente appiccicata. Che facciamo adesso?]

SHARIZIAH [Stanza] Il lenzuolo scivola morbido sulla tua pelle, scoprendoti la schiena. Potrebbe esserci freddo fuori da questo letto, fuori da questo mondo, ma il contatto con Goffredo vi permette di condividere il calore dei vostri corpi. Il lenzuolo non ti copre, ma in compenso il suo abbraccio ti avvolge andando a carezzare la tua schiena con la mano. {Si, intendevo proprio la biblioteca di questa torre. Cercherò nei nostri archivi} Affermi seguendo il filo dei suoi pensieri. Poi lasci che il filo dei suoi pensieri guidi entrambi cercando le risposte alle tue domande e formulandone di nuove. Quando si ferma per guardare il soffitto ne approfitti per parlare. Lo fai mentre l’indice della mano sinistra, poggiando il polpastrello sul suo petto, distrattamente disegna cerchi e spirali. {Dobbiamo fare un po’ di chiarezza riguardo la figura del Pendragon. Mi è stato spiegato che egli intercede tra la Dea e i suoi fedeli, dunque dovrebbe intervenire solo quando opportuno. La gestione della diplomazia per mano degli arcani credo che sia il modo per evitare inutili guerre e spargimenti di sangue, senza bisogno di chiedere aiuto a chissà quale forza extra terrena}. Lasci poi che i suoi pensieri continuino a fluire. Il ductor del caos. Ricordi che stava scrivendo a lei quella sera, in bettola. Tu sai chi era e lui sa che tu sai. Lo sguardo scende ad osservare i cerchi tracciati lentamente dall’indice. {E’ morta} tra le sue parole fai insinuare un sussurro così debole che sarà udibile da lui solo grazie alla stretta vicinanza. Il caos è senza Ductor. La Ductor è morta e forse è per questo che non hai trovato i caotici in torre al tuo ritorno. Il suo nome era in quel lungo elenco recitato dal Pendragon stesso, ma lui non può saperlo. Quel lungo elenco in cui erano presenti quasi tutti gli abitanti della torre. Morti. Tutti morti. Continua a parlare e, alla fine di quel discorso, lo senti muoversi sotto di te. Alzi nuovamente gli occhi per cercare il tuo viso e lo ritrovi estremamente vicino. I nasi si sfiorano, le bocche si scambiano respiri che modificano i loro ritmi. La sua gamba si piega, sotto le lenzuola e senti ancora di più la sua presenza intorno a te. Si muove ancora. Le bocche si sfiorano. Socchiudi gli occhi mentre istintivamente il mento si muove verso l’alto nel cercare di prolungare quel contatto appena accennato di labbra. Le labbra si protendono cercando le sue, per poi ritirarsi immediatamente qualora dovessero trovarle. La vista lascia spazio agli altri sensi che adesso si acutizzano: il suo odore che entra maggiormente, tramite le tue narici, dentro di te, la nenia del suo respiro accompagnata dal battito del suo cuore, il contatto tra le vostre pelli. Segui il suo movimento laterale e la punta del tuo naso sfiora la sua guancia. Ci sono troppi oscuri in questa faccenda ed è necessario venirne a capo. La mano destra, dal suo petto, scivola giù sino alla vita e, spostandosi lateralmente, ne afferra con delicatezza il fianco. Il ginocchio sinistro si piega, andando a poggiare la gamba sul materasso, oltre la sua coscia, in modo da avere un punto su cui far leva per alzarti. Allontani, in gesti così lenti da sembrare a malapena percettibili, il viso sperando che segua la scia dei tuoi movimenti. L’intento è quello di farlo sedere sul materasso mentre tu potresti rimanere in ginocchio a cavallo della sua gamba, in una posizione più comoda per entrambi. {Io però continuo a non capire perché un reggente dovrebbe accettare la presenza di un corpo cavalleresco atto alla distruzione nelle sue terre, possedendo già, peraltro, una cavalleria armata}. Lo dici sussurrandolo sulle sue labbra, cercando di mettere insieme i tasselli di quella storia da voi posseduti.

GHEOF -Stanza Shariziah- Ed è così che le labbra si sfiorano. Piano, delicatamente. C'è la voglia di stare vicini, nessuno vuole concedere all'altro che i compiti che devono eseguire decidano di allontanarli fisicamente. E' come se la pelle richiamasse il contatto dell'altra. La fa accomodare sulla sua gamba mentre si alza con la schiena, ritrovandosi seduto, con un braccio che lo regge e la mano che si distende sul materasso, schiacciando con i polpastrelli a trovare il giusto equilibrio e l'altra che permane sulla schiena di lei. Reclina il capo di lato andando a sospingerla appena con la mano verso di sè, dove le dita, le unghie corte vanno ad appropriarsi di quel tratto di pelle, chiudendo l'aria in un pugno, ma solo perchè non può tirarle la pelle, perchè sennò l'avrebbe chiusa dentro il palmo molto volentieri. Quel gesto non fa altro che far ritrovare le nocche della mano contro la curva della sua schiena. Non dice nulla neppure con il volto durante le sue parole nonostante abbia ascoltato ogni cosa con moltissima attenzione, la ratio della disciplina lavora su una altro piano, che va oltre quello fisico. Viaggiano su due livelli differenti. Perchè il corpo di Goffredo non ha nessuna intenzione di sentir parlare di caotici, guardie, pendragon ma la mente è desiderosa di sapere. Di controbattere. Scende con gli occhi sulle spalle di lei, sulle clavicole ed ancora sui seni di questa donna. Che sia mezz'elfo, che sia quel che diamine sia. Donna. Raccoglie le labbra dentro la bocca inspirando aria calda ed espirandone bollente. Chiude gli occhi. Controllo. Si schiarisce la voce con un colpo che proviene direttamente dalla gola che stritola e maltratta le corde vocali, riaprendo gli occhi.] La forza ultraterrena di cui parli ieri si è scomodata per darti un ciondolo ed evidenziare, sottolineare, quello che... ha già detto il Governatore. Mh. [Non parla proprio fluidamente. Ci sono pause tra le sue parole. Deve chiudere gli occhi, ancora, per ritrovare la concentrazione. Uno, due, tre, quattro, cinque secondi. Prosegue:] Se si scomoda per queste cose, dici che non si scomoderebbe per una guerra? Comunque, controlla negli archivi. Non farà [Apre gli occhi] male a nessuno. Adesso che il Ductor è morto, abbiamo meno possibilità di chiedere in merito. Se solo Eilantia si facesse viva, potrei chiedere a lei. Non so da quanto tempo milita nella congrega ma se le è stato levato il titolo dal governatore, deve essere accaduto qualcosa. Forse all'interno della congrega caotica. Almarth ha detto che il governo è una cosa e che il caos un'altra. Prima erano strettamente legati. Infatti, vado avanti con la storia perchè non è finita qui. C'era un Ductor. Raine. Il compito di governatore è stato dato al fu Variniel, che faceva parte proprio del Caos. Era, dice sempre Leia, una persona ''rassicurante'', una persona che poteva occuparsi di mettere in piedi una cittadella appena nata. Bene. Alla morte della Ductor, Variniel non ha voluto prenderne il posto, preferendo gestire la cittadella. Mi manca il passaggio da Variniel a Gildor. Di lui non so praticamente nulla. E questo nulla è sparito lasciando il posto ad Almarth, come sappiamo. Si dice chiaramente che il governo attuale è autogestito e non è riconosciuto da nessuno se non dalla popolazione, sempre che qualcuno non decida di punto in bianco di ribellarsi, creando una guerra che potremo chiamare, in maniera ristretta a questo fazzoletto di terra, guerra civile. Fino ad oggi nessuno ha osato destituire il Governo. Sempre Leia, narra che avrebbe dovuto farlo un drago. Nyule. L'ho anche vista personalmente, nella sua forma ed in quella di... drago. Lei era Regina di Avalon. [Piega la gamba libera per spingersi verso la testiera del letto in ferro battuto. Vuole trascinare anche lei in quel movimento, così da trovare appoggio per la schiena. La guarda diritta negli occhi.] Io non so se Almarth si renda conto della pericolosità di questa situazione. Io credo di sì e forse ha voglia che io te facciamo il punto della situazione forse per comprendere come gestire. Qui manca un ruolo. Non si può chiamare governo, deve esserci qualcuno a presidiare, figura che in questo giro politico manca. Se fossi assetato di potere potrei chiamare a me accoliti che mi permetteranno di salire sul trono che al momento è VUOTO. Quella che c'è è una dittatura chiamata governo. Governo che fa tante cose belle, che mette su torri e palazzi, ce guarda al bene comune ma che si permette di giustiziare persone sotto leggi che sono state scritte non so quando, non so da chi. Quelle che esistono appartengono a quando Variniel era al potere, quindi si può supporre che siano leggi dettate dai cavalieri del Caos, i veri sovrani per diritto di queste terre. Chiaro? [ Adesso ambo le mani cercherebbero di afferrarle i capelli per tirarglieli indietro e chiuderli in una coda, che stringe tra le dita che si intrecciano. Gli avambracci sono posati spalle di lei. La guarda. In viso è serio.]

SHARIZIAH [Stanza] Ti sei accomodata sulla sua gamba. L’hai fatto cercando di bilanciare il peso tre le tue ginocchia, in modo da non infastidire i suoi muscoli. Lui ti ha seguito in quel movimento, lasciandoti fare. Di più, adesso che siete in questa posizione cerca di tirarti a sé. Ti avvicini. Siete due magneti che si attraggono in maniera così potente che, una volta a contatto, diventano difficili da separare. La mano che tiene il suo fianco lo stringe, senza però fargli male, per poi sciogliere i muscoli, rimanendo comunque ancorata lì. Lui inizia a parlare, ma ha bisogno di concentrazione. Lo vedi chiudere gli occhi. Momenti di rispettoso silenzio, mentre lui raccoglie il filo del discorso. Ne approfitti per guardarlo, per cercare di sistemare i tuoi pensieri e, si, anche per goderti il suo odore. Quando ricomincia a parlare tieni la concentrazione viva sul suo discorso, cercando di assimilare tutto quello che ti dice. Non lo interrompi. Solo, di tanto in tanto, fai qualche cenno con il capo, per segnalargli che lo stai seguendo. Lui traccia la linea temporale di quel governo, nato sotto l’ombra della congrega caotica, ma che adesso sembra risplendere di una luce che non si capisce da dove venga. Arricci il labbro, assumendo un’espressione attenta e interessata, ma al contempo crucciata. Nel frattempo si muove. La sua gamba si piega e lui si spinge indietro, per appoggiarsi alla testiera. Si mette comodo. Il tuo corpo intanto, senza aver ricevuto nessuno ordine particolare, segue quel movimenti, lasciando che le gambe scivolino sul letto fino a raggiungerlo. Il trono della città è vuoto. I tuoi occhi assumono uno sguardo interrogativo. Il caos è il sovrano di queste terre. Le sue mani adesso salgono sulle tue spalle, andando oltre, ad intrecciarsi tra i tuoi capelli, scombinati dal letto e dalla notte. A quel ‘chiaro?’ le labbra si arricciano un po’ di più. Lo guardi dritto negli occhi ancora per un secondo, poi lo sguardo scende sul suo petto, lasciando che la mente raccolga e organizzi i pensieri. {Lasciami fare il punto della situazione}. Mentre la bocca parla, lo sguardo risale sul suo viso, a cercarlo. {C’era un tempo in cui il regno di Avalon si estendeva anche alla terraferma. Poi un giorno un gruppo di cavalieri uniti nello scopo di seminare caos e distruzione decide di insorgere. Inizia così una guerra che, seguendo il consiglio di un certo Rohan, si decide di risolvere tramite un duello diretto}. A questo punto fai una pausa per prendere fiato. Gli occhi non hanno lasciato i suoi un attimo, in cerca di conferme. {Vincono i caotici che prendono il controllo della città, ma decidono di non governarla direttamente. Lasciano, piuttosto, il posto a Variniel. Da lì in poi il governo inizia un lento e inesorabile distacco dai cavalieri del caos che, tuttavia, non si ribellano, lasciando che la storia segua il suo corso}. Ti fermi, mentre gli occhi si socchiudono, arricciando il naso, in un’evidente espressione dubbiosa. {Per di più, di recente, Avalon ha firmato un accordo di pace con il governo di Barrington. Ci sono parecchie cose da chiarire in questa storia}. Scuoti il capo, una volta. {Dobbiamo capire la posizione dei caotici rispetto al nuovo governo e il perché, ad un certo punto, abbiano scelto di lasciar perdere. E’ vero che la ductor è morta, ma il Pendragon ha chiesto agli interessati di cercare il medaglione. Possiamo aspettare che decida a chi affidare la guida della congrega, per poi chiedere spiegazioni al nuovo Ductor}. Lo guardi di nuovo negli occhi, sciogliendo l’espressione, rendendola meno contrita. {Nel frattempo potremmo chiedere udienza alla regina di avalon. So che tu non vuoi mettere piede sull’isola, ma potrei andare io, per ascoltare la storia anche da un altro punto di vista}. Annuisci guardandolo negli occhi. {Si potrebbe anche parlare con i membri del governo che hanno visto succedere più di un governatore: propongo di incontrare madama Melisande e madama Edave. Non so se conosci qualcun altro, nel qual caso è bene metterlo nella lista}. E’ una storia che presenta troppi pezzi sconnessi da rimettere insieme: più punti di vista avrete, più completo sarà il quadro. Fermi adesso le parole e torni nel silenzio. C’è, in tutto questo discorso, qualcosa che adesso è arrivato il momento di approfondire. Ti assicuri di avere la sua attenzione. {Il Pendragon intercede tra fedeli e Dea. Per usare il paragone con il quale è stato spiegato a me: ricopre il ruolo che hanno i santi per i cristiani}. Lo guardi. Il suo amico… Riprendi subito il discorso. {Potrebbe aver scelto di non intervenire, se non per mezzo dei medaglioni, lasciando agli uomini la scelta, oppure potrebbe essere intervenuto nella stessa figura di Rohan che, magari, scopriremo non essere un conoscitore arcano. Per quanto mi riguarda, credo che sia intervenuto per chi ha al collo uno dei suoi medaglioni, e che la mia nomina sia stata solo una decisione collaterale}. Scuoti lievemente il capo. {A proposito, ho chiesto delle linee del drago, di cui mi avevi parlato, ma pare che non c’entrino niente con i draghi di Avalon, o almeno questo è quello che è venuto fuori dall’incontro con Aingeal. Mi ha anche raccontato la storia dei draghi sull’isola, ma non so se ti interessa saperla}. Lasci quella mezza richiesta in sospeso, lasciandogli intendere che, com’era prevedibile, alla fine la tua curiosità ha avuto la meglio anche in quella discussione, chiedendo più del programmato. Accenni un sorriso. Intanto un pensiero vola fugace nella tua mente. Lentamente abbassi le palpebre lasciando che il suo calore ti avvolga e che il suo odore ti invada. Lo fai mentre scivolando con le gambe cambi posizione, sedendoti tra le sue gambe, lateralmente. Le ginocchia si piegano, lasciando che la gamba di lui, su cui prima eri seduta, stia sotto di loro. La mano che teneva il suo fianco adesso si spinge un po’ più dietro la sua schiena. Ci sono una marea di cose da fare, ma lasciami ancora un po’ qui, con te, tra te, mentre ne parliamo.

GHEOF -Stanza Shariziah- Le lascia fare il punto della situazione. Lo fa guardandola in viso. Inspira ed espira. Si permette solo qualche aggiunta al suo resoconto, come ad esempio:] Variniel era un caotico ergo, il Governo era parte del caos. Morta Raine lui non ha voluto prenderne il posto bensì continuare a governare. Io credo che a seguire, non ci sia stato lo stesso leader. Magari i contatti tra governo e congrega dei caotici sono divenuti meno saldi, non lo so. Quando muore un leader è normale che ci siano delle rotture, delle crepe, dello scompiglio e quindi, a seconda di chi sale al potere le cose cambiano, magari anche le leggi interne, addirittura gli scopi principali. [La guarda più in fondo mentre la osserva proseguire nel discorso. In qualche modo anche qui il leader è venuto a mancare. Addormentato, protetto, ma insomma. Adesso il leader qui, in questa congrega, è lei. Arcua velocemente le sopracciglia quando si parla di accordo di pace.] Per dimenticare le vecchie divergenze. Per evitare altre guerre. Per rinsaldare la posizione di un governo che traballa sotto il profilo della chiarezza sulla sua posizione politica. Forse si sono semplicemente dimenticati di cambiare il nome da ''Governatore di Barrington'' a ''Re di Barrington'', magari perchè a loro piaceva distinguersi dalla monarchia Avalonese, non lo so sinceramente, sembra veramente una storia astrusa. In ogni caso, visti i punti oscuri, conviene approfondire. E sì, dividiamoci i compiti. Tu dalla Regina. Io dal Governo. Meglio partire dalla Vice. Io ho parlato con Leia e mi era stato consigliato di parlare con Stavrogin, colui che vinse durante l'ultima battaglia decisa da Rohan. Gli scrissi ma pare essere svanito nel nulla dopo che c'eravamo accordati per vederci. [Fa silenzio poi. Silenzio quando si riprende a parlare di Pendragon. Viene paragonato ai santi. Corruga la fronte. Questa cosa non gli piace. Non sorride. Per un momento distoglie lo sguardo da Shariziah. Proprio lo perde. Ma che dice. Ma come può dire una sciocchezza del genere. Questa cosa va a puntellargli il fegato. Sbatte le palpebre una sola volta, ma fermamente. Addirittura si trova a perdere la prima parte del discorso. Cerca di riallacciarsi seguendo il filo delle sue ultime parole, quelle che riguardano una persona che magari scopriranno non essere un conoscitore Arcano. Sta parlando di Rohan. La guarda negli occhi. Arriccia gli angoli della bocca, deglutendo. Vai avanti. Si acciglia ma ascolta. Una mano va a farsi tra i capelli nel tentativo sciocco di rimetterli in ordine.] Vedremo anche in questo caso, quando ne sapremo di più su questo ciondolo. [Lo dice in maniera piuttosto seccata, ma è nitido nei ragionamenti. La fa proseguire.] Ah, non c’entrano niente i draghi con le linee del drago. Non c'entra niente con il fatto che l'abbazia di Glastonbury è su una di quelle linee e non c'entra niente che quest'abbazia è una sorta di portale, nelle fondamenta tra Glastonbury ed Avalon. Non c'entrano niente con i draghi che sono sull'Isola. [Alza un sopracciglio. Ha anche chiesto sulla storia dei draghi su Avalon. Non dice nulla, lasciandola accomodare tra le sue gambe. Non la sposta, assolutamente. Agevola i suoi movimenti, guardando avanti a sè, respirando profondamente, piano. Lascia qualche momento di silenzio assoluto. Lascia per un attimo i santi. Non li scomoda per adesso. Un braccio va ad avvolgerle le spalle, trascinando la mezza verso il suo petto.] Se ne hai voglia, raccontami questa storia. [Lo dice piano, senza guardarla inizialmente per poi abbassare le palpebre aiutando le iridi ad abbassarsi su quelle di lei, a cercarla con lo sguardo.]

SHARIZIAH [Stanza] Fate il punto della situazione. Lo fate insieme. Vi dividete i compiti e la gente da incontrare, almeno per ora. Stravrogin è sparito nel nulla: ultimamente sembra diventata una nuova moda. Almeno per ora sapete come proseguire, come cercare nuovi tasselli del puzzle. Bene. Poi il discorso cambia, e con esso l’espressione di Goffredo. Smette di guardarti, si distrae, si sistema i capelli. Poi ritorna e lo fa con tono seccato -empatia +2-. Cosa l’ha disturbato tanto? Il fatto che hai nominato i santi della sua religione? Eppure hai solo riportato un esempio. Eppure eri stata avvertita dall’astio che possono provare le religioni le une per le altre. Non sai proprio come rispondere alla domanda successiva. Parla di portali tra Avalon e Glastonbury. Lo guardi con evidente sguardo confuso. Ti chiedi di cosa stia parlando esattamente, ma a lui non lo dici direttamente. Lasci piuttosto che lo facciano i tuoi occhi, ma non insisti e, dopo giusto un attimo, abbassi lo sguardo, proprio davanti a te. Ti sposti accomodandoti su di lui. Ti lascia fare. Ti stringe a se. Appoggi l’orecchio a punta sul suo petto. Senti i battiti del suo cuore. Rimanete così per un momento e le tue orecchie percepiscono bene che due battiti che, nel frattempo, cercano di sincronizzarsi. Sembrano due metronomi posti sulla stessa pedana. Tum tum. Percepisci il suo respiro profondo e, stavolta, sei tu a donargli il tuo calore, a fargli sentire la tua presenza. Li sentirà lui quei due battiti, o quei ritmi sono frutto delle tue orecchie elfiche? Ti poni quella domanda e alzi lo sguardo, cercando il suo, come se potessi trovare la risposta sul suo viso. Ti chiede. I vostri occhi si incontrano. {Pare che un tempo i cieli di Avalon fossero solcati da qualsiasi tipo di draghi. Poi due semidei, Hasgarlt e Chevalier, lottarono in uno scontro epico. Il primo, Harsgalt, venne sconfitto e cacciato per sempre dai territori del secondo, che conquistò il titolo di nuovo Pendragon. Questi decise inoltre di maledire tutti i draghi schierati dalla parte delle suo rivali, insieme ai loro discendenti, impedendogli di tornare sull'Isola di Avalon. Hasgarlt usò però il suo potere per benedire le discendenze dei suoi alleati, consentendo loro di tornare a manifestare la loro presenza sull’Isola, tramite la simbiosi coi cavalieri}. Racconti quella storia mantenendo un tono basso, lasciando che le parole scorrano con la dovuta lentezza, come se stessi leggendo un libro per lui. Ma, durante quel racconto, cerchi di non interrompere il contatto con i suoi occhi.

GHEOF -Stanza Shariziah- La guarda. Cerca tranquillità. Cerca di levarsi di dosso una sorta di negatività che in realtà se la porta dietro da tutta una vita. Pessimismo e fastidio. Quella è una parte integrante del suo essere, ma adesso ci sta come i cavoli a merenda. Come se fosse arrivato qualcuno a rompere le uova nel paniere. Sentirsi estraneo nel proprio corpo. Non perdersi dentro queste piccolezze che a volte prendono un'importanza tale capaci di portarlo chissà in quale mondo. Goffredo è sempre stato un egoista. Questo è un dato di fatto. Pnesare a sè stesso. Se lei lo guarda lui adesso si trova a posare la nuca contro la testiera tenendo il contatto visivo con lei per poco perchè chiude gli occhi. Shariziah, tu che senti il cuore più forte di lui. Lo sentirà che il cuore perde due battiti? E' proprio nel bel mezzo del racconto che due colpi sono più forti e per poi, dopo una brevissima pausa, riprendono il ritmo costante di prima. Le mani si stringono attorno alla spalla più esterna di lei. La sente tutta, la sente vicina, se la avvicina di più ma gli occhi restano chiusi. La fa finire e lascia nuovamente il silenzio a far da padrone. Inspira il suo odore. Schiaccia le palpebre tra di loro. Prende il labbro inferiore dentro la bocca dove la lingua passa a carrezzarlo qualche momento. Riapre gli occhi scivolando a cercarla con gli occhi. Annuisce a lei. Libera il labbro intrappolato in bocca restando ancora a guardarla. Starebbe per cominciare a parlare ma riesce solamente a fare un sorriso dispiaciuto. Scuote piano il capo. Abbassa il viso a posare le labbra sopra i capelli di lei. Ci posa la guancia là sopra e, puntando il muro comincia a parlare a voce estremamente bassa, quasi un sussurro che lascia sfuggire un filo di voce.] Quindi mi stai dicendo che due semidei, dopo aver combattuto per... per cosa? Non importa, aspetta, sh. Ha vinto Chevalier ed Harsgalt è stato cacciato da questo mondo trascinandosi dietro un sacco di draghi. Però Harsgalt ha salvato la discendenza dei suoi accoliti permettendo di infilarsi direttamente nei corpi e nelle menti di questi cavalieri del drago. Quindi queste persone sono contro il Pendragon, giusto? Perchè se Pendragon/Chevalier non voleva nè Harsgalt nè i suoi seguaci... [Alza il viso a cercare il suo viso. Corruga la fronte ad osservarla. Gli viene da ridere.] Io credo che impazzirò. Giuro. [Quelle parole le dice con un tono quasi ilare, di mezzo sconcerto e confusione.] Chiariscimi questa situazione oppure giuro, mi alzo ed esco da questa stanza, nudo piuttosto, e vado a leggere qualche libro nella camera di Had de Morlock, magari qualche suo manoscritto, sia mai che mi possa spegnere il cervello per un po' di tempo. [Non ci sta troppo a guardarla mentre dice quel che dice, anzi. Posa le labbra sopra la fronte di lei, scuotendo piano piano il capo.]

SHARIZIAH [Stanza] Ti stringi a lui e lo senti che quel cuore si perde per un attimo. Lo ascolti, ma non dici niente. Shhh. Dagli il tempo di riprendersi, di ritrovarsi. Ecco, bravo così. Le sue braccia ti avvolgono, congiungendosi sulla tua spalla. Lo senti come ti stringe. Potendo infrangeresti quelle barriere imposte dalle pelli. Ti ritrovi a socchiudere gli occhi quando stringendo le spalle, ti accucci dentro quell’abbraccio. Lo fai come se volessi fargli sentire la tua presenza rendendoti però, allo stesso tempo, non ingombrante. Rimani lì, ma volti un po’ il capo per cercarlo con lo sguardo, continuando quel racconto. Piano, piano. Quando finisci osservi i suoi gesti successivi. Poggia la guancia sui tuoi capelli, inizia a parlare. Non lo interrompi. Soltanto sorridi quando ammette che crede di poter impazzire con quei racconti. Annuisci pensando all’ironia intrinseca di questo momento. Non era stato forse quello il tuo pensiero dominante, dopo la scoperta che le storie recintate nei libri, in fondo, non sono solo racconti di fantasia? Ma ciò che viene dopo è estremamente più ilare. Lo lasci parlare, ma quando minaccia di uscire nudo dalla stanza, per correre in quella di Had, istintivamente porti le tue mani dietro la sua schiena, quasi per trattenerlo. Non sia mai che gli venga in mente di fare seriamente una cosa del genere. Non sia mai che cerchi un modo per smettere di ragionare. Lo fai seguendo la scia del suo scherzo, ma tenendolo tra le tue braccia. {No, aspetta!}. Lasci che poggi le labbra sulla tua fronte. {Hasgarlt e Chevalier erano entrambi votati all’equilibrio. Sebbene non si conoscano le ragioni per le quali il loro combattimento sia iniziato, si sa che avevano un obiettivo comune. Per quanto riguarda i draghi, Hasgarlt riuscì a togliere questa maledizione dalla progenie dei suoi alleati. Questo vuol dire che essi non sono contro il Pendragon. Sebbene non possano mettere piede ad Avalon fisicamente, gli è concesso, “abitare” l’isola indirettamente, attraverso i cavalieri con cui sono in simbiosi. E’ come se i cavalieri siano il tramite attraverso cui la maledizione è stata spezzata}. Rimani adesso in silenzio per riflettere su quella storia. Qual è la scienza che regola queste terre? Può davvero succedere di tutto? Lasci che quel silenzio vi avvolga, per permettere a lui di esporre i suoi dubbi o, altrimenti, solo per godervi quel momento. L’orecchio, la guancia, tutta quella metà del viso, poggiano sul suo petto. Chiudi gli occhi. Poi un sussurro esce dalle tue labbra. Lo fa mentre gli occhi si riaprono. {Scherzi a parte, dovrei realmente andare nello studio del supremo, per capire cosa sia rimasto in sospeso da fare}. Lo sussurri per non spezzare quel momento. Lo fai mentre la mente, pigramente, cerca di riportare in luce i lavori da finire.

GHEOF -Stanza Shariziah- Si fa cingere allontanando le labbra dalla fronte di lei. Le braccia di lui vanno ad abbracciarla spingendo la schiena sulla testiera del letto. Resta con il sorriso sulle labbra guardando davanti a sè.] Tu mi dici di aspettare, intanto Santo Pendragon, l'intermediario della Dea, che voleva l'equilibrio come Santo Harsgalt, fanno una guerra furiosa e Santo Pendragon, visto che è l'equilibrato intercessore della Triade, caccia via i draghi però per premio li fa vivere inscatolati dentro i corpi che possono vivere su questa terra. Questi corpi li sceglie il Pendragon? Come dire. ''Io San Pendragon da Avalon, concedo al mio grande amico San Harsgalt che ho combattuto e sconfitto, gli permetto di far tornare la progenie dei draghi cacciati via da questa terra dentro i corpi che scelgo io! Ma che meraviglia!! Così almeno mantiene l'equilibrio della terra, ma credimi, portano squilibrio al mio cervello. Ma forse è questo il fine. Portare disequilibrio per il volere del Santo. Invece le Sacerdotesse non sono il tramite in carne ed ossa della Dea? Sono le figlie...? Dai Shariziah. Dai. Non diciamo sciocchezze. Non torna un bell'accidenti, ma valle a a sezionare certe cose. La fai facile tu. Non doveva essere San Chevalier Pendragon a levare la maledizione? Se il Pendragon non voleva i draghi ed ha sconfitto Harsgalt, ma Cristo... La cosa bella è che queste cose esistono. Perlomeno le allegorie con la quale è stata scritta la Bibbia... Cioè, io credevo fossero allegorie. Poi arrivi su questa terra e ti ritrovi dràaghi, magia, pentacoli mondi assurdi. Facciamo una bella cosa. Non andiamo ad infossarci in discorsi del genere che ci perdo la ragione, giuro! [Mentre lo dice, in maniera concitata e divertita, la guarda cullandolo qualche secondo tra le braccia, scuotendo il capo lentamente, come se stesse quasi per scoppiare a ridere ma non lo fa perchè un sopracciglio trattiene, nel suo tendersi verso il basso, l’ilarità lasciando spazio ad un'ironica espressione di sconforto. Lascia però adesso qualche momento prima che lei riprenda con le ultime, qualche momento di silenzio lasciandole il viso con lo sguardo puntando il suo corpo acciambellato tra le sue gambe, tra le sue braccia. Fuori il sole è alto. I raggi del sole entrano donando alla stanza una luce soffusa, tiepida, ma luminosa, quella del mattino inoltrato.] Dovresti andare nello studio. Magari ci trovi i nomi dei Santi Pendragon e non solo! Potrebbe esserci l'uomo incappucciato che ti aspetta con un anello di fidanzamento e andrà bene così, magari finisce che sono pure felice di quel che ti proporrà. Un matrimonio in grande stile con tanto di draghi di Harsgalt a farvi da testimoni, tramite ovviamente i cavalieri del drago perchè anche se Harsgalt è un semidio che aveva lo stesso amore per l'equilibrio e si è fatto da parte ha voluto nonostante tutto che i suoi, chiamiamoli piccoli figli santi, fossero partecipi del lieto evento di San Pendragon. Magari ti consiglio una cosa, c'è un modo per farmi smettere di inventare storie fantastiche che hanno lo stesso spessore di quella di compare Har e compare Cheva. Alzarti, metterti qualcosa addosso e cominciare a mettere per iscritto quanto ci siamo detti. O se non lo vuoi fare lo farò io al tuo posto. Sai quanto so essere ordinato. [Le sorride. E' un sorriso che ha dentro una serenità ritrovata. Una serenità che non è normale vederla sul suo volto. Ma è così tranquillo adesso, con lei.]

SHARIZIAH [Stanza] Ti abbraccia. Si mette comodo. Rimani lì tra le sue braccia, in una comoda posizione per entrambi. Comincia a parlare con un tono decisamente ironico. Lo ascolti attentamente, mentre sorridendo trattieni a stento una risata. Quando ti chiede di non dire sciocchezze, volti il viso a cercare i suoi occhi. Noti l’ironia e quella finta espressione di sconforto. Scuoti il capo, il sorrisetto ironico permane imperterrito. Ti culla tra le sue braccia. Rimanete così in silenzio, finché non si riprende a parlare della stanza del supremo e dell’uomo incappucciato che ti chiede in sposa. Sorridendo scuoti il capo, in segno di rassegnazione per l’andazzo preso dalla discussione. {Oh beh! Se c’è la possibilità che incontri il pendragon e che mi chieda in sposa, magari dovresti venire con me. Mi servirà un testimone e forse anche qualcuno che mi accompagni all’altare}. Lo guardi con un’espressione che trattiene faticosamente l’ilarità. {E soprattuto qualcuno che mi sorregga. Credo che il mio corpo e la mia testa non possano sopportare tutto l’equilibrio di pendragon, draghi e semidei insieme}. Sbuffi una risata dal naso. E’ davvero necessario dirgli che quella storia fa uscire matta anche te? Dovrebbe saperlo. Il collo adesso di curva in avanti, il mento si abbassa. Con le labbra raggiungi il braccio che ti cinge da davanti. Le poggi lì sopra. Un morbido bacio sulla sua pelle. Un punto insolito, sicuramente. E’ come se lo stessi marchiando. Un segno che però non è visibile agli occhi. Non una catena, non un segnale, solo una volubile traccia della tua presenza lì, tra quelle braccia. Torni a guardarlo. {Scriverei volentieri, ma sono senza pergamene in questa stanza. In realtà credo che siamo rimasti senza pergamene e inchiostro nell’intera Torre. L’unico posto in cui posso provare a cercare è realmente lo studio}. Scuoti la testa, una volta. Stai rimettendo su la Torre da sola, dopo l’abbandono dei caotici. {Devo andare al mercato a farne una buona scorta. Dovrei comprare anche pergamene e inchiostri anche per la stesura finale del libro, hai richieste particolari?}. C’è la serenità di due menti che lavorano lasciando che i corpi trovino appagamento l’uno nell’altro. Piani, programmi, organizzazione. Insieme.

Gheof
00martedì 24 novembre 2015 20:20
GHEOF -Stanza Shariziah- Tiene il capo chino, a guardarla ed ascoltarla. Le labbra, chiuse, sono tese in un sorriso che si sforza a contenersi. Fa uscire fiato dalle narici. La ascolta ma non risponde più a quel gioco. Piuttosto segue come si muove tra le sue braccia, come la bocca si posa sul suo braccio. Non stringe di più, non la soffoca, la tiene e basta, la avvolge ed ora anche la bocca si apre a mostrare i denti. Non lo fa quasi mai, davvero. Questi sorrisi sono davvero molto rari. Reclina il capo curvandosi appena in avanti con la schiena a spingerla maggiormente a sè. Per un attimo perde il contatto con i suoi occhi, come se stesse cristallizzando quel momento in particolare dentro uno scomparto della mente per poi tornare con gli occhi su di lei. Mancano cose. Umetta la bocca annuendo.] Ho i soldi che ci ha dato Almarth. Abbiamo 500 denari a disposizione per il libro. Poi se avanza qualcosa possiamo comprare qualcosa per noi. Io non ho intenzione di regalare altri soldi al Governo dopo i 28.000 che ho sborsato. Per quel che riguarda l'occorrente per il libro, inchiostro, e delle pergamene. Prima di far rilegare il libro dobbiamo scrivere tutto. Solitamente noi monaci ci muovevamo in questa maniera. Gli artigiani portavano in dono a Cristo le pergamene e poi, una volta scritto tutto si portavano nuovamente da questi mastri confezionatori che portavano un borsone con gioielli, stoffe, diversi tipi di seta ed altre amenità a seconda dell'importanza del libro. Una volta scritta l'opera dovremo farci fare un preventivo magari al mercato o direttamente dai maestri dei mestieri. Non so se 500 denari basteranno per tutto ma non ho idea di come siano i prezzi in questo posto rispetto all'Italia. A Roma erano molto cari nonostante la vastissima scelta. Dopotutto a saper leggere erano o monaci o ricchi. Nonostante il servizio che facevamo ben pochi erano i ragazzini che venivano alle lezioni, più che altro perchè i feudatari hanno bisogno, sempre, di servi. Assai triste, ma è così la vita. Va bene, senza scendere in sentimentalismi. [Lascia la presa attorno a lei indietreggiando appena, a lasciarla libera di alzarsi.] Possiamo scrivere gli appunti sui miei taccuini. Ne ho due. Uno non è ancora stato vergato. Ma... non posso dartelo. [ Abbassa un attimo il viso corrugando la fronte.] Quello che uso di più è praticamente pieno di scritte. Posso darti qualche foglio. Ho anche un'ampolla con l'inchiostro e pennino, quello solito. Pensa te a quel che ti serve io sono organizzato. Accenna un mezzo sorriso, indicandole la via, oltre il letto dove però gli occhi adesso non la lasciano. Ci si sofferma, forse più del dovuto, più del normale. Pensa a lei.]

SHARIZIAH [Stanza] Si china su di se per spingersi a se. Non hai bisogno di compiere grossi movimenti perché le pelli si adattino alle proprie posizioni. Stai sorridendo. Sta sorridendo. E’ bello, vero? Hai dei movimenti particolari. Li hai studiati ma li esamini ogni volta. Quel sorriso è raro vederglielo indosso. La curva delle tue labbra si appiattisce un po’ e non perché l’espressione si sta facendo seria, ma perché lo stai osservando. Gli occhi sorridono, non c’è bisogno di altro per dimostrare le tue sensazioni. C’è una metà di te che si sente incommensurabilmente appagata quando ha la possibilità di ammirare qualcosa di bello. E’ un senso innato, impossibile da addomesticare. E adesso la tua espressione lascia venire a galla la calma elfica. Ma non sei circondata da quell’aura che rende gli elfi così eterei, irraggiungibili, altezzosi. No, nessuna aura dorata: il tuo sangue è contaminato da quello umano e a te piace così. Continui a guardarlo mentre ti parla e quell’espressione permane sul viso ancora un momento per poi, lentamente, lasciare il posto a due occhi attenti e una bocca che accenna appena un sorriso. Lo lasci parlare. Non lo interrompi. Ascolti piuttosto molto bene il suo racconto relativo alla sua vita da monaco. Chissà da dove venivano tutti i libri nella biblioteca della tua casa adottiva. Intervieni solo quando ha terminato. {So che madama Dodaiux ha scritto un libro, un erbario. Potremmo chiederle da chi è stato rilegato, magari potremmo ricevere qualche prezioso consiglio}. Scuoti il capo come a voler allontanare un pensiero. {Questo comunque è ancora presto per deciderlo: non abbiamo ancora neanche iniziato a scrivere}. Lo dici mentre gli occhi verdi cercano i suoi. Non per un motivo preciso, semplicemente perché vuoi guardarlo, mentre discutete dettagli tecnici del libro. Il VOSTRO libro. Nel frattempo quella stretta scivola lentamente via. Lo guardi allontanarsi un po’. Annuisci. Ancora un secondo e poi ti decidi. Scivoli sul bordo del letto. Ti alzi. Nel metterti in piedi le braccia si allungano in alto, oltre la testa, nell’atto di stirare i muscoli della schiena. Poi le riporti giù. Muovi un passo avanti, verso la sedia dello scrittoio. La raggiungi. Afferri la camicia e ne indossi le maniche, ma non la abbottoni. Fa freddo fuori dalle lenzuola, fuori dal suo abbraccio caldo. Appesa allo schienale della sedia c’è la sua scarsella. La guardi, poi volgi lo sguardo indietro a cercare il suo. Aspetti un suo cenno che ti dia il permesso di aprirla o che ti chieda di portargliela. Nel primo caso la apriresti e, senza frugare dentro andresti a prendere direttamente il taccuino di pelle marrone che ben conosci e l’ampolla d’inchiostro con il relativo pennino. Veloce e senza scombinare nulla -agilità +1-. Con la tracolla o con il necessario in mano, torneresti verso il letto. {Se non hai nulla in contrario, propongo di scrivere gli appunti di oggi sul tuo taccuino. Puoi tenerli tu finché non rimetteremo insieme i tasselli. Per quanto mi riguarda cercherò di passare dal mercato oggi stesso, in modo da rifornirmi}. Il fastidio di strappare pagine da un oggetto rilegato è lo stesso che sia un libro o che sia un taccuino: sono cose che si fanno solo se strettamente necessarie. Ci vuole rispetto. Se avessi preso il taccuino, adesso lo porgeresti a lui, in modo che trovi un paio di pagine libere. Non ti è sfuggita la frase sul tenersi i soldi del governatore, in caso di avanzi. Mentre ti risiedi sul bordo del letto, torni a guardarlo. {Che vorresti farci con i soldi avanzanti dal budget del governatore?} Qualcosa per noi, ha detto.

GHEOF -Stanza Shariziah- Resta a guardarla. C'è calma. C'è così tanta calma che ogni pensiero che attenterebbe a questa tranquillità fallisce miseramente. Lei si prepara ad alzarsi e lo fa stiracchiandosi. Lui le guarda la schiena, la curva, le scapole, il profilo del seno che segue verso l'alto le braccia di lei che potrebbero acchiappare il soffitto. Lui resta con la schiena poggiata alla testiera concedendosi un momento di silenzio per poterla guardare. Cammina nuda con estrema eleganza. E' un'eleganza naturale. Lei non la cerca quell'eleganza è come se ce l'avesse di natura. Quelle cosce che si susseguono, le ginocchia, le caviglie, le natiche. Inspira ed espira piano. Va bene, chiederanno anche a Dodaiux. Adesso non ne ha voglia di risponderle perchè sta controllando i suoi movimenti. Non è tanta la distanza dal letto alla sedia dov'è posata la sua scarsella. Lei si gira e potrebbe accorgersi di lui che la sta guardando tutta. Alza lentamente gli occhi sul suo viso, annuendo. Apri la scarsella e prendi quel che ti serve. Glielo dice solo con gli occhi. Quando lei afferra la camicia per infilarla lui fa lo stesso con i pantaloni. Li prende da terra senza avere la forza ma soprattutto la voglia di alzarsi. Sporge solo la schiena andando ad afferrarli con una presa sicuramente non agile come quella di lei. E' pigro questa mattina. Lui non è mai pigro ma oggi sì. Socchiude gli occhi quando lei gli chiede di appuntare quel che è stato appena detto e lo fa chiudendo l'ultimo bottone, restando sempre seduto a letto. Sposta il viso lateralmente, verso la spalla, facendo l'ultimo sbadiglio.] Sì. Mh. Sì, sì. Puoi anche scriverlo tu, ci sono abbastanza pagine per farlo. Cerca di scrivere con caratteri piccoli. Se vedi le pagine che ho scritto prima le lettere sono piuttosto minute. La carta è preziosa. Tienilo tu per adesso. [Fa no con la testa quando glielo porge.] Non ho voglia di mettere davanti agli occhi le lenti per scrivere. Tu hai la vista fresca, giovincella. [Dimentica per un momento che ha a che fare con un mezz'elfo. E' che non gli viene da fare paragoni. Sbatte le palpebre velocemente, sventolando la mano davanti a sè, come a dire, lascia perdere. Se Shariziah aprirà il taccuino noterà che i caratteri sono realmente piccoli ed ogni spazio libero è occupato in maniera quasi maniacale, al punto che in alcune pagine ha suddiviso i caratteri in cinque colonne per farci stare tutto un concetto. Si allontana dallo schienale per mettersi sul bordo del letto. Indica posto vicino a lui. Siedi qui. Glielo dice con il capo. Ritorna a guardarla. Una mano va a fregare lentamente la bocca. Questa mattina se ne sono dette tante. Tantissime.] Riassumendo i punti principali. Storia di Barrington, Rohan, nascita dei cavalieri del Caos, Governo, Regno di Avalon e Pendragon. Questi sono i punti da focalizzare. Passami l'ampolla con l'inchiostro che te la tengo. [Tende la mano verso di lei dove però, prima di puntare alla scarsella va, con i polpastrelli a sfiorarle il ventre, il bordo della camicia ancora aperta. Toccarla ancora.]

SHARIZIAH [Stanza] Lentamente ti siedi sul bordo del letto. Lo fai scegliendo di metterti acconto a lui, nel punto da lui indicato con lo sguardo. Lo fai con il suo taccuino tra le mani: ti ha dato il permesso di aprirlo. Tu lo tieni ancora un secondo chiuso, andandolo ad esaminare con lo sguardo. Quel taccuino l’hai avuto tra le mani un’altra volta, solo una volta prima di questa. Gli angoli della bocca involontariamente si alzano un poco. La testa si volta a cercare il suo sguardo. Chissà se anche lui, adesso, sta rivedendo il momento in cui tu eri seduta ai piedi della sua poltrona a ricopiare strani simboli da una pergamena. E adesso hai il permesso per aprirlo. Torni a guardare la copertina marrone. Ti decidi e, delicatamente, lo apri. Ci metti, in quel gesto, tutta la sensibilità che il sangue elfico ti ha donato. Lo apri e lo sguardo cade su quelle parole scritte in maniera così minuta. La carta non va sprecata e quel taccuino parla esattamente di lui, del suo ordine, del suo modo di vivere. Tu hai la vista fresca, ma persino i tuoi occhi potrebbero incrociarsi a tanto ordine quasi privo di spazi bianchi. Giovincella dalla vista buona. Sorridi. Sei seduta tra lui e il comodino. Su di esso hai poggiato la sua scarsella. Vuole aiutarti tenendo l’inchiostro. Allunga la mano verso la scarsella, ma si ferma prima, accarezzandoti. Lo sguardo scende su quella mano. E’ così vicino, di nuovo. Risali il braccio e cerchi il suo viso. A lui rivolgi un mezzo sorriso. Nel frattempo la sinistra regge da sola il taccuino, aperto sulla prima pagina bianca disponibile. La destra scende sul dorso della sua mano sul tuo ventre. Lo accarezza. Non dici nulla, ma dopo un momento vai, con la stessa mano, ad aprire la scarsella, prendendo l’inchiostro. Senza parlargli gli hai chiesto di lasciare la sua mano lì. Guarda come ci sta bene! Porti fuori dalla scarsella anche il pennino. Prestando attenzione a tutti i movimenti apri la boccetta di inchiostro. Agli appunti ci penso io che ho la vista buona. Prendi il pennino in mano. Lo rigiri tra le dita guardandolo: è sicuramente un oggetto affascinante e che questa è la tua opinione è evidente dall’attenzione che gli dedichi. Mantenendo l’attenzione su di esso, passi la punta della piuma sul dorso della mano che legge il taccuino, come se volessi testarla. Poi, con lo stesso sguardo serio, fai scendere quella punta fino a permetterle di sfiorare il dorso della mano di lui. Giocherelli facendola muovere lì sopra per qualche attimo, poi ti decidi ad andare a bagnare la punta per scrivere nell’inchiostro. Lasci scolare via il liquido in eccesso, poi lo porti sulla pagina bianca del taccuino. Permetti a quella punta di sfiorare la carta, ma con delicatezza, quasi come la stessi facendo danzare sulla pergamena. Cerchi di replicare quella scrittura minuta, imprimendo sulla carta i punti fondamentali della linea storia da voi tracciata questa mattina -miniare +2-.

GHEOF -Stanza Shariziah- Decide di posare l'inchiostro sopra il comodino. La mano resta sopra il ventre. Lei è al suo fianco adesso. La mano preme là sopra mentre si sposta adesso poco più indietro, prima che lei decida di scrivere. Ecco. Non ce la fa ancora a ricominciare per davvero, ad alzarsi. Ad allontanarsi da lei sebbene siano vicino. No, non gli basta. Un braccio, ora che dovrebbe esserle poco dietro di lei, cerca di cingerle la vita passando prima da sotto la sua camicia che copre la schiena, in basso, dove nascono le natiche per poi avvolgerle il fianco e posare la mano nuovamente sul ventre. Piega la gamba più vicina a lei per alzarla sul letto, a creare spazio tra le gambe, un angolo di 45°, per potersi avvicinare maggiormente, per poterla accogliere nuovamente tra le cosce. Se fosse riuscito nell'impresa sporge da dietro la sua spalla il volto a guardare quel che fa, come lo fa. Come guarda il suo pennino innanzitutto. Lo guarda anche lui. E' un oggetto molto vecchio. Una decina d'anni meno di lui, probabilmente. Lo lucida sempre. Lo pulisce sempre. La piuma è intonsa. Piuma che testa. Piuma che tocca il dorso della sua mano. Lui sorride. Non dice nulla. Segue con gli occhi i movimenti che compie. Le pagine che ha scritto in maniera tanto fitta creano una netta divisione se il taccuino viene guardato lateralmente. Nera la parte scritta e bianca quella vergine. E' forse un caso? Certo che no. Goffredo, se le cose può controllarle, le controlla nei minimi dettagli. Pure la divisione tra spazi bianchi e spazi neri. Guarda come scrive. Lo fa bene. E' delicata. E' precisa. Il suono del pennino sulla carta. Lui chiude gli occhi. Si fa trascinare da quel suono. Cerca di posare il mento sopra la sua spalla ed intanto la mano sul ventre cerca delicatamente di muoversi, con tutto il palmo dal basso verso l'alto, ad arrivare poco sotto la curva dei seni, ridiscendendo sul ventre, e poi di nuovo su. Non la guarda quando riapre gli occhi, torna piuttosto a guardare quel che sta scrivendo sopra il suo taccuino con il suo inchiostro e la sua penna. Hai mai permesso a qualcuno di scrivere sul tuo taccuino, Goffredo? No. La guarda con la coda dell'occhio. Può essersi avvicinato sì tanto? Può essere reale questo? Può fidarsi? Lei lo conosce fino in fondo? E' abituato a stare solo. Scrivi Shariziah, e non guardare come ti sto guardando adesso. Vorrebbe avvicinarsi solo al suo viso, con il naso. La annusa soffermando il movimento della mano poco sotto il suo seno, raccogliendolo dal basso, proprio dove nasce tra indice e pollice dove le altre dita restano appiccicate sul suo ventre. e' lì che piano, molto piano il pollice va a cercare una carezza dove l'areola suggerisce l'apice del suo seno. Sfiora solo un attimo tornando poi con gli occhi sul taccuino, per vedere a che punto è.]

SHARIZIAH [Stanza] Si muove al tuo fianco. Lo segui con la coda dell’occhio, mentre infila la mano sotto la tua camicia e ti cinge il fianco. La sua gamba si sposta, si porta sul letto e di lì a poco ti ritrovi di nuovo tra le sue cosce, tra le sue braccia. Quando con la piuma gli sfiori il dorso della mano, la coda dell’occhio va ad osservare la sua reazione. Non dici nulla. Ti metti a scrivere seguendo il riassunto fatto alla fine del discorso, tenendo conto di tutte le sue aggiunte. Lo fai con calma, stando attenta a rispettare l’ordine delle pagine che precedono quelle scritte da te. Cerchi di replicare gli schemi da lui usati, la grandezza della scrittura. E’ proprio bello quel mattino e guardare la penna muoversi in tondo seguendo le parole che traccia sulla carta, incanta. Scrivi della guerra tra Avalon e Caos, di Rohan, della vittoria di Stavrogin. Lo fai con frasi brevi che riassumano i concetti principali, in modo che sia tutto facilmente ritrovabile, quando dovrete riordinare tutti gli appunti -miniare +2-. Nel frattempo percepisci la presenza di Goffredo dietro di te, della sua testa sopra la spalla. Senti il suo respiro, la sua pelle, il suo odore. La sua mano si muove sul tuo ventre e i muscoli si contraggono leggermente seguendo questo suo movimento. La punta del naso ti sfiora la guancia. Tu lo agevoli in quei movimenti, continuando a scrivere. E’ il turno del governo di Barrington, di Raine, di Variniel e dei governatori successivi, dell’allontanamento dai caotici. Quando termini gli appunti ti fermi a rileggere ciò che hai scritto, controllando che non vi siano errori di alcun tipo. Lo fai mentre la sua mano sale un po’ di più, sul tuo seno che si inturgidisce al suo contatto. Il riassunto sembra terminato, hai finito di rileggerlo, ma lasci il taccuino aperto ancora qualche secondo. Da un lato vuoi dare a lui il tempo di finire di leggere, qualora avesse iniziato, dall’altro vuoi aspettare che l’inchiostro si asciughi bene, per non farlo spargere per tutte le pagine. Quanto reputi sia passato un tempo sufficiente, passi l’indice della mano desta, dapprima tentennante, poi deciso, ma comunque delicato, sulle parole scritte: è asciutto. Cerchi Goffredo con la coda dell’occhio, ti assicuri che non stia leggendo, per chiudere quindi il taccuino e poggiarlo sul comodino. Lo fai stando attenta che sia poggiato in maniera stabile e lontano da eventuali pericoli. Per farlo ti sporgi leggermente in avanti e adesso il suo pollice potrebbe trovarsi a premere di più sopra il tuo seno. Approfitti di quella posizione per chiudere la boccetta di inchiostro. Ritorni alla posizione di partenza, poggiando la schiena sul suo petto, senza farvi forza. Il pennino è ancora nella tua mano destra. Torni a studiarlo. La mano sinistra passa sulla morbida piuma, accarezzandola. La porti davanti agli occhi di entrambi, mentre adesso il volto si gira a cercarlo al fianco della tua testa. Le punte dei nasi potrebbero sfiorarsi. Socchiudi gli occhi, ascoltando il suo respiro. La mano sinistra cerca il suo avambraccio destro, andandolo a carezzare leggermente con la punta dei polpastrelli. {E’ decisamente un bell’oggetto} sussurri infine mentre le palpebre si riaprono e lo sguardo torna sul pennino retto dalla tua destra.

GHEOF -Stanza Shariziah- La pagina ha assorbito perfettamente quel che Shariziah ha scritto riassumendo con chiarezza quanto esposto prima. Da una letta veloce a quanto scritto e lo fa con il pollice che fa su e giù, lentamente, sulla curva tenera del seno che ha preso di mira e che non ha nessunissima intenzione di lasciare. Lei chiude il taccuino e quando si sporge in avanti per posarlo, lì distende le dita per lasciarla libera richiudendo, una volta che s'è adagiata sopra il suo petto, le dita sempre là sopra, senza irruenza, tutt'altro. Quel movimento deve far parte della situazione estremamente intima che si sta delineando. Con delicatezza insiste con quella carezza quando lei è intenta sul suo pennino. Ne ha viste di cotte e di crude quell'arnese che si porta sempre appresso. Lo guarda con attenzione restando appiccicato a lei, con il mento posato sulla sua spalla. Le respira da vicino ed avverte che s'è voltata in direzione del suo volto ma non ricambia quell'occhiata. E' come se ricordasse qualcosa. Dietro quelle piume c'è una vita da raccontare. E' un pennino vecchio, un pennino che ha usato ed usa innumerevoli volte. Infatti, nonostante la pulizia, si possono scorgere sul corpo d'argento le tracce di indice, medio e pollice. Ha sempre utilizzato la destra. E' così la norma, così la regola. Lei lo commenta e chiude la bocca in una linea sottilissima. Sbatte una sola volta le palpebre.] E' bello. [Risponde con gli occhi incatenati alla piuma nera. Anche l'altro braccio va a cingerla in vita, a schiacciarla a sè mentre abbassa il volto a posare sulla curva tra spalla e collo un bacio, allontanando il tessuto della camicia solo con il mento. Respira il suo odore. Ha bisogno di silenzio, non vuole dirle più niente. Shariziah. E' commovente, lo sai? E' commovente quanto sta accadendo. E tu, proprio tu mezz'elfo Le tue orecchie avvertono come il cuore prende a battere più velocemente, con tonfi più profondi? La stringe di più. Goffredo è estremamente umano nonostante riesca a nascondere i suoi sentimenti molto bene di fronte a tutti. Di questa umanità Ghadia la drow ne era rimasta affascinata. Perchè Shariziah. Lo sai che gli umani vivono proprio delle loro passioni con talmente tanta ferocia che per non impazzire sono capaci di trattenerle per dei tempi prolungati, per poi farle sfociare in chissà quale colpo di testa. Lo sai, certo che lo sai. Tiene gli occhi sempre chiusi. La fronte poggia contro la sua guancia. Lo fa perchè sente di doverlo fare. Lei che ha tra le mani quell'oggetto che gli ha fatto da madre, padre, amico, insegnante. Stringendo quel pennino Shariziah sta stringendo anche Goffredo. E' vero è un oggetto inanimato ma è proprio in quelli che lui ha sempre riposto la sua massimafiducia, tanto da guadagnarsi il titolo di materialista. E pensare che è un cataro ed il cataro per eccellenza demonizza la materia. Ma cosa sono? Alza il viso a cercarle gli occhi.] Ha una lunga storia ma non voglio tediarti. Ha più anni di me. [Le sorride annuendo.]

SHARIZIAH [Stanza] E’ bello. Si, è proprio bello. E tu non puoi che rimanere incantata da tutto ciò che è bello. Te lo rigiri tra le dita, continuando ad ammirarlo con curiosità. A guardarlo bene si notano tantissimi dettagli in più che, a prima vista, si perdono. Ci sono le sue dita impresse in quel pennino a testimoniare il loro rapporto. Ti stringe a se. Più forte. Spingi la schiena su di lui. No che quel tipo di contatto per te non è normale, però adesso sei sicura del fatto che, potendo guardarvi da fuori, rimarresti incantata a guardarvi. Tutto ciò che è bello ai sensi rappresenta un’arte e come tale deve essere trattato. Il suo viso scende poggiando le labbra sulla tua spalla. Socchiudi gli occhi per goderti quel contatto perché, si sa, se un senso viene tagliato fuori, gli altri in qualche modo si acutizzano per sopperire alla mancanza. Pieghi la testa dal lato in cui ha poggiato la tua, fino a sfiorargli i capelli con la guancia, poi la porti indietro delicatamente: con la guancia gli carezzi la testa e alla fine di quel gesto, il viso si piega di nuovo in avanti, allungando le labbra, nell’atto di baciargli quei capelli, quella testa. Silenzio. C’è un silenzio in questa stanza che viene rotto solo dalla melodia di due respiri che, a ritmo regolare, emettono ed inspirano aria, e dall’armonia di due cuori che pulsano infaticabili. Sembrano rincorrersi. Se si chiudono gli occhi e ci si concentra, da quel concerto se ne potrebbe tirare fuori una storia, in cui arriva un momento di grande pathos quando uno dei due inizia a suonare ad una frequenza maggiore, intensificando il livello dei suoi bassi. Ti stringe e la mano che prima lo accarezzava, adesso si stringe sul suo braccio, come se volesse dare man forte a quel tirarla a se. Riapri gli occhi. Torni a guardare il pennino. Perché ne sei così affascinata? Perché ha catturato tanto la tua attenzione? La fronte di lui è poggiata adesso sulla tua guancia. Lo senti, forte, propagarsi su tutta la pelle. Da quanto non ti concedevi di lasciare la tua inquietudine fuori dalla stanza? Il contatto della fronte si interrompe e vai a cercarlo. Trovi i suoi occhi. Sorride. Sorridi. Lo fai solo con gli occhi, quelli esprimono meglio di qualsiasi altro segno, gesto, parola. Quelli non li controlli. {Trovo difficile che io possa essere annoiata da una storia raccontata da te}. Gli occhi vanno di nuovo a cercare il pennino. {Credo ti rappresenti bene}. Lo dici mentre continui a scrutare l’oggetto. Annuisci. Torni a cercarlo con lo sguardo. I segni del tempo, la austera bellezza, l’eleganza, l’infinità capacità narrativa. Gli sorridi.

GHEOF -Stanza Shariziah- Reclina il capo di lato a quella prima confessione. Corruga la fronte scuotendo brevemente il capo, mantenendo il sorriso sulle labbra. Un modo per dire ''grazie, non dovevi''. Chiude gli occhi riaprendoli quando volge il viso verso il pennino. Il braccio destro continua a stringerla mentre la mano sinistra è impegnata nella lenta carezza che continua, mai stanca, ad ingraziarsi il seno che gli risponde con turgore.] Ero poco più che un fanciullo, raggiungevo l'età dell'adolescenza che per noi umani si aggira intorno agli undici anni. [Coda dell'occhio che la guarda, immediatamente, per interrompere il racconto chiedendole:] Ah, devi dirmelo anche te, a quanti anni si diventa adolescenti con il tuo sangue misto. [Arcua le sopracciglia allargando gli occhi ad ammonirla che più che una richiesta, quella è un'imposizione. Torna sul pennino.] Ne avrò avuti 12. C'era un monaco benedettino estremamente pacioso. L'equilibrio fatto persona. Adorava le belle cose ma anche i casi disperati. Ero una testa calda come ti ho già raccontato e l'unico modo per farmi stare in pace era quello di studiare. Lui lo sapeva bene. Il monastero ci offriva piume d'oca che dovevamo custodire gelosamente. E guai a perderla! Erano botte, dopotutto eravamo dei bastardi sulle spalle della Chiesa. In periodi di crisi e guerra non si fanno sconti neppure ai ragazzini. Ci hanno insegnato l'educazione. Beh, un bel giorno decisi di smettere di leggere perchè non mi davano le risposte che cercavo. Ma insistevo, credimi! Ho insistito moltissimo al punto da far impallidire gli anziani quando entrai durante una riunione delle cariche più alte, con un fragore veramente poco consono al luogo. [Sorride al pensiero. E' come se stesse guardando la scena da spettatore.] Viste le risposte che mi venivano negate sai che feci? Andai a cercare e sottolineare dei passi specifici della Bibbia. Li sottolineai proprio con la piuma d'oca, non il pennino che tieni adesso in mano. Entrai quando sapevo che era vietato farlo e cominciai velocemente ad aprire le pagine - avevo tenuto il segno con delle foglie ingiallite, era autunno- e cominciai a leggere a gran voce diversi passi che sono molto crudeli, te li racconto, li conosco a memoria tutt'ora. Puoi immaginare un figlioletto che dice queste cose, ascolta bene: [si schiarisce la voce.] Genesi, capitoli 6 e 7: Malcontento della malvagità dell’uomo, Dio sterminò ogni creatura del pianeta risparmiando soltanto la famiglia di Noè. Uomini, donne, bambini ed animali morirono annegati in una impensabile agonia. Genesi, 19:6 – Una sera, Lot ospitò due angeli nella sua casa a Sodoma. Quella stessa sera la casa di Lot fu assalita da una folla di delinquenti omosessuali in cerca di esperienze carnali con gli angeli. Lot cedette volontariamente le sue figlie vergini alla folla, esortandola: “Vi prego, fratelli miei, non fate questo male!” – “Ecco, ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e voi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a questi uomini, perché sono venuti all’ombra del mio tetto.” [La guarda con la coda dell'occhio, per controllare la sua reazione. Prosegue, in ogni caso, socchiudendo gli occhi, tornando sul pennino.] Genesi, 19:26 – Dio, impassibile davanti alla proposta di stupro delle figlie vergini di Lot, trasformò sua moglie in una statua di sale per aver commesso il nefando crimine di essersi guardata le spalle. Ed ancora, Deuteronomio, 28:53 – La punizione di Dio per i disobbedienti prevedeva che questi mangiassero “il frutto del proprio seno, le carni dei propri figli e delle proprie figlie.“ Numeri, 16:27-33 – Gli uomini si dimostrarono indocili, perciò Dio fece sì che la terra si aprisse ed inghiottisse uomini, donne e bambini. Numeri, 16:35 – Il fuoco di Dio “divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l’incenso.“ Numeri, 16:49 – Con una piaga, Dio sterminò quattordicimilasettecento uomini. Ed allora a quel punto urlai: chi è Satana?? E gettai la bibbia, spezzai la penna davanti ai loro occhi. L'abate impallidì. Non l'avessi mai fatto. Non l'avessi mai fatto. E' stato il primo giorno in cui conobbi il cilicio. Ma ero infuriato ed urlai così tanto da perdere la voce. Il monaco di cui ti parlavo prima, si chiamava Bonifacio. Era lui che mi teneva fermo. Era lui che mi asciugava il sudore ed era lui che mi spiava, lo sapevo che mi seguiva, dopo il mio primo percorso di penitenza. Non volevo nè leggere nè scrivere. Correvo come un matto a far disperare le galline, un matto, puoi immaginarti. Non potevo più scrivere nè leggere per punizione, mi era stato vietato per diversi mesi. Ma Bonifacio era lì che mi lasciava in cella qualche libro fino a che non mi trovò sotto l'ombra di un albero a fare niente, i miei dubbi restavano. Ah, ovviamente non avevo nulla per scrivere, i monaci non mi avrebbero dato una penna nuova per molto tempo. Mi chiese di controllarmi perchè non faceva bene a nessuno il mio atteggiamento. Soprattutto non faceva bene a me. Mi regalò quella penna che hai tra le mani. Era la sua. Dovevo tenerla nascosta nella mia cella, così da poter appuntare quello che si diceva durante le lezioni diurne la sera, quando tutti dormivano in modo da stare al passo con tutti i ragazzini della mia età. Lo tenni in quella cella per otto anni. Poi mi diedero un'altra penna d'oca quando dimostrai d'essere più paziente, forzatamente, credimi. Tutto ciò mi ha insegnato molto. [Lascia la presa dal suo seno, scendendo sulla sua vita. Cerca di afferrare i lembi della sua camicia per abbottonargliela dal basso. Le palpebre sono calate a seguire lo sguardo che si punta proprio sulle sue dita. Inspira ed espira. Fa silenzio, adesso.]

SHARIZIAH [Stanza] Comincia il suo racconto in quella posizione infinitamente intima. E’ come se ti avesse offerto la mano per condurti attraverso una nuova porta. Hai preso quella mano senza pensarci due volte, ve la siete stretta e, adesso quella porta è pronta ad aprirsi per mostrare qualcosa di privato, intimo: i ricordi per come sono impressi nella mente. Ma prima di farlo, prima di oltrepassarla, ti ferma sull’uscio. A quanti anni sei diventata adolescente mezza? La verità? Non ne hai la minima idea! Ma la risposta a questa domanda ce l’hai e l’hai studiata. Si! L’hai studiata, perché non hai vissuto la tua vita circondata da esseri come te e le risposte a domande che per lui possono sembrare banali per te non lo sono affatto. Ma lui vuole saperlo, quasi ti impone di saperlo. Arricci il labbro in un’espressione dubbiosa, mentre vai a cercare i suoi occhi. {Credo a 40 anni circa}. Quel numero sembra così grande paragonato a quello pronunciato da lui. Ma ti aspettavi una tale risonanza ed è per questo che, nel pronunciare quelle parole, hai abbassato la voce ad un sussurro, come se la differenza di suono potesse compensare l’enormità di quel 40. Quaranta. Comincia così a raccontare la sua storia. Lui parla e le sue parole, nella tua testa, assumono i contorni precisi di un monastero pieno di religiosi e di bambini. Nell’anonimato di facce e posti che non riconosci, spunta un ragazzino la cui aria ti è decisamente familiare: Goffredo per come te lo immagini da bambino. La storia continua e il piccolo Goffredo si muove tra i tuoi pensieri, piccolo ribelle in cerca di risposte. C’è un momento, in quella storia, che alla figura del ragazzino amante dello studio, si sovrappone quella di una ragazzina dai lunghi capelli rossi legati in una treccia, composta ed ordinata, con un diario sottobraccio. In quel momento gli angoli della bocca sfuggono ai comandi e si alzano in un accenno di sorriso. Dura un momento, poi riprendi il controllo, tornando a focalizzare l’immagine del piccolo Goffredo. La tua mano inizia ad accarezzare il suo braccio. Lui cita i passi della Bibbia, li conosce a memoria. Sul secondo passo citato, però, la reazione non la controlli: la sola idea rinchiusa in quel racconto fa irrigidire i muscoli, drizzando i peli delle braccia (la classica pelle d’oca). Spalanchi gli occhi, il respiro salta un colpo rimanendo sospeso a mezz’aria. La mano si ferma andando involontariamente a stringere il suo braccio. E’ un attimo perché quello successivo il racconto continua, il respiro si riprende, la mano ritorna a compiere il suo inesorabile sali e scendi. Continua a parlare. Nuovi passi del testo sacro. Continua a raccontare e nella tua mente il piccolo Goffredo ha lo sguardo sveglio e legge con forza quelle frasi. La vedi nei suoi occhi la voglia, no anzi, la necessità di sapere, di ottenere risposte. E poi arriva la punizione. La fronte del ragazzino si imperla, le urla strazianti invadono la tua testa, gli viene tolto tutto ciò per cui viveva: i libri. La mano si ferma di nuovo sul suo braccio, imprimendo una leggera pressione sui polpastrelli. Cerchi di infondere, tramite quel gesto, la forza che vorresti dare al piccolo Goffredo nella tua testa. Come se, quel tocco, potesse tornare indietro nel tempo per infondere coraggio a quel bambino ribelle. Ed ecco che arriva il momento in cui la penna diventa la protagonista. Volgi il capo a cercarla, tra le tue dita: hai poggiato, nel frattempo, la mano sulla tua gamba. Ha imparato molto e la penna è stata la sua compagna di viaggio. Durante le ultime sue parole cerchi i suoi occhi per poi tornare di nuovo sul pennino, mentre ti abbottona la camicia. Lo tieni sulla fessura di congiunzione tra le cosce, adesso con entrambe le mani. Lo rigiri tra di esse come se, adesso che ne conosci la storia, potessi trovarne particolari nuovi. Dal basso i bottoni si vanno chiudendo. D’un tratto la destra si alza, lasciando l’oggetto alla sinistra, andando ad afferratela sua mano sinistra, qualsiasi cosa stia facendo. Provi a prenderla delicatamente, infilandola nella curva tra pollice e indice. Cerchi di rivolgere il suo palmo verso l’alto. Lo fai piano, sfiorandolo appena, dandogli l’input ma lasciando che sia lui a seguirlo. Tu intanto guardi quella scena dall’alto. La sinistra adesso si alza e poggia su quel palmo aperto il pennino. Infine va cercare di chiudere le sue dita su di esso. Si, ti rappresenta meglio di quanto non credessi. Ma non parli. Fai quei gesti in rigoroso silenzio, mentre gli occhi permangono su quell’intreccio di mani.

GHEOF -Stanza Shariziah- Quarant'anni. Lui sarebbe un adolescente. Non pensiamoci. Non pensiamo a tante cose. Pensiamo soltanto a chiudere i bottoni di questa camicia bianca. Ma con calma, non c'è fretta questa mattina. nessuna fretta. Pure il respiro è lento. Tiene gli occhi bassi mentre infila i bottoni dentro le asole. Fa un respiro più profondo tra gli altri. Per un momento gli occhi si muovono nello spazio lasciato dai ricordi. Sono ricordi piacevoli. Sono i ricordi dell'unica alternativa concessa ad un bambino orfano di una padre morto per Cristo che altrimenti sarebbe morto di stenti per la carestia imperante, quella santa donna di sua madre che l'ha messo nelle mani dei monaci. Sbatte le palpebre velocemente scuotendo impercettibilmente il capo, due volte, due no secchi, veloci brevi fino a che non trova la sua mano ad afferrare la propria. Va a guardare quelle dita. Gli suggerisce di svelare il palmo verso l'alto. Lui lo fa. Come lei, è uno spettatore che osserva dall'alto quei movimenti. Posa il pennino sopra il palmo. Ne avverte il peso che è minimo. Le mani di Goffredo sono le mani di un uomo di 44 anni. Quelle di Shariziah dovrebbero appartenere ad una donna di almeno la metà dei propri. Ma invece, quanti ne ha? Non chiede, non dice, guarda solo il pennino e poi le sue dita che vanno a chiudere quelle di lui. Non pone resistenza, la fa fare. Non è triste Goffredo e neppure scioccato, sconvolto, stanco nonostante la crudeltà del racconto. Per lui è la norma nonostante sappia benissimo che solo i più ricchi avevano la fortuna di leggere e mangiare e non faticare. O monaco in silenzio o con le mani tra le piante a raccogliere il grano il più velocemente possibile altrimenti erano guai. Si è sempre guardato, alle spalle, con l'occhio cinico di chi non si piange addosso, piuttosto alza le spalle con la consapevolezza che è stato così nonostante in realtà ogni sua ossessione, e ne ha tante, sono dovute dalla rigida ed a tratti violenta educazione ricevuta. Alza gli occhi su di lei, e le sorride annuendo. Sente qualcosa allo stomaco però. Una sensazione che non gli piace. E' lì, latente che ha voglia di sfogare. Sono le urla zittite di un bambino che ai nostri tempi chiamerebbero ''caratteriale''. Scalpita esigendo le risposte negategli. Quel bambino è cresciuto e degli atteggiamenti infantili non ha più nulla, nessuna traccia però rimane lo scopo principale. Cercare la verità, nulla di più. Sorride maggiormente stringendo la mano attorno al pennino. La libera dalle sue braccia portandosi dietro il pennino. Il cuore batte forte. Controllo Goffredo. /volontà +2/] Mettiamolo al sicuro. [Dice a bassa voce indietreggiando da lei. Ha intenzione di alzarsi dal letto puntando alla sua scarsella. Non lo fa però.] Andrai oggi al mercato? Ti lascio i soldi? Vuoi che venga con te? [Parliamo d'altro anche se lo stomaco punge.]

SHARIZIAH [Stanza] Le sue braccia si spostano, il pennino lascia la tua visuale. Il tuo sguardo rimani lì a guardare le tue mani adesso vuote. Quanto è difficile aprire i cassetti della memoria e permettere a qualcuno di guardarci dentro? Quanto ti devi fidare di quel qualcuno per farlo? E se poi, una volta aperto il cassetto, quello ci mette le mani dentro e inizia a rovistare? NO. Non si fa. Il contenuto dei cassetti si osserva per come viene mostrato, non si tocca, non si invade. Guardi le tue mani vuote. E’ quello che hai fatto tu, no? Quel pennino l’hai sentito disordinato tra le tue mani: doveva tornare al suo posto, nel cassetto di lui. Ti ha appena fatto una domanda, ma la tua attenzione non l’ha propriamente registrata. Pensi ancora alla risposta fugace datagli riguardo l’adolescenza. Non è affatto banale che qualcuno capisca l’ignoranza sulla propria razza d’appartenenza: gli umani crescono tra gli umani, gli elfi crescono tra gli elfi. I mezzi, beh, loro sono costretti a crescere da soli. {L’unico motivo per cui so che l’adolescenza di un mezzelfo comincia circa a 40 anni è che l’ho letto in un libro} confessi continuando a guardare le tue mani che adesso si posano sulle cosce, a palmi aperti. {A dirla tutta, non so neanche quanti anni ho}. Scuoti il capo. {Ti sembrerà stupido non avere un’informazione così banale di se, ma, come ti ho già detto sono stata adottata. Di tutto ciò che è successo prima del giorno in cui mi trovarono non ricordo praticamente nulla. Parlavo un’altra lingua e credo che il mio nome sia stato una dei primi suoni che, nello spavento dell’abbandono, biascicai davanti colui che mi trovò}. Non ti ha chiesto. E’ vero, non l’ha fatto. Allora perché adesso senti la necessità di raccontare quella storia? Cosa ti ha spinto ad aprire quel cassetto della memoria? I polpastrelli vanno ad imprimere una leggera pressione sulle cosce, mentre il busto si torce leggermente per permettere alla testa di voltarsi e andarlo a guardare negli occhi. Se lui guarderà i tuoi non ci troverà tristezza e neanche la malinconia dell’acqua passata sotto i ponti a cancellare tutto. Nei tuoi occhi c’è quel ricordo di quell’uomo che ti prende tra le sue braccia e la serenità del sapere che sei quella che sei grazie a quell’esatto momento. Si, ricordi ancora la paura folle nei confronti di quello sconosciuto, ma adesso è annacquata dal ricordo stesso di quell’uomo che porti dentro di te. {Con il tempo ho scoperto che quella lingua sconosciuta era l’elfico}. Va bene. Magari neanche gli interessava. Volevi solo dargli quell’informazione sull’età, no? Cos’è che voleva sapere invece? Ah si! Il mercato. Abbassi gli occhi verso la tua spalla, scuotendo una volta il capo, poi torni a guardarlo come a chiedergli scusa per quella digressione non richiesta. {Si, non voglio costringerti a sentire l’intera storia. Vorrei andare oggi al mercato e, se mi vuoi accompagnare, non può che farmi piacere}. Ma il cassetto ormai l’hai aperto, ti rimane solo da vedere se ci guarderà dentro, sai già che non ci frugherà, o sceglierà di richiuderlo.

GHEOF -Stanza Shariziah- Attimi di silenzio che precedono una risposta che non ha nulla a che vedere con quanto chiestole. Comincia a parlare a ruota libera. Lei non sa a quanti anni comincia l'adolescenza della sua razza se non tramite un libro. Quando gli anni da vivere sono tanti probabilmente si perde il conto oppure non si festeggia neppure il compleanno. Spariscono, volano probabilmente. Sta zitto indietreggiando un momento con il viso, facendo roteare il pennino tra le dita dove le mani sono posate sulle gambe. Rotea la penna nera mentre lei prosegue e lui non interrompe. Non sa neppure quanti anni ha. Vedersi bambina mentre gli altri crescono. Lei da ragazzina aveva vissuto già quarant'anni di vita. Chi è lui per dirle quello che è la vita o meno quando ha forse neanche la metà d'esperienza vissuta su questo mondo? Abbassa un momento gli occhi sulla piuma sbattendo gli occhi una sola volta, velocemente. La fronte si corruga appena quando torna a guardarla, questa volta di sottecchi. Si trova a deglutire. In confronto a lei è un bambino. Un giovanotto. Eppure non è mai stato trattato da lei come un giovanotto. Potrebbe pensarlo tranquillamente. Il suo nome non è altro che il biascicare spaventato di una piccina che parlava confusamente l'elfico. Quanto tempo prima? Quanti anni fa? Alza la schiena drizzandola fermando gli occhi su quelli di lei. C'è una calma e consapevolezza che può appartenere soltanto a qualcuno che ha vissuto molto tempo di chi ne ha viste di tutti i colori e che, quelle cose se le porta nel cuore. Donna che potrebbe essere una ragazzina dall'aspetto, con la camicia mezza sbottonata e la pelle marchiata dalla sua saliva, dai suoi baci, dalle sue mani, dal suo corpo, che odora di entrambi. Di sesso, ancora. Respira profondamente. Non ha parole, sinceramente non ne ha. Quelle riguardo il mercato passano inosservate, inascoltate, come una fastidiosa nebbia che spazza via con un no del capo. Scende con gli occhi da quelli di lei andando a soffermarsi sul suo ginocchio destro. Si sofferma lì per un tempo indefinito. Per Goffredo potrebbero essere 10 secondi. Per lei? Il tempo come passa per lei? Come lo percepisce? Mai come oggi, come in questo momento, sente il peso della differenza razziale. E' un'altra cosa, Shariziah. E' un altro mondo. Alza di nuovo gli occhi sui suoi. Fa, con un cenno del capo, segno di proseguire con il racconto, spingendo poco in avanti il mento verso di lei. E' come se sentisse in quel preciso istante la pelle vecchia di uomo pesargli sulle guance. Flaccida. La barba sbiancata, i capelli non più scuri come un tempo, gli occhi che non riescono a vedere bene come un tempo, la voce più bassa. Il suo pennino si conserva meglio di lui. Pennino che va a posare in centro al letto, allungando il braccio Posa la mano lì vicino che gli serve da sostegno. Accavalla le gambe. Annuisce di nuovo. Vai avanti, Shariziah.]

SHARIZIAH [Stanza] Aspetti una sua risposta. Lo fai mentre osservi la sua reazione al tuo racconto. E’ difficile accettare il diverso modo in cui il tempo scorre, vedere la gente a cui vuoi bene mutare, mentre rimani costretta a quel corpo. Oh si, si vive più a lungo, si hanno più possibilità, ma davvero questo vale la pena di esser costretti a cambiar vita continuamente? Lo guardi mentre il suo sguardo scende sulle sue ginocchia. E’ un boccone difficile da mandare giù. Lo sai bene. Ma lui adesso torna a guardarti e ti fa un cenno del capo, vuole che tu vada avanti. La gamba più vicina a lui si alza, ruota il ginocchio, si poggia. Il busto segue quei movimenti e adesso dovresti averlo frontale. Le mani vanno ad afferrare la caviglia, mentre il piede rimane fuori dal letto. Andare avanti, verso dove? Lo sguardo scende sulle mani, cercando di permettere ai ricordi di raccogliersi. {Quell’uomo mi portò a casa di suo fratello, un nobiluomo conosciuto e rispettato} torni ad alzare lo sguardo su di lui. {Da quel giorno quel palazzo divenne la mia casa, la famiglia di quell’uomo la mia famiglia, l’uomo che mi trovò divenne mio zio}. Le ultime parole fanno alzare un angolo della bocca in uno dei sorrisi più genuini mai visti sul tuo volto. {Era un viaggiatore e portarsi dietro una bambina impaurita, con la quale non poteva neanche comunicare, non era una scelta saggia. Comunque mi promise che sarebbe tornato a trovarmi spesso. Non ti so dire come mi venne fatta quella promessa, so solo che lui trovò il modo di parlarmi e io di capirlo}. Alzi le spalle scuotendo una volta il capo. {In quel palazzo mi accolsero subito come una di casa: mi diedero una stanza enorme, bellissimi vestiti. Potevo andare in giro e chiedere qualsiasi cosa: avrebbero trovato il modo per capirmi e accontentarmi}. Lo sguardo si sposta adesso sul vestito verde tanto criticato. Arricci il labbro osservandolo, scuoti il capo. {Mia madre cominciò subito ad impartirmi l’educazione e le buone maniere, come se fossi stata veramente sua figlia}. E adesso il viso si muove, ponendo gli occhi sulla camicia mezza abbottonata che giace sulle tue spalle, i tuoi modi decisamente diversi da quelli che, ascoltando la tua storia ci si aspetti. {Avevo un’unica imposizione: non potevo lasciare quelle mura}. Le labbra si spostano da un lato, assumendo una evidente espressione dubbiosa. Lo fanno mentre gli occhi risalgono la sua figura. {Quel palazzo non ci mise troppo a starmi stretto. Adesso penserai che sono stupida: avevo tutto ciò che una ragazza possa desiderare, eppure l’unica cosa che volevo era poter lasciare tutto e fuggire via}. Un sospiro un po’ più forte esce dal tuo naso, mentre torni a guardarlo. {In ogni caso, da quel giorno ero diventata una signorina a modo, avevo imparato la lingua parlata in quella casa, mio zio era tornato innumerevoli volte e avevo fatto tesoro dei suoi racconti, avevo sviluppato una curiosità così insaziabile che passavo le giornate parlando con la servitù e leggendo in biblioteca. I miei genitori non approvavano, ma in parte credo si sentissero in colpa per il vincolo che mi avevano imposto. Ero una ribelle e loro cercavano di non farmelo notare troppo spesso. Poi arrivò il giorno del mio anniversario in quella casa. Mia madre mi avevano organizzato una giornata di festeggiamenti: non potendo celebrare il mio compleanno, aveva deciso di sopperire alla mancanza in quel modo}. Quella giornata adesso è riflessa nelle tue iridi, vivida come se la stessi ancora vivendo sulla pelle. {C’erano i migliori tessuti sui tavoli, le cuoche avevano preparato un bacchetto degno di un re, avevano decorato la casa con stoffe rosse e dorate, erano tutti così esaltati. C’era un solo dettaglio mancante: la festeggiata}. Lo dici mettendo su un’espressione evidentemente colpevole. {Mi cercarono per tutta la mattinata, in lungo e in largo. Li sentivo gridare il mio nome, ma non avevo nessuna voglia di uscire. Nel corso del tempo avevo liberato lo scaffale più basso dell’ultima libreria della biblioteca: mi accucciavo lì dentro e quello diventava il mio rifugio, lontano dal mondo, ma al contempo circondata da pura bellezza. Non mi avrebbero mai trovato lì. Stavo leggendo ed ero appagata dal mio mondo. Fuori volevano festeggiare il mio arrivo, ma per me voleva dire ricordare di essere stata abbandonata e poi segregata. Poi d’un tratto udii un rumore di passi che si dirigevano nella mia direzione. Dapprima mi arrabbiai: non volevo essere trovata. Ma poi mi zio si mostrò con un sorriso decisamente ironico, rimproverandomi per la mia mancanza di originalità. Disse che se volevo nascondermi da lui dovevo applicarmi di più}. Quel sorriso ironico ti si dipinge sul viso mentre scuotendo il capo sposti lo sguardo sul muro dietro Goffredo. {Non disse nient’altro, liberò la parte di scaffale affianco al punto in cui ero seduta e si piazzò vicino a me. Prese il libro dalle mie mani e cominciò a leggere a bassa voce, per entrambi. Lo lasciai finire e, quando tornò a guardarmi, mi propose di uscire da quel posto insieme a lui. Scossi il capo e iniziammo a parlare. Gli confessai di quanto mi sentissi sola in quel posto, di quanto mi sentissi diversa. Fu allora che conobbi la verità sulla mia natura di mezzosangue. Mi accarezzò la punta dell’orecchio, mi abbracciò e passammo la giornata così, con il resto del mondo disperato nel cercarci}. Torni con gli occhi su Goffredo, gli sorridi ma le verdi iridi traballano lucide. {Da allora ho smesso di contare il tempo: non c’era un evento da cui partire che mi facesse venir voglia di farlo e poi è diventata un’abitudine quella di non farlo}. No, non riesci a reggere il suo sguardo. Non ci riesci perché adesso anche lui penserà che sei un mostro: la ragazza vecchia, quella che non conta il tempo, quella DIVERSA. In un’istante quella domanda si palesa sui tuoi occhi e allora abbassi lo sguardo sulle tue mani che si congiungono, si aggrappano tra di loro.

GHEOF -Stanza Shariziah- Resta in un silenzio tombale durante tutta la durata del racconto. Non fa sì con il viso, non da nessun tipo cenno. Semplicemente gli occhi sono incollati a quelli di lei. Quando annuisce, quando sposta lateralmente la bocca, quando si intristisce, quando traballano gli occhi. Senza volerlo sta indossando una maschera di ferro. Solo, a volte, le mascelle si tendono, dove i denti, senza controllo, digrignano tra loro. Il respiro è lento. Assorbe del tutto la sua storia. Ogni acciaccatura della voce. Ogni inflessione, il ritmo del discorso. Gli impercettibili picchi, quando rallenta. Lei sta vedendo quanto sta raccontando e lui lo sta vivendo con lei, ma lo vive senza la consapevolezza giusta. Non la può raggiungere quel tipo di consapevolezza perché non comprende alla perfezione quel he può aver provato lei. E' questo che gli fa fare quel gesto con i denti. E' una rabbia che aleggia sotto tutto il discorso. NON CE LA FACCIO. Chi sei Shariziah? Non mi scappare dalle dita. Non mi scivolare. Sei te? Sì, sei te? E' il cuore che comanda. -Lo senti Shariziah?- A volte batte più forte, altre meno. Sta vivendo tutto in realtà. Tutto in maniera forse estremamente eccessiva. Ma l'incapacità d'azione è impressionante. Segue dove vanno i suoi occhi, le sue parole. Segue tutto, maniacalmente, per capire. Le studia il viso, non c'è una ruga. La sua è pelle è vecchia. Ha 44 anni. Quanti ne hai Shariziah?? Dammi un riferimento. Mi sento perdere. Fammi capire quanti anni mi rimangono quando mi vedrai invecchiare, ingobbito dalla mia razza. Che tremerò magari, che perderò i denti, e non riuscirò ad alzarmi da letto neppure per pisciare. Che faremo? Quanta saggezza hai in quegli occhi? Cosa hai visto durante tutta la tua vita?? e' per questo che non credi a nulla se non a quel che succede, a quel che vedi? Sei Dio? Puoi vedere che dice Dio? Sono niente? Sono uno dei tanti, come i tanti che ti sono passati sopra? Quanti ne hai visti morire? E tuo zio? Ti ha abbracciata quando eravate lì sotto? Provava attrazione per te? Eri piccola? Avevi 40 anni quando eri così piccina, dentro la biblioteca? 20? No, 20 anni che vuol dire, calcolandolo? 1 anno? Una mano va a sfiorare la bocca mentre gli occhi non cambiano di una virgola la loro espressione, di chi guarda. Di chi osserva. Ed è lì che lei non riesce a sostenere il suo sguardo. Fa non con la testa. La mano destra si alza alla ricerca del suo mento, a volere, con due dita, tentennando all'inizio ma decidendo di muoversi con decisione ad alzarle il volto, per continuare a guardarlo. Guardami Shariziah, non mi lasciare solo in questo momento. Guardami. Guardami.] Intrappolata da cosa? Per cosa? Hai studiato, sei stata servita e riverita. Molti avrebbero voluto essere al tuo posto. [E' indelicato forse, ma è istintivo. La fissa serio, estremamente serio.] Vai avanti. Fallo. [Ne ha bisogno ma sbatte le palpebre adesso una volta, veloce. Sente come uno schiaffo dentro il cervello. Ragazzino, che ti credi di fare. Potrebbe dirglielo. E' il ragazzino assetato di sapere che ha di fronte e la coscienza sono i monaci che stringono il cilicio attorno alla coscia destra per ammonirlo, per portare rispetto. E' una donna però! Però ha infiniti anni. Però ci è entrato dentro cercandola. Prende il labbro inferiore dentro la bocca allontanando la mano dal suo viso, riportandola sulla gamba. Ti senti in trappola Shariziah? Scusami ma non riesco a fare finta di niente, non davanti a te.]

SHARIZIAH [Stanza] Non parla, non fa un cenno, non muove un muscolo. Niente di niente in quel racconto che ti tocca così da vicino, quella storia che prima di questo momento conoscevate solo in due. Ah no! Tu sola adesso! Finisci il racconto e abbassi lo sguardo. Una mano arriva sotto il tuo mento e ti costringe ad alzare lo sguardo. Lo segui, ma lo fai lentamente. Ti stai prendendo il tempo necessario per riprenderti, per ricacciare dentro le lacrime che adesso vorrebbero sgorgare copiose dagli occhi. Risalendo arrivi sui suoi occhi. Li guardi intensamente. Lui parla e forse potresti notare quanto si sia perso nelle tue confessioni -empatia +2-. Parlare della tua natura è come scoperchiare il vaso di Pandora: una volta che l’hai fatto non puoi fermare il flusso, non può arginare la curiosità. Dovevi prevederlo. Dovevi. Prendi un respiro più profondo e lasci i tuoi occhi lì sui suoi. Vedi perché non ne parlo mai? {Lo so che molti avrebbero voluto essere al mio posto, ma fuori da quelle mura c’era un mondo che avevo avuto la possibilità di vedere, ma che non potevo ricordare. Lo sapevo, era evidente, e tutti i libri che leggevo, tutte le persone con cui avevo l’opportunità di parlare non facevano altro che confermarmelo. Io volevo sapere, ne sentivo il bisogno. Volevo vedere con i miei occhi i mercati di cui parlavano le cuoche, volevo toccare gli alberi dai quali si raccolgono i frutti, volevo vedere l’enorme distesa di acqua che raccontava mio zio nei suoi racconti. Pensa a quanto possa essere frustrante avere tanta bellezza a portata di mano ed essere l’unica a non poterla vedere se non tramite gli occhi degli altri}. Senza lasciare il suo guardo, porti l’altra gamba sul letto, intrecciando le caviglie innanzi a te. La schiena si raddrizza. {Non mi interessava delle buone maniere, non mi interessavano le belle stoffe. Le apprezzavo, certo, ma se mi avessero chiesto di lasciare tutto per averne in cambio la possibilità di essere libera, l’avrei fatto}. Ti fermi per prendere fiato, studiando la sua reazione, chiedendoti se possa capire quel senso di frustrazione, quella necessità. Non è forse lo stesso bisogno di sapere che muove lui? {Quel giorno mi zio mi promise che un giorno sarebbe cambiato tutto, che un giorno mi avrebbe portata con sé. Allora ero solo una bambina e non avevo idea dei pericoli che il mondo fuori dalle mura del palazzo nascondeva. Gli anni seguenti andarono sempre peggio. Più mia madre diceva che non ero pronta per il mondo esterno più io sentivo il bisogno di uscire, di sentire sulla mia pelle quella impreparazione. C’era la doppia frustrazione di non sapere chi fossi e di non avere nessuna possibilità di scoprirlo, perché ogni volta che provavo a chiedere della mia natura il discorso veniva fatto morire sul nascere: per loro era meglio non sapere. Non è facile da spiegare, però puoi immaginare di trovarti davanti una libreria, di avere la sensazione che il libro che ti serve sia esattamente quello sullo scaffale più alto e di non avere modo di raggiungerlo. In più immagina che nella stanza ci sia una sedia ma che su quella sedia ci sia seduta una persona che non vuole proprio cedertela perché sostiene che quel libro non sia quello che cerchi. Capisci quanto possa essere difficile?} Lo guardi, non smetti di farlo. Vorresti una risposta. {Comunque un giorno, sarà stato durante l’età della mia adolescenza perché era il periodo in cui mi ribellavo a tutto ed era una lotta continua, l’ennesima lite degenerò. Mio zio era lì, al mio fianco, pronto a difendermi contro suo fratello. Fu terribile. Continuavano a dire che non ero pronta e che per me sarebbe stato meglio rimanere lì dentro finché non mi avessero trovato un uomo in grado di prendersi cura di me. Non capivo. Non aveva senso}. Lo guardi e adesso la voce accenna un lieve tremolio. {Mi ci vollero anni per capire cosa intendevano. Sai quanto può essere fruttuosa per un nobile, una figlia dal sangue misto? Rimane giovane e quindi fertile per un tempo maggiore rispetto ad una umana e se, per di più, è piacevole alla vista, immagina che affare possa essere! Basta solo superare la prima sensazione di tacciarla come mostro}. Un tremore parte dalle mani, poggiate sul materasso, davanti le caviglie incrociate. Le stringi nel tentativo di arginarlo, ma quello si espande sulle braccia. {Mio zio, invece, aveva un quadro della situazione molto più chiaro del mio e non avrebbe mai accettato di farmi di farmi vendere al miglior offerente senza libertà di scelta. Si oppose fermamente a tal punto che alla fine la ebbe vinta: quel giorno ce ne andammo da quel palazzo. Insieme}.Scuoti il capo nel tentativo di ributtare dentro il ricordo di quello che fu il tuo primo giorno di libertà. Prendi un respiro profondo chiudendo gli occhi. Li riapri su Goffredo. Dimmi qualcosa. Ti prego. Fallo.
GHEOF - Stanza Shariziah - Non riesce a dire una sola parola. Non ora. Niente, calma. Gli occhi non si scostano dai suoi. E lei? Lei rimane su quelli di lui. Non riesce neppure a muovere il corpo, solo gli occhi. Vanno adesso, incuriositi, a cercare particolari nel suo volto. Perché non riesce a seguire la sua voce? Si sofferma sulla bocca, sulle pieghe della guance, il perimetro dei suoi occhi: Sul confine esterno tendono verso l'alto. Sta parlando. Ha labbra carnose, sarebbe meraviglioso poterle toccare con le dita di nuovo, magari hanno una consistenza nuova, particolare, differente. Magari sotto si sentono quelle di una centenaria, avvizzite e morte. Perché, Dio, a lei hai concesso più vita? Corruga la fronte senza senso sulle parole che lei sta dicendo. Lei racconta. Fa no con il viso. Ha un attimo di completa e totale confusione. Aspetta Shariziah!!! Aspetta!!! Ti ho detto di andare avanti, ma aspetta!! Si alza impercettibilmente dal letto, per rimettersi nella stessa identica posizione da seduto proprio quando lei porta l'altra gamba sul letto. Poi continua a parlare e lui corruga la fronte. Solo quando lei si ferma per fargli prendere coscienza su quanto gli è stato detto si trova a guardarla con la fronte corrugata e la mano che si alza un attimo a chiedergli pausa. /empatia +2/ Quella stessa mano va a posarsi sulla fronte un momento. Aspetta un momento. Gli occhi vanno a chiudersi. Cosa faccio? Cosa le devo dire! Dovrei dirle va bene, andiamo avanti come abbiamo fatto fino a forse un'ora fa. Quanto tempo é passato da che parlavamo di Avalon? Sembra una vita. Ok, torno a guardarti e lo faccio distendendo gli occhi. Intrappolata in un luogo ed avere la voglia di evadere per capire molte cose. Monastero. Clausura. 18 anni. La richiesta di servire Dio fuori dalle mura di Santa Scolastica, con la promessa di tornare in quel luogo sacro con la consapevolezza della sacralità della vita monastica all'interno del suo mondo monacale di preghiera, studio e lavoro. Mica gli dissi questo: "tornerò degno, come voi giudicherò i peccati altrui senza averli mai compiuti nella realtà quindi, come voi, assaporandoli all'interno del mondo dei discepoli di San Benedetto, tra fratelli, nel monastero. La lussuria perché no. Tanto è quello era il nostro privatissimo mondo. É lì che ho avuto il mio primo figlio." Non ne accettavo l'ipocrisia che stava diventando anche parte di me. Quanti anni c'è stata in quella reggia come una bimba? 30, 40 nel corpo di una bambina, di vestitini da fanciulla mentre le ragazze della servitù si sposavano e creavano vite? La ragione che si sovrappone al terrore. Frega la fronte una volta più forte rialzando poi gli occhi su quelli di lei. Annuisce. Vai Shariziah. Puoi proseguire. Te lo dico con un si che faccio con la testa. Avanti. Il racconto prosegue. Lei che sente il bisogno di liberare la sua natura, il piacere di poter vivere tutto sulla sua pelle. Abbassa gli occhi. Fa piccoli si con la testa ma ancora non ha la forza di risponderle. Ma che sofferenza é mai questa? Ed il primo innamoramento? Quando lo ha provato? Quando si è fatta toccare con la malizia del piacere? A 60 anni? Allarga gli occhi di nuovo. Corruga la fronte. Con chi ha a che fare? Oppure già da piccina, che poi che vuol dire? 40 anni? Indietreggia con il viso. Si fa tra le sue parole, poco prima della fine.] Ma come si può pensare che una persona di 40 anni, -50?- non sia pronta a vedere il sole, parlare con la gente del popolo, fare un viaggio di studio? Voglio dire, appartenevi alla nobiltà e per renderti una signorina a modo... Ma no. Poi tu a 50 anni avevi l'apparenza di una... 13enne? Tu li hai capiti loro, no? É comprensibile! Vederti sempre così piccina per tanti anni, uno ci si affeziona ed ha paura. Ma il tuo apprendimento? La tua infanzia, il cervello di un infante. A 6 anni, gli umani parlano, ad 11 anche 10, fanno ragionamenti complessi. Cominciamo a provare attrazione. Come hai fatto a vivere con noi? Ma tu come stai? [Fa no con la testa e si alza da letto, direzione finestra, non ha intenzione di aspettare risposta. La apre, la spalanca. Ha bisogno d'aria. Respira profondamente. Come la gestisce? Cosa fa? Che cosa deve fare! Va a guardarla con la cosa dell'occhio restando ad osservarla per un po'. É come sempre. Ma perché lasciarla lì? Va nuovamente verso di lei, non ci sta molto, così lontano. I suoi sono passi veloci che le si fermano di fronte. Le mani vorrebbero afferrarle le ginocchia mentre con la schiena si protrae in avanti dove il viso si ferma di fronte a lei.] Li hai cercati quelli della tua razza? Tu li cerchi quelli come te? Loro ti capiscono. Loro sanno. Loro sanno quello che sai anche tu. [La guarda dritta dentro gli occhi. Le mani si stringono maggiormente attorno alle ginocchia.] Tuo zio? Tuo zio é morto? Cosa hai fatto poi? Poi alla fine che hai fatto? Dove sei stata? Hai avuto altre famiglie? Hai avuto paura? Che cosa ti girava in testa? Che cosa ti gira in testa in questo momento? [inspira ed espira dal naso. Profondamente. Chiude gli occhi.]

Gheof
00martedì 24 novembre 2015 20:21
SHARIZIAH [Stanza] Quanti anni sono passati da allora? Quanti inverni avranno temprato le tue membra, quante primavere le avranno ristorate? Forse avresti potuto cominciare a contare il tempo dal tuo primo giorno di libertà, ma ha davvero è così necessario associarti un numero? Goffredo ha difficoltà a fare i conti con quelle informazioni, è inquieto. Lo studi. Si muove. Fa segno di no con la testa. Quando ti chiede di aspettare lo fai con pazienza. Vuoi lasciargli il suo spazio perché per te non è stato facile fare i conti con la tua natura e capisci bene quanto possa essere incomprensibile dall’esterno. Una donna a metà, intrappolata nel corpo di una bambina, circondata da persone che continuano a trattarla come tale. Un tempo eri inquieta. Un tempo alla sua indecisione avresti urlato “Sono questa, fattene una ragione!”. Ma adesso no. Adesso nella tua mente rivolgi un sorriso a quella ragazzina ribelle. Finalmente lui si decide a parlare, ad esprimersi, a dire qualcosa. Lo fa e poi si alza. Va verso la finestra. Il tuo sguardo lo accompagna in quel percorso. “Tu come stai?” Apre la finestra, ha bisogno di aria. Abbassi lo sguardo sulle tue mani che si stringono, si stritolano tra di loro. L’aria fredda entra nella stanza, ti invade le narici. Ne assapori gli odori provenienti dal giardino della Torre: gli alberi, l’erba, le piante e poi l’aria autunnale, la pioggia, la terra. Allora questi rappresentavano un’accozzaglia di sensazioni indistinguibili. Respiri profondamente mentre gli occhi si chiudono e i muscoli si rilassano. Quando li riapri torni a cercare Goffredo che intanto sta tornando da te. Ruoti il corpo leggermente nella sua direzione mentre lui ti afferra le ginocchia e si protende verso di te. Occhi che si fondono. Sei così vicino. Come ci sei riuscito ad arrivare fin qui? Ancora un attimo di silenzio, ne hai bisogno. {Mi ci è voluto del tempo, ma alla fine li ho capiti. Quando il tuo sangue è misto e le tue origini non sono chiare le persone sanno essere parecchio crudeli e questa cosa non la si può sapere finché non si comincia a vivere, finché non si sentono gli sguardi di disprezzo bruciare sulla pelle. Volevano proteggermi e non gliene ho mai fatto una colpa. Mi volevano bene e io ne volevo loro. Non mi hanno mai fatto mancare i libri su cui studiare e, come ti ho già detto, quando mi informavo sul mondo esterno con la servitù non si lamentavano troppo. Per quanto riguarda l’attrazione, la sessualità, non sapevo neanche di cosa si trattasse. Non c’erano ragazzi per cui potessi provare “sentimenti impuri” in giro} Pronunci quelle ultime parole con una punta di ironia che cerca di dissimulare l’imbarazzo. {Semplicemente non se ne parlava. Tutte le informazioni che arrivavano alle mie orecchie erano minuziosamente filtrate}. Un mezzo sorriso spunta sulle labbra. Accenni un no con la testa. {Avevo letto del mondo fuori da quelle mura con minuzia di dettagli, sapevo molte cose sulla gente che lo popolava, ma non avevo idea di cosa significasse viverlo}. La mano destra si alza a prendere il labbro, con pollice e indice. Lo sguardo si tinge della solitudine di quei giorni, poi si abbassa sulle mani di lui. C’è voluto così tanto per imparare a fare i conti con quegli anni, imparare a ricordarli come una parte della tua storia e a non cancellarli. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora. Sei una persona diversa adesso. Ma riesci a ricordarli senza farli bruciare sulla pelle? Ti prendi un paio di secondi per lasciare al cervello il tempo di aprire i cassetti opportuni, non prima di aver richiuso i precedenti. C’è bisogno di ordine tra i ricordi, perché se si crea caos in quella sezione è la fine! Le dita lasciano la bocca, gli occhi ritornano sui suoi. {Da allora ho viaggiato parecchio. Il mondo mi faceva paura ma al contempo avevo voglia di scoprirlo, studiarlo, sentirlo, toccarlo, assaporarlo. Mio zio cercava di insegnarmi senza mai costringermi a vedere con i suoi occhi. C’era quando scoprii l’attrazione fisica e sentii di essere donna. Ebbe paura di perdermi perché consapevole che un uomo avrebbe potuto portarmi via. Ebbi paura di perderlo perché sapevo che una donna avrebbe potuto portarmelo via. Non successe mai. Mi insegnò ciò che sapeva e imparammo insieme a rispettare i nostri spazi}. Lo dici mentre scuoti il capo. Sorridi a quel ricordo. {Ho incontrato altri mezzelfi. Non molti. Ho capito che ognuno di noi è diverso perché segnato da un passato diverso. Ci sono quelli che hanno vissuto tra gli elfi, quelli che hanno vissuto tra gli umani, quelli che hanno vissuto con i loro genitori. Io cerco quelli come me, ma non intendo dal punto di vista della razza. Ci sono umani che mi hanno capito meglio di quanto un mezzelfo abbia mai fatto}. Ti fermi un attimo su quelle parole per guardarlo negli occhi. Un attimo di silenzio prima di andare avanti, prima di rispondere al resto. {Mio zio è morto}. Arriva infine quella ammissione, ovvia, ma che a te costa lo stesso dolore che ti straziò allora. Ricordi che voleva che te ne andassi, che fossi libera di continuare a viaggiare, quando le sue gambe non lo reggevano più. Rimanesti con lui fino alla fine senza mai pentirti di quella scelta. Gli occhi diventano lucidi. Le iridi traballano. Una lacrima incontrollata solca il viso. {Poi sono rimasta sola. Ho avuto paura, si. Non ho avuto nessun’altra famiglia. Non ne ho voluta nessuna. Ho continuato a viaggiare e scoprire il mondo. Volevo farlo da sola. Non volevo legarmi a nessuno. Ho combattuto il dolore. Ho imparato ad accettarlo}. Lo sguardo scende un attimo per ritrovarsi, non perdersi, per poi tornare su di lui. {Ci sono persone che hanno provato a camminare al mio fianco. Gliel’ho permesso per un certo periodo, ma loro non capivano e io non avevo voglia di spiegargli. La mia risposta era: sono stata abbandonata e adottata. A loro andava bene, non indagavano, e io preferivo non raccontare. Tu vuoi sapere cosa mi gira per la testa in questo momento}. La mano destra si alza e, sfiorando la coscia si avvicina tremante alla sua mano, ma non la tocca, le resa vicina. {Penso che sei la prima persona che la ascolta, la seconda che ne viene a conoscenza}. Lo sguardo scende sui movimenti della tua mano e poi, seguendo la linea del suo corpo, lo risale fino ad arrivare al suo mento, alla sua bocca, al suo naso, ai suoi occhi. Ti ci incastri. Penso che ho una paura folle che tu possa scappare. Penso che sei la prima persona al fianco della quale ho scelto di camminare. La prima dopo lo zio.

GHEOF -Stanza Shariziah- Le mani sostano sopra le sue ginocchia. Gli occhi sono dentro i suoi. Respira solo dal naso con le labbra chiuse, serrate tra di loro. Aspetta. Sì, ancora un attimo e lei lo rispetta quell'attimo. E' lì che corruga la fronte alzando impercettibilmente un sopracciglio. Il disprezzo della gente. Lui, quante ne ha disprezzate di persone? O meglio, diciamola tutta. Quante ne disprezza? TUTTE. Goffredo disprezza tutti, ogni singola persona. Trova sempre un motivo per disprezzarle. Motivi anche futili, che lui riesce meticolosamente ad arricchirli facendoli diventare nullità ai suoi occhi, mettendoglielo non per iscritto. Lo fa capire, prima o poi, che per lui, chiunque esso sia, vale NIENTE. Ma con questa donna? A lei che cosa ha da recriminare? Il fatto che sia nata e cresciuta in un mondo che non l'ha capita se non una persona? Che si ribellava? Cosa disprezza, il fatto che lei abbia la possibilità di prendersi del tempo per poter ragionare ed arrivare a capire? Per essere stata una bambina saggia a 50 anni? La bambina che tutto sapeva ma nulla provava? Cosa? Può odiare il fatto che stia conficcata dentro il suo cervello da che l'ha conosciuta pensando, ogni volta che ha un dubbio: ''chiediamolo a Shariziah, chissà che ne pensa.'' quando prima faceva tutto esclusivamente da sè? Cosa può odiare? Che probabilmente ha un centinaio di anni e dentro gli occhi ha una saggezza e capacità di reazione tali da stare al suo passo così bene perchè con quelli come lui, con gli umani ha avuto da ridire per ogni sciocchezza non appena se ne creava l'occasione? Perchè lui l'occasione per mettere in difficoltà le persone la trova SEMPRE. E? il suo lavoro, da una vita. Mettere alle strette gli altri per potersi proteggere. Ed ascolta. Lui stava dalla parte dei forti, dei potenti, di quelli che ''la Chiesa tutto può''. Che le donne devono stare a casa, che le donne sono derivati dell'uomo, deboli e buone, e gentili, e cortesi, e se si alza la cresta guai. Lapidate ed ammutolite, con una bacchettata -Nygreilde-, con uno schiaffo, -Aingeal- tirando loro pietre -Eiluned, la Somma Sacerdotessa-, prendendole a calci direttamente nei fianchi, -Ophelia-, tentando violenza per punizione -Sha...!- Sh. Allarga gli occhi deglutendo. La ragazzina protetta per 50 anni dentro una campana di vetro. Hanno fatto bene, quelli che l'hanno cresciuta, a tenerla alla larga dalle brutture del mondo, brutture che prendono in qualche modo anche il suo aspetto di uomo invecchiato. Sapeva ma non le ha mai vissute. Come se lui, all'età che ha non sapesse nulla di quel che si prova toccando una donna, piuttosto che parlare con alti esponenti della chiesa, piuttosto che con il ladruncolo per mettere a punto, insieme a lui, un colpo alle collette durante le messe, magari invitando a dare quei soldi ai fratelli càtari per donarli al popolo che si disperava per la carestia quando i Papi giravano inanellati d'oro massiccio. Non vivere per 50 anni. Degluitisce allentando appena la presa dalle ginocchia senza per questo lasciarle. Lei va a prendersi il labbro inferiore e lui guarda quelle dita, quella bocca ma non appena riprende ritorna sui suoi occhi.Il rapporto con suo zio. Questo desiderio di essere l'uno per l'altra. La paura che la vita li potesse in qualche modo separare. Una donna, un uomo. No, non accadde. Lei apprese e lui restò con lei. Ed era amore quello? Amore, certo. Amore che si prova per colui che ti ha donato la libertà, la vita. Lui, suo zio, si faceva domande su di lei? Certo se ne faceva, certo che si preoccupava. Ma lei non cerca mezz'elfi. Lei cerca quelli come lei. Come si fa ad essere come te, Shariziah? Come si fa a capire certe cose? Cosa vuol dire quelli che sono come te? Abbassa un attimo lo sguardo. Blocca l'aria, che sente bollente dentro l'esofago. Inadeguatezza. Debolezza. Presa di coscienza del sè. Di quel che s'è fatto durante una vita, e di quanto questa vita è troppo breve e mai raggiungerà quella sua. Ma gli umani l'hanno compresa meglio. Sbatte le palpebre tornando con lo sguardo su di lei. Suo zio è morto. Sparito da questo mondo. Ma è ancora dentro di lei e le lacrime che adesso le illuminano gli occhi parlano proprio di lui. Quanto lo sente dentro, ancora, quest'uomo. Dio, una lacrima scivola dai suoi occhi. Sta piangendo e lui non ha la forza di dire una sola parola, di confortarla come si dovrebbe. Di dire, ho capito. Shariziah, ho capito, basta così. No, basta così niente. Perchè? Vuole vederla in tutta la sua debolezza per capire che anche lei ha dei limiti? Che anche lei si spezza di tanto in tanto? Perchè lui lo sa che avrebbe potuto anche risollevarsi senza il suo sostegno. Lui è solo di passaggio. Uno che poi lascerà, che la lascerà. Che cosa saranno poi per Shariziah una ventina d'anni quando lui sarà morto e sepolto? Trenta per essere ottimisti? Non sono nulla. Ma lei è rimasta sola per tutti gli anni a seguire, dopo il legame con suo zio, che subito l'ha compresa, da che decise di salvarla da un destino senza sicurezze. Sta cercando di capire. Non riesce. Guarda niente ma poi le sue parole -il suo sguardo!!!- lo richiamano all'attenzione. Si trovano, come se si aggrappassero con le ciglia per restare a galla. Cosa pensa. Cosa pensi. Quelle ultime parole lo lasciano senza fiato. Lui voleva sapere. Lui vuole sapere tutto. Ogni cosa. Ha tenuto lontano il momento, perchè sa perfettamente quanto lei sia sfuggevole e poco propensa a parlare di sè. L'ha mai fatto? Così? Le ha mai tirato fuori una sola parola con la forza? No. Ha aspettato che si decidesse a farlo ed oggi, in questa mattina lo ha fatto, con una mano che tremante cerca quella di lui senza farlo per davvero. Lui che tende le dita attorno al suo ginocchio. Serra le mandibole. Gli occhi si perdono. Aspetta. Aspetta non mi guardare in quel modo, con quegli occhi che non sono riuscito ad asciugare e che non riesco a dire una sola parola. Non mi guardare in quella maniera, che sei gigante, immensa, che io mi sento niente. La mano si alza a cercare quella di lei, stringendola con forza. Probabilmente eccessiva. Alza gli occhi di scatto su quelli di lei. Resta in silenzio ancora ma la mano non la lascia. Si avvicina con il viso al suo dove l'altra mano supera il ginocchio cercando di afferrarle la coscia, risalendola, alzando probabilmente il tessuto della camicia che stava abbottonando con tanta attenzione. Si sofferma proprio prima dell'inguine.] Ho paura, Shariziah. [Gli occhi si socchiudono incatenando i propri a quelli di lei.] Ho paura ed il tuo dolore mi sprofonda, mi sfonda lo sterno, come se la punta acuminata della lama di una lancia mi puntasse diritto al petto senza lasciarmi ragionare. Mi leva l'aria. Ma una cosa, una cosa sola vale. Qui. Qui ed ora. Perchè non abbiamo nessuna certezza e possibilità di controllo sul passato e neppure sul futuro. Quel che conta è qui. Ed ora. In questo preciso istante. Anche se inseguito e controllato dal mio Dio. Mi lascia il libero arbitrio non prima e neppure dopo. Adesso. Ora. Ed ora non riesco a lasciare la tua mano. Perchè io deglutisco adessso. [Lo fa.] E... sento scivolare la saliva dietro la lingua, e corre veloce in gola, ed è già arrivata chissà dove mentre te la spiego. Finito, passato. Non c'è più la mia saliva che mi da da bere. Se ne accumula altra, pronta per il futuro, ma l'importante è l'istante in cui la bocca e la lingua si prepara al nuovo miracolo. Acqua da bere per un corpo che muore. Che sono un giovanotto in confronto a te. Scrivo tutto, lo hai visto? Scrivo ogni cosa per non perderne la memoria. Scrivo quante volte mangio, che giri ho fatto durante la giornata, quante volte bevo, quanti peccati ho commesso, per non perdere il controllo. Ne ho commessi così tanti che se fossi Dio mi spedirei all'inferno a calci, subito, in questo momento. Posso lasciarmi scappare l'unica cosa, per quanto incomprensibile essa sia, per la quale sento la possibilità di potermi dimenticare di qualche dettaglio, lasciando spazio a qualcos'altro che non sia pregare, anche per pochi momenti? Una sera? Una mattina? Posso trovare il motivo per farti andare via? Ce ne sarebbero un'infinità. [Avvicina la fronte a quella di lei, posandogliela sopra. chiude gli occhi.] Il futuro mi dice di sì. Mi dice di lasciar perdere. Il passato mi pesa sulle spalle. Ma il momento ammette, senza possibilità di contrastarlo, che non posso fare una simile idiozia. E' che non credo di meritare. [Tutte le parole che dice sono un sussurro.] Sono un giovane in preda alle mie preoccupazioni. Ed alle debolezze. Lo sai benissimo. Fai attenzione a me. [stringe la mano. Lui è un giovane, stupido. E mai raggiungerà quel che desidera. Farci pace è l'unica cosa che gli rimane. Dio lo sa. Lo ha ammonito. Lui non ci sta lontano da questa meraviglia.]

SHARIZIAH [Stanza] Non c’è più. Non c’è più da tempo e con il tempo te ne sei fatta una ragione. Hai imparato a convivere con la sua assenza, hai imparato a convivere con quel dolore. Poi hai imparato a non pensarci. La forza sta nel non pensarci perché se ti sforzi di non farlo le lacrime non scendono e la vita continua il suo corso. Ma oggi lui è tornato. Oggi il suo ricordo ha preso vita tramite le parole. Non era mai successo prima che sentissi di doverti spiegare a qualcuno. Quelle lacrime, quel dolore, sono tuoi. Non si toccano, non le vuoi toccate. Goffredo non le asciuga, rimane al suo posto. Che poi qual è il suo posto? Sei riuscita a trovare una definizione per lui? Probabilmente non esiste. Lui è Goffredo. Glielo confessi. La sua mano afferra la tua. La stringe. Non hai bisogno di guardarle per sentire come adesso le tue dita chiudersi intorno alla sua mano. L’altra mano risale la coscia. Sei vicino. E io non lo so veramente come sia successo che un giro, voltandomi, ti abbia trovato così vicino. Ha paura. Lo ascolti. Lo fai senza lasciare agli occhi possibilità di staccarsi dai suoi, senza lasciare quella mano che adesso è stretta nella sua. Deglutisce. Lo fai anche tu come se fosse un riflesso incondizionato. La saliva scende nella sua gola, scende nella tua. Lui è un giovanotto in confronto a te, ma il suo corpo muore. Lui non ti capisce. E tu? L’hai mai veramente capita la natura umana? Davvero vuoi capire un’intera razza piuttosto che una singola persona? Lui scrive tutto. Anche lo zio scriveva tutto. Ma lui… Lui confessa che per te si scorda di qualche dettaglio, per te lascia la preghiera. Ti servono le mie orecchie per sentire che, da quando hai iniziato a parlare, il sangue circola in modo strano nel mio corpo? Lo fa seguendo il ritmo di un cuore che non sa più che sta facendo. Di ritmi bassi e cadenzati che diventano veloci e musicali. Di motivi per lasciarti andare ce ne sarebbero un’infinità. Il suo viso si muove, la fronte cerca di raggiungerti. Muovi la tua nella sua direzione, gli vai incontro. Chiude gli occhi, tu abbassi i tuoi verso le vostre mani che si stringono, verso quell’altra mano sulla tua coscia. Sarebbe un’idiozia lasciar perdere. Non crede di meritare. Il cuore si ferma. Un attimo. Perde un colpo occupando la scena: lui esiste e se vuole fa da protagonista. Poi riprende a battere tornando dietro le quinte con un clamoroso inchino. Socchiudi gli occhi e gli altri sensi arrivano prepotenti a dipingere quell’attimo nella mente. Tu ti senti un giovanotto ma corro da te ogni volta che ho bisogno di un consiglio. Tu non te ne rendi conto ma mi hai sorretto tante di quelle volte. Tu ti chiedi chi sono quelli che cerco e vorrei che ti guardassi allo specchio. E vorrei dirtelo ma la voce mi muore in gola perché mi ero promessa che non l’avrei mai più permesso. E vorrei dirtelo ma adesso l’unica cosa che riesco a fare è alzare la mano libera, poggiarla sulla tua spalla, lasciarla scivolare sul tuo collo e incastrare la tua mandibola tra le mie dita. Il pollice, lasciato libero, si muove in direzione del labbro. Il polpastrello passa sopra il labbro inferiore, lo carezza, si ferma a metà. Ho paura anche io. {Ci sarebbero un’infinità di motivi per scappare via, ma nessuno vale come questo momento, l’unico motivo che ho per restare}. Lo sussurri facendo eco alle sue parole. Sei il giovanotto più saggio che abbia mai conosciuto. {Non sono brava con le parole, ma lo sento quanto questo ne valga la pena}. Il dito torna indietro, sull’angolo della sua bocca, carezzandolo leggermente. {Vieni qui}. Una richiesta che sussurri sulle labbra, mentre cerchi di avvicinarti di più a lui, perché con le parole non sei brava per nulla ma adesso quel battito può sentirlo chiaramente e questa è la prima volta che le parole gli confessano il tuo bisogno della sua presenza.

GHEOF -Stanza Shariziah- Sentirsi cosa? Un ragazzino, il ragazzino che non è mai stato. Il giovanotto che non ha voluto mai nessuno aggrappandosi ad un certo punto a nient'altro che il controllo, acquisito con il tempo. Si sente quel fanciullo davanti a qualcosa che adora. Cos'adorava in fin dei conti, lui? Gli è stato dato modo di capirlo prima di rimpinzarsi d'odio verso il mondo arrivando ad abbracciare un credo che demonizza qualsiasi cosa creata e materiale, attendendo esclusivamente la morte purificatrice? E' certamente riduttivo definire il catarismo in questi termini ma in fin dei conti la punizione del corpo è evitare determinate cose, cercare di farlo. Spegnersi. Quanti suoi fratelli sono morti suicidi? Molti. Lui la guarda e lei gli carezza il labbro inferiore. La bocca si schiude mentre gli occhi sono immobili su quelli di lei. Anzi. s'abbassano. Sentirsi piccoli. Sentirsi così infinitesimali. Così niente. Così privi d'ogni cosa. No, un attimo. Un attimo non m'abbandonare. Dio non m'abbandonare. Non ti frappongo ad altri. Lasciami solo beare di quel che mi concedi di provare. Sentirsi guidare e non guidare. Permettersi di non fare tutto da solo come sempre. Sento di concederle il permesso di farmi trattare così, come una donnicciola. Abbasso il viso, dove sento il suo dito schiacciarsi contro la bocca. Mi chino a te che mi dici di venire da te. Vieni da me. Venire da te? Mi controlli? Controllare quello che va fatto? Dove devo andare Shariziah. Io sono qui. Anche lei gli ha risposto così, così tante volte. Lei è lì. Sono qui. Era bello farsi guidare? Imparare? Solo assorbire, nulla di più. Assorbire, lasciarsi raccontare storie, farsi cullare. A lui manca l'affetto come invece a Shariziah, gliene è stato dato anche fin troppo. Se lui se l'è cavata cercando di mettere in difficoltà scappando con una risata ed una spazzata di mano nell'aria eliminando dalla sua vita questo piuttosto che l'altro ricordo, (portandoselo dentro, che non si dimentichi! E lui scrive TUTTO!'' lei ha cercato di capire, ragionare. Ordinare. Perchè lui è il caos sebbene voglia contenerlo dietro la sua apparenza metodica, che è in fin dei conti parte integrante di sè. O della sua maschera. Uno, nessuno e centomila. E lei che rappresenta? Può essere equilibrata una come lei? Ha equilibrio. Lo sente. Lo vede. L'equilibrio che spezza dietro quel taglio di capelli astruso. Con gli abiti non convenzionali. Perchè lei è il suo equilibrio e non l'equilibrio con il mondo. Cosa che probabilmente lui non riuscirà mai a raggiungere. Tiene il capo chinato come un giovane in totale abbandono, come un vecchio che sente il peso di una vita di maschere e pesi, e preoccupazioni, ed ossessioni, un vecchio che si sente morire. Ma che in tutto ciò, finalmente, si lascia andare. Lei si avvicina, lui glielo lascia fare, lui che è per un momento irrigidito dalla confessione di voler stare qui. E' una parte intima la sua, quella che esce. Una parte molto intima, di un uomo che è nato e cresciuto in una famiglia di sole donne ed un padre che non c'era mai, soprattutto durante la crociata. Che per i primi anni dell'infanzia, fino agli 8, lui era circondato dalle donne di casa, le sorelle, l'amore che loro provavano per lui e la passione per la cucina della madre, dei canti delle sorelle, dei balli, di come si intrecciavano i capelli, di come si interessava dei colori e dei disegni. Del lavoro e dei giochi spezzati sotto la croce di Gerusalemme che si è calata sulla sua famiglia, sulla sorella morente di stenti per la fame. La sensibilità di un ragazzino che si è ribellato al mondo con un'armatura ed una gabbia così spessa da rimanere senza fiato. Ritrovare che cosa? Casa. Un luogo. Una persona. Mai uscirà davanti a nessuno se non a lei. Gli sembrano passati così tanti anni da quel periodo. Così tanti che paiono mille. Tremila. Centomila. Ha vissuto così tanta vita, l'ha bruciata così velocemente, come il fuoco che mangia la carta. E questa donna che ne ha vissuto il doppio, più del doppio dei suoi si sente così piccolo. Così povero. Così vuoto da sentirsi nulla, annullato di quel che è. Di quel che si è costruito attorno. Non piangere Shariziah. Non farlo, e te lo vorrei dire. Non farlo che sei graziosa quando ti prendi il labbro tra le dita e la tua nudità è così florida e ricca e matura. Mi stai sconvolgendo e forse non lo sai che cosa mi sta accadendo. Il perdermi. Il mio perdermi. E' quello a cui ardisco tante volte. Perdermi, non esserci. Permettermi, concedermi di non essere, di lasciarmi fare nel mio istinto di animale, persona che abita questa terra. Mangiarne i suoi frutti e farne una scorpacciata così feroce da non capirci più nulla. Come lei si avvicina lui emette un solo.] Mmmh. [Che proviene da una voce che si pulisce dalla solita rochezza, che arriva dalla testa, una sorta di piccolo lamento. La mano dalla gamba sale attorno alla sua vita andando con il braccio ad avvolgerla, sporgendosi verso di lei come lei fa con lui. Restare chino su di lei, come la madre di cui ha bisogno, come prostrarsi a lei che gli confonde la sua moralità creandone di nuova. Come fa con Dio. Non prendertene gioco Shariziah. Non prenderti gioco di questa mia sensibilità e non giudicarla. Raccoglie aria dentro le narici deglutendo, intrecciando le dita a quelle di lei. Non avevo voglia di alzarmi questa mattina. Non ne ho voglia, veramente, perchè si stava così bene a letto. Torniamoci a letto e stiamo abbracciati che anche se non so chi sei, anche se quest'oggi ti ho saputa di più voglio non sapere. Voglio pulirmi. Fa un solo passo in avanti lasciandole la mano che aveva preso cercando il bordo del letto per potersi poggiare e scendere su di lei; aspetta che voglio pesarmi con il petto contro il tuo seno, il ventre con il tuo, appiccicarmi. Non guardarti con gli occhi, non cercarti, voglio venire da te proprio come mi hai chiesto. Vengo da te e mi ci corico sopra stringendoti la vita e, facendo perno sulla mano posata sul letto cercare di spingerti un poco verso l'interno del letto, a costo di farti posare la schiena contro il letto e restare chinato, curvo sopra di te, con le gambe che si piegano appena per sostenermi ancora in piedi. Soffocarti forse con il mio peso e lasciarmi andare sopra di te, in totale e religioso silenzio. Non c'è altro da dire.]
ALIAS.ALIAS
00mercoledì 25 novembre 2015 12:05
Richiesta chiarimenti:


Per quanto ne so, il corpo diplomatico dell’isola e della città è rappresentato dalla congrega dei conoscitori arcani. Secondo lo statuto, uno dei compiti degli arcani è proprio quello di ergersi ad aghi della bilancia nei conflitti o nei contenziosi



questo da statuto ma, in realtà, con la nuova realtà di Avalon e Barringthon i due Governi hanno nel loro organico dei diplomatici ergo non è automatica la cosa ma vale solo con accordi on quindi è qualcosa che si sa da statuto ma la realtà dei fatti deve essere comprovata


Non dovrebbe essere il Pendragon a reggere gli equilibri della terra? Anzi, proprio lui ha voluto che i suoi... chiamiamoli scagnozzi, restassero fuori dalla questione. Gli arcani, da quel che ho sentito, prima si trovavano su Avalon. Ancor prima su Barrington guidati da un certo Meifer, che vendette i nomi dei confratelli guardiani al Caos proprio quando faceva parte del corpo di Guardia.Un traditore. Pensa che divenne Supremo arcano e, tramando contro il Governo, trasferì la congrega sull'Isola. Finì molto male anche per lui. Imprigionato ed assassinato, per ovvi motivi.



In realtà fu scelta di Antair e non di Meifer trasferire gli arcani sull'isola quindi questa è una informazione non corretta.

la role in cui passa questa info non è stata approvata e in questo passaggio leia dice


LEIA [sdm] Leia allarga le braccia con fare sconsolato {Oddio Ser, credo davvero che sia di dominio pubblico chi partecipò alla morte di Sandmar, addirittura pare che le Sacerdotesse di Avalon lo abbiano visto dal momento che sono state in grado di scagliare degli anatemi contro ognuno di noi senza sbagliare di una virgola. Anatemi che sono andati e venuti senza conseguenza alcuna su di noi ma comunque era evidente che sapessero. Ma sulle ragioni per cui è morto...} il volto di Leia si fa più truce {Posso parlare solo per me. Posso solo dirvi la ragione per cui io ho cercato di ucciderlo. E per cui lo rifarei una, dieci, cento volte. Per spiegarvi bisogna andare indietro nel tempo di qualche anno. Ricordate Meifer ? Era un Guardiano che, nel corso di un periodo di prigionia proprio qui nel Palazzo del Governatore ha venduto il nome di tutti i suoi congregati al Caos. Rilasciato, ammise le sue colpe al cospetto mio e dell'allora Comandante Thaila. I traditori vanno messi a morte, è la regola. Ma Thaila fu indulgente, Meifer era un vigliacco e fu ''perdonato'' da quella colpa. Io non ero d'accordo, io l'avrei impiccato ma ero una buona guardiana e ho obbedito. Anzi ho trattenuto la mano di una consorella Elfa che l'avrebbe volentieri impalato. Potete immaginare il mio stupore, anni dopo, nel ritrovarmelo Supremo Conoscitore Arcano. Cioè avevamo un traditore come massimo esponente della cultura delle nostre terre. Roba da pazzi ma ancor più da pazzi scoprire che aveva perpetrato un nuovo tradimento ai danni del mio Governo, portando via i Conoscitori dalla città. L'abbiamo imprigionato e l'ho giustiziato. Con un pugno, nelle segrete qui sotto. Ero membro del Governo ma anche Ispettore di Giustizia. E ho fatto il mio dovere. Giustizia.} fa una pausa, vuol lasciare a Gheof il tempo di prendere appunti.



questa informazione non è corretta ma è da verificare in on quindi vi consiglio una indagine in quanto vi sarà il dubbio su chi portò via realmente la congrega.


Mi è stato raccontato che quando ha deciso di intromettersi nella politica, quindi con la voglia di conquistare la terra è cominciato il suo declino


A che Ductor si riferisce? A che situazioni, direi che sono opinioni ma da verificare on non certezzeo vi è qualche giocata a supporto o qualche passaggio che mi è sfuggito?

Ammetto di non averla letta tutta ma solo la prima parte, troppo lunga


==leia==
00mercoledì 25 novembre 2015 12:32
Sono stato chiamato come testimone e vi riporto a questa veccha role:

http://www.freeforumzone.leonardo.it/d/10741869/-/discussione.aspx

Alla quarta e quinta azione Meifer parla evidentemente come se la decisione di trasferirsi fosse stata presa di comune accordo (parla alla prima persona plurale). Inoltre Meifer in questa serie di giocate viene condannato e poi giustiziato per quella colpa.

Quindi è una convinzione motivata dai fatti, anche se poi sbagliata nella sostanza. Ho riportato quello che ho capito in On, cioè che fosse colpa sua (anche sua, il pg Antair in on infatti non lo conoscevo se non di sfuggita).
Gheof
00mercoledì 25 novembre 2015 13:19


Per quanto ne so, il corpo diplomatico dell’isola e della città è rappresentato dalla congrega dei conoscitori arcani. Secondo lo statuto, uno dei compiti degli arcani è proprio quello di ergersi ad aghi della bilancia nei conflitti o nei contenziosi


questo da statuto ma, in realtà, con la nuova realtà di Avalon e Barringthon i due Governi hanno nel loro organico dei diplomatici ergo non è automatica la cosa ma vale solo con accordi on quindi è qualcosa che si sa da statuto ma la realtà dei fatti deve essere comprovata



Su questo punto, magari Shariziah lo saprà meglio di me, viene riferito quello che è lo statuto degli arcani. E' un'ipotesi su quanto conosce lei. Con le dovute ricerche si verrà a scoprire più approfonditamente quello che è il nuovo statuto, cercando magari di scoprire se all'epoca dei fatti era vigente o meno. Mi sto già muovendo on per cercare di parlare con i rappresentanti del governo per comprendere bene lo statuto attuale che ufficialmente non è mai stato presentato a Gheof! :D Queste info sono uscite fuori per cercare di comprendere la figura fondamentale di Rohan che ha avuto potere decisionale sulla guerra Caos/Avalon.



Non dovrebbe essere il Pendragon a reggere gli equilibri della terra? Anzi, proprio lui ha voluto che i suoi... chiamiamoli scagnozzi, restassero fuori dalla questione. Gli arcani, da quel che ho sentito, prima si trovavano su Avalon. Ancor prima su Barrington guidati da un certo Meifer, che vendette i nomi dei confratelli guardiani al Caos proprio quando faceva parte del corpo di Guardia.Un traditore. Pensa che divenne Supremo arcano e, tramando contro il Governo, trasferì la congrega sull'Isola. Finì molto male anche per lui. Imprigionato ed assassinato, per ovvi motivi.


In realtà fu scelta di Antair e non di Meifer trasferire gli arcani sull'isola quindi questa è una informazione non corretta.

la role in cui passa questa info non è stata approvata e in questo passaggio leia dice

LEIA [sdm] Leia allarga le braccia con fare sconsolato {Oddio Ser, credo davvero che sia di dominio pubblico chi partecipò alla morte di Sandmar, addirittura pare che le Sacerdotesse di Avalon lo abbiano visto dal momento che sono state in grado di scagliare degli anatemi contro ognuno di noi senza sbagliare di una virgola. Anatemi che sono andati e venuti senza conseguenza alcuna su di noi ma comunque era evidente che sapessero. Ma sulle ragioni per cui è morto...} il volto di Leia si fa più truce {Posso parlare solo per me. Posso solo dirvi la ragione per cui io ho cercato di ucciderlo. E per cui lo rifarei una, dieci, cento volte. Per spiegarvi bisogna andare indietro nel tempo di qualche anno. Ricordate Meifer ? Era un Guardiano che, nel corso di un periodo di prigionia proprio qui nel Palazzo del Governatore ha venduto il nome di tutti i suoi congregati al Caos. Rilasciato, ammise le sue colpe al cospetto mio e dell'allora Comandante Thaila. I traditori vanno messi a morte, è la regola. Ma Thaila fu indulgente, Meifer era un vigliacco e fu ''perdonato'' da quella colpa. Io non ero d'accordo, io l'avrei impiccato ma ero una buona guardiana e ho obbedito. Anzi ho trattenuto la mano di una consorella Elfa che l'avrebbe volentieri impalato. Potete immaginare il mio stupore, anni dopo, nel ritrovarmelo Supremo Conoscitore Arcano. Cioè avevamo un traditore come massimo esponente della cultura delle nostre terre. Roba da pazzi ma ancor più da pazzi scoprire che aveva perpetrato un nuovo tradimento ai danni del mio Governo, portando via i Conoscitori dalla città. L'abbiamo imprigionato e l'ho giustiziato. Con un pugno, nelle segrete qui sotto. Ero membro del Governo ma anche Ispettore di Giustizia. E ho fatto il mio dovere. Giustizia.} fa una pausa, vuol lasciare a Gheof il tempo di prendere appunti.



Su questo punto, hai controllato bene, ho riportato le parole che sono state riferite a Gheof da Leia come hai riportato sopra. Non ho messo in approvazione quella role. A volte, mea culpa, mi dimentico di mettere in approvazione role di info di questo genere, più che altro pensando che me le giocherò insieme a tutta la ricerca! Gheof non da mai nulla per scontato o per verità assoluta, infatti sentire tutte le campane è per lui di fondamentale importanza per scrivere il libro nella maniera più fedele possibile alla verità.



Mi è stato raccontato che quando ha deciso di intromettersi nella politica, quindi con la voglia di conquistare la terra è cominciato il suo declino

A che Ductor si riferisce? A che situazioni, direi che sono opinioni ma da verificare on non certezzeo vi è qualche giocata a supporto o qualche passaggio che mi è sfuggito?



Ti copio direttamente l'azione in cui viene detta questa frase, nella role con Leia:



LEIA [sdm] la Sigaretta era finita, è il bicchiere di Leia che torna a riempirsi {Nymeria. La regina era Nymeria, una regnante che è tornata più volte sul trono di Avalon e che ho servito con fedeltà. Ero la sua scorta personale nella recente battaglia contro l'Armata delle Fiamme sapete ?} vuota ancora mezzo bicchiere, rapidamente {Comunque tutto faceva capo al Governo di Avalon. Il Caos esisteva più di quanto non esista oggi, e lo dico essendone parte Milord. Esisteva ma era una mera forza di distruzione, non impegnata in politica. Penso che l'inizio della fine del Caos fu proprio quando decise di diventare un governo a sua volta. Sono passati tanti anni da allora, dal giorno in cui il Caos dichiarò guerra all'isola prendendosi Barrington. I Guardiani, che rispondevano come oggi a Nymeria, vennero rapidamente uccisi in una notte soltanto. L'isola si mosse per riprendersi la città e ne seguì una guerra ed un lungo assedio. Siete mai stato dai Mercanti, vicino alla baia ? Bene, allora dove oggi sorge il Palazzo dei Mercanti vi era una Guarnigione che ospitava le forze isolane d'assedio. All'epoca come oggi io ero simpatica a nessuno ma tollerata da tutti e sono stata diverse volte in quella Guarnigione. Io da sempre ho avuto un curioso lasciapassare Milord, di recente mi sono recata sull'isola e nessuno ha provato a fermarmi, in passato con le insegne dei guardiani venivo a parlare con i vari Ductor e nessuno mi ha mai torto un capello. Non so nemmeno esattamente da cosa mi derivi questo privilegio, forse dal solo fatto che sono l'unica a comportarmi così..}



Qui non si parla di un Ductor nello specifico, ma della congrega del Caos in senso assoluto. Infatti, Gheof, a seguito di quel che riporta aggiunge, sempre in questa role:


GHEOF -Stanza Shariziah- [Le sue braccia attorno alla schiena. Lui continua a guardarla, con la nuca schiacciata sopra il braccio che torna a piegarsi sopra il cuscino. L'altra mano torna sulla schiena di lei, afferrando un lembo del lenzuolo a scoprirle la pelle quel tanto che serve per poterne carezzare senza intoppi la curva. Ha ascoltato tutto per filo e per segno. Annuisce.] Più probabile che i nomi degli arcani che furono si trovino su qualche pergamena dentro questa torre. Con il governo abbiamo cominciato tempo fa a fare un censimento, sicuramente perché gli archivi erano scarni. Ma una cosa va detta. Se la congrega è neutrale perché prendersi la responsabilità di gestire diplomaticamente la politica di queste terre? E poi, da chi è stata decisa questa cosa? Non dovrebbe essere il Pendragon a reggere gli equilibri della terra? Anzi, proprio lui ha voluto che i suoi... chiamiamoli scagnozzi, restassero fuori dalla questione. Gli arcani, da quel che ho sentito, prima si trovavano su Avalon. Ancor prima su Barrington guidati da un certo Meifer, che vendette i nomi dei confratelli guardiani al Caos proprio quando faceva parte del corpo di Guardia.Un traditore. Pensa che divenne Supremo arcano e, tramando contro il Governo, trasferì la congrega sull'Isola. Finì molto male anche per lui. Imprigionato ed assassinato, per ovvi motivi. Chissà,magari dietro questo potremo trovare anche la causa reale della reclusione della De Morlock. [Sposta lo sguardo verso il soffitto corrugando la fronte, dove la mano non smette di carezzarle la schiena, dal basso verso l'alto, solo con i dorsi delle dita.] Mh. Per quel che riguarda i cavalieri del Caos. Avrei voluto parlarne direttamente con il Ductor di cui non ho la più pallida idea di chi sia. Esistevano già e rappresentavano cosa..? Una forza dedita alla distruzione. Mi è stato raccontato che quando ha deciso di intromettersi nella politica, quindi con la voglia di conquistare la terra è cominciato il suo declino. Cosa ovvia dal mio punto di vista dato che una congrega che si fregia come caotica non può essere costruttiva quando decide di prendere anziché levare. Una congrega caotica non può per forza di cose stare sotto un dominio. Quindi per creare scombussolamento ha dichiarato guerra ad Avalon con la presa di Barrington. Nel caos non ci sono ragioni. Sono tutte mie interpretazioni ma è tutto da approfondire. [Ferma la mano sulla curva della sua schiena. Intanto sfila il braccio da sotto la testa puntellando il gomito poco sotto la spalla. Ha intenzione di alzarsi e guarda lei annuendo, sporgendo il viso verso di lei. Occhi contro occhi. Una gamba si piega sfilandosi da sotto il corpo di Shariziah. La bocca è estremamente vicina alla sua. Il respiro si fa profondo e muove appena il viso lateralmente, dove la bocca potrebbe sfiorare quella di lei. Non dice nulla a riguardo. La sente. La sente appiccicata. Che facciamo adesso?]




Quindi sono ipotesi su quanto ascoltato! E' tutto da confermare e verificare: la verità assoluta si costruirà soltanto dopo aver collezionato più voci possibili per trovare un senso a tutto quanto! Che fatica eh? Pretendo 10.000 denari Almarth, ed anche una statua della Madonna vicino a quella della Dea. [SM=g27828]

Non c'è bisogno di leggere tutta la giocata, è proprio nella prima parte che ti ho evidenziato che avviene lo scambio di info, il resto sono cose non riguardanti la storia di Barrington od Avalon. Grazie per lo sbattone che ti fai, per qualsiasi chiarimento sono disponibilissima. Ah, d'ora in avanti metterò in approvazione tutto per semplificare il vostro lavoro!
ALIAS.ALIAS
00mercoledì 25 novembre 2015 13:41
ottimo GDR APPROVATO CON INDICAZIONI

- Gheof conosce lo statuto come Shari ma sui ruoli diplomatici della congrega ad oggi sono inesistenti indi per cui serve tanto gioco on e di questo entrambi saranno consapevoli..nuovamente ricerca di conoscenza

- Ciò che sanno gheof e Shari su Meifer e le varie avventure arcane di traslochi da una parte all'altra è una informazione che possono credere o non credere corretta anche se Leia la ha comunicata come da lei intesa e in perfetta buona fede. Indi per cui suppongono correttamente su una info di base sbagliata ma la verifica potrebbe portare ad un gioco on molto interessante

- sullo scredito del caos e la caduta è appunto una supposizione quindi tutta da indagare


- info sul pendragon ok

- info sulla morte del ductor ok


quindi il sunto di questa approvazione è GIOCATE E DIVERTITEVI [SM=g27828]


sandmar
00mercoledì 25 novembre 2015 14:38
Re:
Gheof, 25/11/2015 13:19:



Pretendo 10.000 denari Almarth, ed anche una statua della Madonna vicino a quella della Dea. [SM=g27828]





Goffredo!!! Se il Vostro lavoro non mi soddisferà, e quel che ho letto è ben lontano da ciò che voglio, pretenderò la vostra testa.....mio buon amico he he he



Shariziah
00mercoledì 25 novembre 2015 15:35
Lo so che è già stata approvata e che arrivo in ritardo, ma ci tengo a specificare una cosa. Sono andata a rileggere lo statuto e la role in cui viene presentato a Shari (QUESTA). Effettivamente non si parla di diplomazia se non per quanto riguarda la neutralità della congrega. In alcune role, però, come ad esempio questa QUI viene raccontato a Shariziah che una volta gli arcani svolgevano anche mansioni diplomatiche.
Propongo quindi di modificare, se possibile, la frase di Shariziah così:


Per quanto ne so, il corpo diplomatico dell’isola e della città ERA rappresentato dalla congrega dei conoscitori arcani.



Tagliando l'ultima parte riguardo il vecchio statuto


Secondo lo statuto, uno dei compiti degli arcani è proprio quello di ergersi ad aghi della bilancia nei conflitti o nei contenziosi



che non so dove sono andata a pescare. Se non è possibile e se mi confermate che gli statuti (vecchio e nuovo) si possono trovare in una qualche biblioteca, faccio una role di studio approfondito.

In ogni caso questo voleva essere solo un indizio per cercare questo Rohan. Colgo la palla al balzo per chiedervi: posso supporre che ogni congrega abbia un registro con la gente che vi ha latitato, ad un certo punto, o sono informazioni che si perdono nel tempo?

Grazie a tutti per il lavoro!

P.S. Shariziah ci tiene a sottolineare che se fate costruire una statua della Madonna ne chiederà una del mostro di spaghetti volante, perché anche i pastafariani hanno diritto al loro posto nel cimitero!



ALIAS.ALIAS
00mercoledì 25 novembre 2015 15:42
Ok per la modifica della frase, poco cambia, vi si apre solo il gioco a cercare di ridare questa veste alla congrega, trovi gli statuto vecchio e nuovo in biblioteca per avere conferme nel merito e trarre conclusioni da supposizioni interessanti.



Colgo la palla al balzo per chiedervi: posso supporre che ogni congrega abbia un registro con la gente che vi ha latitato, ad un certo punto, o sono informazioni che si perdono nel tempo? /QUOTE]

puoi supporlo e avere contezza del fatto solo chiedendo ai vari capicongrega che li tengono



P.S. Shariziah ci tiene a sottolineare che se fate costruire una statua della Madonna ne chiederà una del mostro di spaghetti volante, perché anche i pastafariani hanno diritto al loro posto nel cimitero!



master alias vi fa sapere che ha in mente una quest di DISTRUZIONE STATUE INUTILI [SM=g27828]
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